Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18367 del 31/07/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 18367 Anno 2013
Presidente: DE RENZIS ALESSANDRO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA

sul ricorso 21917-2009 proposto da:
DELL’ACQUA AGOSTINO DLLGTN41H03H0470, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DELL’ORATORIO DAMASIANO 15,
presso lo studio dell’avvocato ANTONIO PASQUALE
POTENZA, rappresentato e difeso dall’avvocato POTENZA
LUIGI, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro ‘

1660

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE

80078750587,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato

Data pubblicazione: 31/07/2013

in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati RICCIO ALESSANDRO, PREDEN SERGIO, VALENTE
NICOLA, giusta delega in atti;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 1531/2008 della CORTE
D’APPELLO di LECCE, depositata il 29/09/2008 R.G.N.
2089/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/05/2013 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato FOTI CARLO SEBASTIANO per delega
POTENZA LUIGI;
udito l’Avvocato PREDEN SERGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

.

Svolgimento del processo
Agostino Dell’Acqua, iscritto all’INPS con contribuzione maturata in
parte in Svizzera, trasferiva all’Istituto i contributi versati presso
l’Istituto di previdenza elvetico in base all’art. 1 dell’Accordo
Agggiuntivo alla Convenzione tra la Repubblica Italiana e la
Confederazrone Sizzera relativa alla sicurezza sociale del 14

sulla base dell’unica provvista contributiva così creata, determinava
la retribuzione pensionabile -coincidente con i periodi di lavoro
prestati in Svizzera- moltiplicando per cento l’importo dei contibuti
tasferiti e dividendo il risultato per l’aliquota contributiva per
l’invalidità, vecchiaia e superstiti in vigore in Italia nel periodo cui i
contibuti stessi si riferivano.
L’assicurato reputava errato siffatto criterio di liquidazione e
pertanto adiva il Tribunale di Lecce per sentire accertare il suo
preteso diritto ad una pensione calcolata sulla base della
retribuzione effettivamente percepita e non già sulla base di una
retibuzione come sopra riparametrata.
Il Tribunale accoglieva la domanda e condannava l’Istituto al
ricalcolo del tattamento pensionistico.
L’INPS ricorreva in appello. Resisteva l’assicurato.
Nelle more del giudizio interveniva la norma di interpretaztone
autentica di cui all’articolo 1, comma 777, della legge 27 dicembre
2006 n.296 che così dispone: “l’articolo 5, secondo comma, del

d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, e successive modificazioni, si
interpreta nel senso che, in caso di trasferimento presso
l’assicurazione generale obbligatoria italiana dei contributi versati
ad enti previdenziali di Paesi esteri in conseguenza di convenzioni
ed accordi internazionali di sicurezza sociale, la retribuzione
pensionabile relativa ai periodi di lavoro svolto nei Paesi esteri è
3

dicembre 1962. L’INPS, nel liquidare il tattamento pensionstico

determinata moltiplicando l’importo dei contributi trasferiti per
cento e dividendo il risultato per l’aliquota contributiva per
invalidità, vecchiaia e superstiti in vigore nel periodo cui i contributi
si riferiscono. Sono fatti salvi i trattamenti pensionistici più
favorevoli già liquidati alla data di entrata in vigore della presente
legge.

settembre 2008, accoglieva il gravame e rigettava l’originaria
domanda.
Per la cassazilone di tale sentenza propone ricorso l’assicurato,
affidato a due motivi.
Resiste l’INPS con controricorso, poi illustrato con memoria.
Motivi della decisione
1.-Con il primo motivo l’assicurato censura la sentenza impugnata
per violazione e falsa applicazione dell’art. 432 (rectius: 434) c.p.c.
Lamenta che la sentenza impugnata avrebbe dovuto dichiarare la
nullità dell’atto di appello proposto dall’INPS, per difetto dei motivi
specifici dell’impugnazione, con conseguente passaggio in giudicato
della sentenza di primo grado.
Ed invero, secondo il ricorrente, nell’atto di appello dell’Istituto, “vi
è assoluta carenza dei motivi dell’impugnazione, limitandosi ad una
contestazione generica e quanto mai laconica delle motivazioni
addotte dalla sentenza di primo grado”.
Il motivo è inammissibile.
Deve infatti considerarsi che (Cass. sez.un. 22 maggio 2012 n.
8077) quando col ricorso per cassazione venga denunciato un vizio
che comporti la nullità del procedimento o della sentenza
impugnata, sostanziandosi nel compimento di un’attività deviante
rispetto ad un modello legale rigorosamente prescritto dal
legislatore, ed in particolare un vizio afferente alla nullità dell’atto
4

.T-ì

La Corte di appello di Lecce, con sentenza depositata il 29

introduttivo del giudizio per indeterminatezza dell’oggetto della
domanda o delle ragioni poste a suo fondamento, il giudice di
legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della
sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito
ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare
direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda,

alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (ed oggi quindi, in
particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dagli artt. 366,
primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ.).
In tal senso già Cass. n. 7089 del 1999; n. 15817 del 2004.
Nella specie, mentre la Corte di merito espone con chiarezza i
motivi del gravame proposto dall’INPS, l’attuale ricorrente non
specifica minimamente il contenuto dell’atto di appello in questione,
e la ragione per la quale esso dovrebbe ritenersi in contrasto con la
norma denunciata. A ciò deve aggiungersi che (Cass. 25 marzo
2010 n. 7190) che il principio di necessaria specificità dei motivi
d’appello va coordinato con il principio “iura novit curia” che, ai
sensi dell’art. 113, cod. proc. civ., presiede alla soluzione delle
questioni di diritto, essendo invece necessario, solo per il c.d.
giudizio di fatto, pronunciare “iuxta alligata et probata”, ai sensi
dell’art. 115 cod. proc. civ.
2. Con il secondo motivo l’assicurato denuncia la violazione e falsa
applicazione dell’art.1, comma 777, della legge n. 296/2006 nella
parte in cui stabilisce “sono fatti salvi i trattamenti pensionistici più
favorevoli già liquidati alla data dell’entrata invigore della presente
legge”.
L’assicurato lamenta in sostanza che poiché il citato articolo 1,
comma 777, della legge 296\2007 sancisce la salvezza dei
“trattamenti pensionistici più favorevoli già liquidati alla data di
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purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità

