Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18363 del 12/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 18363 Anno 2018
Presidente: MANNA FELICE
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

ORDINANZA
sul ricorso 19518-2016 proposto da:
FORNABAIO ANNA MARIA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA DELLA CONSULTA 50, presso lo studio dell’avvocato
ANTONIO MANCINI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente contro
FORNABAIO ALFONSO MARIO ANTONIO;

– intimato avverso la sentenza n. 9417/2015 del TRIBUNALE di ROMA,
depositata il 02/05/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 20/02/2018 dal Consigliere Dott. PASQUALE
D’ASCOLA.

Data pubblicazione: 12/07/2018

Fatti di causa e ragioni della decisione

1) Con atto di citazione del 19.1.2011, Anna Maria Fornabaio conveniva
in giudizio innanzi al Tribunale di Roma il fratello Alfonso Mario Antonio

della madre, Anna Maria Maddalena Cirone, in conseguenza della nullità del
testamento olografo.
2) Con sentenza n. 9417/2015, il Tribunale di Roma respingeva la
domanda attrice sulla base della espletata CTU grafologica che aveva accertato
come attribuibile alla defunta il testamento datato 1.08.2005, nonché la
scrittura apposta sulla busta che conteneva la scheda testamentaria.
3) Su appello proposto da Anna Maria Fornabaio, la Corte di appello di
Roma, con ordinanza emessa ex artt. 348 bis e ter c.p.c., comunicata a mezzo
pec il 6.6.2016, dichiarava inammissibile l’impugnazione. In particolare, la
Corte territoriale riteneva corretta la valutazione svolta dal giudice di prime
cure con riferimento ai presupposti per la declaratoria di nullità del testamento
olografo e con riguardo al corretto riparto dell’onere probatorio in caso di
azione di accertamento negativo, alla luce di Cass., S.U. n. 12307/2015.
4) Per la cassazione della sentenza di primo grado, Anna Maria Fornabaio
ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrato da memoria.
Alfonso Mario Antonio Fornabaio non ha svolto attività difensiva.

il
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Fornabaio per sentire accertare e dichiarare la propria qualità di erede legittima

5) Avviata la trattazione con il rito previsto per il procedimento in camera
di consiglio, il consigliere relatore ha proposto il rigetto del ricorso per
manifesta infondatezza.

applicazione degli artt. 2702 c.c.; 100, 216, 112 e 113 c.p.c.; 485 e 491 c.p.,
in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
Secondo il ricorrente, il riparto dell’onere della prova in caso di domanda
di accertamento negativo, così come applicato dal Tribunale e delineato,
secondo i principi generali, da Cass. S.U. n. 12307/2015, non inficia l’obbligo
preventivo in capo all’erede testamentario di dichiarare di volersi avvalere della
scrittura privata, analogamente a quanto previsto dall’art. 216, comma 2,
c.p.c. in relazione all’istanza di verificazione.
In tesi, pertanto, in mancanza della suddetta dichiarazione, verrebbe
meno l’interesse all’accertamento della falsità del testamento e andrebbe
invece solamente accertata la qualità di erede

ab intestato della parte

richiedente. Avrebbe, quindi, errato il Tribunale nel rigettare la domanda per
mancato assolvimento dell’onere della prova circa la riferibilità e veridicità della
scheda testamentaria senza che il beneficiario del testamento olografo avesse
prima dichiarato di volersi avvalere della scrittura privata de qua.
La doglianza non coglie nel segno e mira a vanificare la portata del
principio di diritto reso da Cass. S.U. 2015 n. 12307, secondo cui è onere della
parte che contesti l’autenticità del testamento olografo di proporre domanda di
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6) Con il primo motivo, parte ricorrente denuncia la violazione e la falsa

accertamento negativo della provenienza della scrittura e di darne la relativa
prova.
Infatti, presupposto indefettibile per vedere accertata la propria qualità di
erede legittima, in presenza di un atto che, non va dimenticato, è

porre in seno al processo una questio inexistentiae, volta a rimuovere il titolo
della successione e, quindi a disconoscere gli effetti del testamento olografo
falso.
In questo senso, è chiaro il principio di diritto affermato da S.U.: “la
parte che contesti l’autenticità del testamento olografo deve proporre domanda
di accertamento negativo della provenienza della scrittura, e l’onere della
relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento
negativo, grava sulla parte stessa”.
Ciò, senza che possa configurarsi alcun onere sulla parte evocata in
giudizio di dichiarare preventivamente di volersi avvalere del testamento
olografo che la designa erede, diversamente da quanto sostiene parte
ricorrente nel ricorso e come ribadisce nella memoria (pag. 3).
Sulla parte che contesta l’autenticità del testamento olografo ovvero che
deduca che la scheda testamentaria non provenga da chi ne appare l’autore,
come nel caso di specie, grava l’onere della prova, indipendentemente dalla
posizione processuale rivestita. Con la conseguenza che, ai fini
dell’esperimento dell’azione di accertamento negativo, si deve avere riguardo
esclusivamente ai presupposti e ai principi generali dettati con riferimento a
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caratterizzato da una sua intrinseca forza dimostrativa, la parte è tenuta a

tale azione di impugnativa negoziale, tra cui non si annovera alcun onere della
parte contro cui l’azione è proposta di dichiarare di volersi avvalere dell’atto,
né quale autonomo requisito dell’azione di impugnativa negoziale, né
attraverso il richiamo analogico ai principi dettati in tema di verificazione e

