Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18368 del 07/09/2011

Cassazione civile sez. VI, 07/09/2011, (ud. 13/07/2011, dep. 07/09/2011), n.18368

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 14613-2010 proposto da:

Rai – RADIOTELEVISIONE ITALIANA SPA quale successore a titolo

universale della Rai – Radiotelevisione Italiana – SpA a seguito di

fusione per incorporazione di quest’ultima in Rai Holding SpA con

contetuale mutamento di denominazione dell’incorporante, come sopra,

in RAI – Radiotelevisione Italiana SpA in persona del Vicedirettore

degli Affari Legali e Societari della Società, elettivamente

domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II n. 326, presso lo

studio degli avvocati SCOGNAMIGLIO RENATO e SCOGNAMIGLIO CLAUDIO, che

la rappresentano e difendono, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

B.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 20,

presso lo studio dell’avvocato TRALICCI GINA, che la rappresenta e

difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1824/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

3.3.09, depositata il 25/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO IANNIELLO.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO

FINOCCHI GHERSI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La causa è stata chiamata alla adunanza in camera di consiglio del 13 luglio 2011 ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 c.p.c.:

“Con ricorso notificato il 25-26 maggio 2010, la Rai Radiotelevisione Italiana s.p.a. chiede, con sette motivi, la cassazione della sentenza pubblicata in data 25 novembre 2009, con la quale la Corte d’appello di Roma, accogliendo parzialmente l’appello principale di B.R. avverso la decisione di primo grado e ritenendo assorbito conseguentemente l’appello incidentale della Rai, aveva dichiarato la nullità del termine apposto al contratto di lavoro subordinato stipulato con la B. (con le mansioni di montatrice) dal 18 novembre 1997, ai sensi della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. e). Alla dichiarazione di nullità del termine era seguita la conversione del contratto a tempo indeterminato e la condanna della società a risarcire alla lavoratrice i danni in misura equivalente alla retribuzione dovuta dal momento della offerta alla Rai della sua prestazione.

L’intimata resiste alle domande con rituale controricorso..

Il procedimento è regolato dall’art. 360 e segg. c.p.c. con le modifiche e integrazioni apportate dalla L. 18 giugno 2009, n. 69.

Il ricorso è manifestamente infondato e va pertanto trattato in camera di consiglio per essere respinto.

Con i primi tre motivi, la società denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., il vizio di motivazione della sentenza e la nullità della stessa o del procedimento, per avere la Corte territoriale omesso ogni pronuncia, motivazione o rilievo in ordine deduzione svolta in via preliminare subordinata dalla società in sede di memoria di costituzione ex art. 416 c.p.c. e ribadita in sede di costituzione in appello, relativa alla pretesa risoluzione del contratto a termine del 1997, a seguito della modifica consensuale delle norme poste a fondamento del medesimo “per effetto della volontà novativa espressamente manifestata dalle parti col contratto sottoscritto in data 30 giugno 1998” (il cui la causale del termine, consistente nella realizzazione di un programma o di una pluralità di specifici programmi, sarebbe stata legittimamente individuata dal contratto collettivo nell’esercizio del potere delegato dalla L. n. 56 del 1987, art. 23).

I motivi sono inammissibili, in quanto assumono a priori e in maniera meramente assertiva l’intervenuta risoluzione del rapporto nato dal contratto del 1997 per effetto della stipula dei successivi contratti a termine per causali individuate in maniera distinta rispetto alla L. n. 230 del 1962 dai contratti collettivi applicati, alla stregua della L. n. 56 del 1987, art. 23ma senza argomentare in maniera plausibile una tale affermazione, che pertanto la Corte territoriale ha correttamente ritenuto assorbita dalle considerazioni svolte con e- sclusivo richiamo alla L. n. 230 del 1962, applicabile all’ipotesi considerata, a sostegno della conversione di rapporto a tempo indeterminato, comportante la necessaria riqualificazione degli eventuali successivi contratti a termine, per qualunque causa stipulati.

Il quarto e il quinto motivo denunciano, rispettivamente, la violazione dell’art. 1372 c.c. e la carenza e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata per avere la Corte di merito disatteso l’eccezione di risoluzione del rapporto che si sarebbe costituito tra le parti, in conseguenza della consensuale risoluzione di rapporti a tempo determinato successivi al primo, avvenuta, anticipatamente rispetto al termine pattuito, alle date del 27 maggio 1998, del 29 marzo 2001 e del 3 giugno 2002.

Nonostante il riferimento all’art. 1372 c.c., che non appare pertinente rispetto alle argomentazioni con le quali la Corte territoriale ha respinto la relativa eccezione in relazione al contenuto della stessa, le censure in esame riguardano l’interpretazione data dalla sentenza impugnata al contenuto delle clausole dei contratti in parola e delle comunicazioni finali sopra indicate sottoscritte dalla B..

La Corte territoriale ha al riguardo spiegato che nei contratti a termine del 16.2.98, 27.3.01 e 11.6.02, l’assunzione era stata effettuata fino a termine della produzione televisiva ivi indicata e comunque non oltre un certa data e-spressamente specificata.

Coerentemente con tale contenuto dei contratti, i giudici dell’appello hanno pertanto valutato che la successiva comunicazione da parte della RAI alla dipendente della cessazione del rapporto per essere terminata la specifica produzione, prima della data indicata come non superabile, configura la mera partecipazione, in funzione ricognitiva, della cessazione del rapporto col verificarsi dell’evento considerato nel contratto e non un atto negoziale di risoluzione anticipata del rapporto a termine o un licenziamento.