entrata in vigore della presente legge”, la pensione erogata
sarebbe immune dall’o ius superveniens giacché (ri)liquidata
dall’INPS, in esecuzione della sentenza di primo grado, sulla base di
criteri più favorevoli rispetto a quelli oggetto di ricognizione da
parte della norma di interpretazione autentica.
Il ricorrente deduce infatti che la predetta clausola di salvezza, così

awenuta all’esito del procedimento amministativo a quella
effettuata in esecuzione di un provvedimento giurisdizionale, anche
se non ancora passato in cosa giudicata.
Il motivo è infondato.
Ed invero non può non considerarsi come sia nella specie pacifico
che la pretesa liquidazione da parte dell’INPS in epoca anteriore
all’entrata in vigore della L. n. 296\06, avvenne in esecuzione della
sentenza di condanna disposta dal Tribunale, tanto da non poter
costituire né acquiescenza alla stessa, né, evidentemente,
autonoma determinazione del trattamento pensionistico in
questione.
Come affermato più volte da questa S.C. (ex plurimis, Cass. 29
maggio 2012 n. 8537; Cass. ord. n. 1963 del 2012; Cass. n. 13630
del 2009), l’acquiescenza alla sentenza, preclusiva
dell’impugnazione ai sensi dell’art. 329 cod. proc. civ. (e
configurabile solo anteriormente alla proposizione del gravame,
giacché successivamente allo stesso è possibile solo una rinunzia
espressa all’impugnazione da compiersi nella forma prescritta dalla
legge), consiste nell’accettazione della sentenza (e cioè una “libera,
totale e incondizionata accettazione del “decisum”, Cass. n. 19747
del 2011), owerosia nella manifestazione da parte del
soccombente della volontà di non impugnare, la quale può avvenire
sia in forma espressa che tacita (Cass. sez. un. n. 12339\10): in
6

come formulata, equiparerebbe la liquidazione del trattamento

quest’ultimo caso, l’acquiescenza può ritenersi sussistente soltanto
quando l’interessato abbia posto in essere atti da quali sia possibile
desumere, in maniera precisa ed univoca, il proposito di non
contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, e cioè gli atti stessi,
siano assolutamente incompatibili con la volontà di awalersi
dell’impugnazione. Ne consegue che la spontanea esecuzione della

d’impugnazione non venga tialte=naclesimw~kdeno resa
nota, non comporta acquiescenza alla sentenza, preclusiva
dell’impugnazione ai sensi del combinato disposto di cui agli artt.
329 cod. proc. civ. e 49 D.Lgs.n. 546 del 1992, trattandosi di un
comportamento che può risultare fondato anche sulla mera volontà
di evitare le eventuali ulteriori spese di precetto e dei successivi atti
di esecuzione.
L’espressione

“Sono fatti salvi i trattamenti pensionistici più

favorevoli già liquidati alla data di entrata in vigore della presente
legge,’

non può poi che riferirsi alle liquidazioni di pensioni

autonomamente determinate e calcolate dall’Istituto, circostanza
questa da escludersi nella specie, avendo l’INPS calcolato
autonomamente la pensione secondo i parametri poi confermati, in
sede di interpretazione autentica, dall’art. 1, comma 777, della
legge 27 dicembre 2006 n. 296, tanto da indurre l’attuale ricorrente
a promuovere il giudizio.
In tal senso, del resto t il consolidato orientamento di questa Corte
(tra le tante, Cass. n. 23574 del 2008; n. 3784 del 2009; n. 8351
del 2010; n. 9244 del 2010; n. 10971 del 2010; n. 11248 del 2010;
Cass. 20 febbraio 2013 n. 7832), nelle quali, in particolare, si è
osservato come le posizioni dei pensionati analoghe a quella in cui
versa l’odierno ricorrente non possano ricondursi alla prevista (dalla
L. n. 296 del 2006) salvaguardia dei “trattamenti pensionistici più
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pronunzia di primo grado favorevole, anche quando la riserva

favorevoli già liquidati alla data di entrata in vigore della presente
legge”, posto che la deroga prevista dalla disciplina sopravvenuta si
riferisce ai trattamenti pensionistici (già) liquidati dall’INPS in un
ammontare determinato sulla scorta di criteri diversi e più
favorevoli rispetto a quelli da essa indicati; il che non è nella
ricorrente non

solo non allega che la sua pensione era stata calcolata con modalità
più favorevoli di quelle di cui alla L. n. 296 del 2006, ma anzi ha
agito in giudizio espressamente riferendo che l’INPS,
illegittimamente, aveva riparametrato la contribuzione trasferita
secondo le aliquote contributive italiane e dunque, per ciò stesso,
affermando che la liquidazione della prestazione era awenuta con
le modalità poi fatte proprie dall’intervento legislativo del 2006.
3. Il ricorso deve essere dunque rigettato.
Il recente consolidamento della giurisprudenza di legittimità in
materia, ed i dubbi di costituzionalità della disciplina legale, solo
recentemente risolti dal giudice delle leggi (C. Cost. n.264\12),
consigliano la compensazione delle spese del presente giudizio di
legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 maggio 2013
L’estensore

Il Presidente

situazione controversa, tant’ è che l’odierno ic

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