A tal proposito, il richiamo svolto ad opera della parte ricorrente all’onere
contemplato dall’art. 216, comma 2, per l’istanza di verificazione proposta in
via principale evoca, ancora una volta, regole, valevoli sul piano dell’efficacia
sostanziale e del trattamento processuale per le scritture private, inapplicabili
alla azione di accertamento negativo della falsità del testamento olografo.
Quest’ultimo non è contestabile attraverso il procedimento previsto per le altre
scritture private, sicché non trova applicazione l’art. 216, comma 2, c.p.c.
invocato dalla parte ricorrente.
L’intervento delle Sezioni Unite, sul punto, ha chiarito bene come tale
negozio, pur gravitando nell’orbita delle scritture private, non può essere
semplicisticamente “equiparato ad una qualsivoglia scrittura proveniente da
terzi, destinata come tale a rappresentare, quoad probationis, una ordinaria
forma di scrittura privata non riconducibile alle parti in causa”.
Il motivo, pertanto, va disatteso.
7) Con il secondo mezzo, il ricorrente deduce la violazione e la falsa
applicazione degli artt. 214 e 217 c.p.c., 2997 e 2719 c.c., 112, 113, 115 e
116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.

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disconoscimento delle scritture private.

8) Con il terzo mezzo, parte ricorrente deduce, subordinatamente, la
violazione e la falsa applicazione degli artt. 61, 113, 115, 216 c.p.c.; 2697 c.c.
in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. Si duole del fatto che il giudice
avrebbe dovuto “chiaramente motivare la propria convinzione che l’esame

valida la consulenza […]”.
Le due doglianze possono essere trattate congiuntamente stante la
connessione logica.
Secondo il ricorrente, una volta disconosciuto il testamento olografo,
sarebbe stato necessario acquisire l’originale della scheda testamentaria. Tale
doglianza è in parte assorbita dal rigetto del primo motivo e superata alla luce
della richiamata sentenza SU, laddove fa riferimento al disconoscimento della
scrittura come presupposto per l’acquisizione dell’originale dell’atto (cfr. pag.
10 del ricorso e 11 ricorso, ove si fa riferimento al procedimento di
verificazione rispetto all’acquisizione “al processo dell’originale del documento
disconosciuto”). Il richiamo al disconoscimento e ai suoi effetti è inconferente
una volta escluso il procedimento di verificazione quale mezzo di contestazione
del testamento olografo, come spiegato in relazione al rigetto del primo
motivo.
Per altro verso, va soggiunto che tale censura si scontra con l’avvenuto
esame dell’originale del testamento da parte del CTU di cui danno conto sia la
sentenza impugnata, sia parte ricorrente a pag. 13 del ricorso, seppure
contesti che solo una parte degli esami sia avvenuta sull’originale. Simile

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O

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grafologico [sia] avvenuto sul testo originale in modo sufficiente per ritenere

circostanza rendeva superflua l’acquisizione dell’originale della scheda
testamentaria.
Sotto il secondo profilo, la censura si scontra con l’accertamento di
merito e con l’apprezzamento di fatto delle risultanze processuali reso dal

consulente d’ufficio. Accertamento, questo, che dà conto della valutazione, in
questa sede insindacabile, circa l’oggetto e modalità di espletamento della
CTU.
Da questo angolo visuale, il motivo di ricorso, benché formulato in
relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., mira a sottoporre a questa Corte
un vaglio motivazionale in difformità al nuovo paradigma disegnato dall’art.
360, n. 5) c.p.c., alla luce del quale, il vizio di motivazione è denunciabile solo
“per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di
discussione tra le parti”. Pertanto “è denunciabile in cassazione solo l’anomalia
motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente
rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il
vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con
le risultanze processuali” (SU Cass. 8053/2014).
Si impone quindi il rigetto del ricorso.
Non vi è la necessità di provvedere sulle spese in mancanza della
costituzione dell’intimato.
quater, del d.P.R. n. 115 del 2002

Ai sensi dell’art. 13, comma 1

sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
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Tribunale, con riferimento agli esiti degli accertamenti tecnici compiuti dal

dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

La Corte rigetta il ricorso.
Dà atto della sussistenza delle condizioni di cui all’art.13 comma 1 quater del
d.p.r 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dal comma 17 dell’art. 1 della legge
n. 228/12 per il versamento di ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

PQM

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