Parallelamente, la Corte d’appello ha altresì ritenuto che la sottoscrizione per integrale accettazione da parte della B. della comunicazione, così come la mancata successiva impugnazione del preteso recesso non abbiano il significato di una adesione alla risoluzione anticipata e comunque di acquiescenza al licenziamento, ma di una mera presa d’atto del verificarsi dell’evento previsto nel contratto come termine del rapporto.

Queste interpretazioni degli atti indicati, sostenute da congrua, logica motivazione, sono contestate solo genericamente dalla società, che sostanzialmente ne propone una diversa “lettura”, così chiedendo, in sostanza, a questa Corte di legittimità un inammissibile giudizio di merito di terza istanza.

Col sesto motivo viene dedotta la violazione della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. e) anche in relazione all’art. 2697 c.c, relativamente alla dichiarazione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso tra le parti nel 1997 e con l’ultimo motivo la sentenza impugnata viene censurata per vizio di motivazione, per non avere rilevato che la rispondenza delle mansioni espletate dalla lavoratrice al contenuto della qualifica di appartenenza non fosse incompatibile con un giudizio di specificità.

Ambedue i motivi sono manifestamente infondati.

A norma della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1, comma 2, lett. e) nel testo modificato dalla L. 23 maggio 1977, n. 266, vigente all’epoca dei fatti, è consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro “nelle assunzioni di personale riferite a specifici spettacoli ovvero a specifici programmi radiofonici o televisivi”.

Questa Corte ha ripetutamente affermato, con orientamento ormai consolidato (cfr., per tutte, Cass. sentt. nn. 24049/08, 16690/08, 8385/06 o 1291/06), che ai fini della legittimità dell’apposizione del termine con la causale indicata è necessario che ricorrano i requisiti: a) della temporaneità della occasione lavorativa rappresentata dalla trasmissione o dallo spettacolo, che non devono essere necessariamente straordinari od occasionali ma di durata limitata dell’arco di tempo della programmazione complessiva e quindi destinati ad esaurirsi (per cui non consentono l’utilizzazione di un lavoratore praticamente a tempo indeterminato); b) della specificità del programma, che deve essere quantomeno unico (anche articolato in più puntate o ripetuto nel tempo) e presentare una sua connotazione particolare; c) della connessione reciproca tra specificità dell’apporto del lavoratore e specificità del programma o spettacolo (il cd. vincolo di necessità diretta), per cui il primo concorra a formare la specificità del secondo o sia reso necessario da quest’ultima specificità.

In altri termini, anche un programma specifico e temporaneo non legittima di per sè una assunzione a termine per prestazioni generiche (comunque reperibili attingendo all’organico stabile dell’impresa), ma solo quando alla specificità dello spettacolo concorre necessariamente il peculiare apporto professionale, tecnico o artistico degli autori che lo realizzano, gli attori che lo interpretano, età, il quale non è facilmente fungibile col contributo realizzabile dal personale a tempo indeterminato dell’impresa.

A quest’ultimo proposito, la situazione descritta è riferibile anche al personale diverso da quello tecnico o artistico portatore di un contributo creativo rispetto alla realizzazione del programma, ma unicamente dotato di una professionalità specialistica normalmente non necessaria nell’assetto complessivo dell’attività dell’impresa (ad es. l’operatore subacqueo, o l’interprete di una lingua poco usata o il costumista esperto in costumi di una determinata epoca storica).

L’interpretazione della norma di legge adottata dalla giurisprudenza di questa Corte appare corrispondere appieno al ragionevole equilibrio tra esigenze di garanzia di stabilità del rapporto di lavoro ed esigenze, anche culturali, della produzione di spettacoli e programmi radiotelevisivi perseguito dal legislatore dell’epoca, alla luce delle condizioni economiche e sociali esistenti.

Essa resiste alla rivisitazione tentata dalla difesa della società ricorrente, la quale propone una lettura della norma di legge, che anticipa e addirittura supera i futuri sviluppi della disciplina del contratto a tempo determinato, tuttora qualificato dalla legge come ipotesi derogatoria rispetto alla regola del contratto di lavoro a tempo indeterminato e sopravvaluta il significato della modifica apportata alla L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. e) dalla L. n. 266 del 1977, limitato viceversa ad una semplice estensione, rispetto allo schema originario, dell’istituto, senza che datale estensione si possano trarre conclusioni relativamente ad eventuali stravolgimenti di quest’ultimo.

Così ribadita l’interpretazione della norma di legge in esame, cui appare opportuno attenersi, anche in ossequio alla funzione nomofilattica della Corte e in assenza di sufficienti motivi per rimetterla in discussione alla luce delle argomentazioni del ricorso, va infine ricordato che l’accertamento della sussistenza in concreto dei requisiti di legittimità dell’apposizione del termine nell’ipotesi considerata costituisce giudizio di merito, che la Corte territoriale ha adeguatamente condotto col rilevare la genericità dell’apporto lavorativo della B. in esecuzione del contratto a tempo determinato esaminato, non sufficientemente contrastata dalle deduzioni della società, rimaste in proposito generiche e non pertinenti sul piano dell’accertamento del vincolo di necessità diretta enunciato”.

Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in camera di consiglio.

La Rai ha depositato una memoria.

Il Collegio condivide il contenuto della relazione, intendendo dare continuità al prevalente orientamento di questa Corte in materia, richiamato dal relatore, sulle cui conclusioni non appare vincente la pur elaborata e dotta memoria difensiva della società.

Il ricorso va pertanto respinto e la società va condannata a rimborsare alla B. le spese di questo giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società a rimborsare alla resistente le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 30,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per onorari, oltre accessori di legge, con distrazione all’avv. Gina Tralicci.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2011

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