Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18363 del 04/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 04/09/2020, (ud. 21/07/2020, dep. 04/09/2020), n.18363

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6721-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

NOMENTANA 403, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLA FIORINI,

rappresentata e difesa dall’avvocato NICOLA ABBINANTE;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Direttore pro tempore, in proprio e quale procuratore speciale della

SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (SCCI) SPA,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati GIUSEPPE MATANO, EMANUELE DE ROSE, ANTONINO SGROI, LELIO

MARITATO, CARLA D’ALOISIO, ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– controricorrente –

contro

D.B.G.

– intimato –

avverso la sentenza n. 1873/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 13/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/07/2020 dal Presidente Relatore Dott. ADRIANA

DORONZO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza pubblicata in data 13/9/2017, la Corte di Appello di Bari ha rigettato l’appello proposto da Equitalia sud S.p.A. contro la sentenza di primo grado che aveva, su ricorso di D.B.G., accolto l’opposizione contro l’atto di preavviso di fermo amministrativo notificatogli in data 8/6/2009, ritenendo prescritti i crediti contributivi posti a base dello stesso;

ad avviso della Corte territoriale, e per quanto ancora di rilievo in questa sede, i crediti previdenziali relativi al 1999 portati nella cartella esattoriale posta a base del preavviso di fermo, erano prescritti essendo decorsi cinque anni tra la data di notifica della cartella (avvenuta il 26/7/2004, così in sentenza; il 21/6/2001 in ricorso) e la data di compimento del primo atto interruttivo (costituito dalla data di notifica della intimazione di pagamento avvenuta il 4/2/2013, così in sentenza, pag. 3;l’8/6/2009, data di notifica della comunicazione di preavviso di fermo, in ricorso, pag. 3);

per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, quale ente pubblico economico nei rapporti giuridici attivi e passivi di Equitalia servizi di riscossione S.p.A., affidato ad un unico motivo; l’Inps, anche per conto della SCCI S.p.A., ha resistito con controricorso, mentre il D.B. non ha svolto attività difensiva;

è stata depositata la proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico articolato motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 c.c., del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 49, e del D.Lgs. n. 112 del 1999, artt. 19 e 20, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la Corte territoriale applicato il termine di prescrizione ordinario decennale, trattandosi di crediti iscritti a ruolo ed oggetto di cartelle di pagamento non impugnate, evidenziandosi come l’applicabilità del predetto termine ordinario ai crediti di cui alle cartelle di pagamento non opposte deriverebbe non dall’art. 2953 c.c. ma dal fatto che l’Agente di Riscossione avrebbe azionato un credito diverso dall’originario, novato dal punto di vista soggettivo a seguito della formazione del ruolo e della conseguente cartella di pagamento e divenuto “irretrattabile” per effetto della mancata opposizione nei termini della cartella di pagamento, diritto che si prescriverebbe nell’ordinario termine decennale di cui all’art. 2946 c.c.;

tale conclusione discenderebbe dall’intero sistema e sarebbe confermato dal D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, col quale si attribuisce all’ente creditore, successivamente al discarico dell’agente della riscossione per l’accertata in esigibilità del credito iscritto a ruolo, la possibilità di riaffidare le somme in riscossione, comunicando all’agente i nuovi beni da sottoporre all’esecuzione, o le azioni cautelare o esecutive da intraprendere, il tutto alla “condizione che non sia decorso il termine di prescrizione decennale”;

il ricorso principale è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, avendo la corte deciso la questione in modo conforme al principio di diritto affamato dalle Sezioni unite con la sentenza n. 23397 del 17 novembre 2016 secondo cui ” La scadenza del termine pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 3, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L n. 333 del 1993, art. 3, commi 9 e 10) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare e efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dall’1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L. n. 122 del 2010).”;

le argomentazioni contenute nel ricorso non valgono a scalfire le ragioni di cui alla motivazione della citata sentenza n. 23397/2016 (qui da intendersi richiamata anche ai sensi dell’art. 118 c.p.c., comma 1) e che ha trovato conferma in innumerevoli successive pronunce (da ultimo Cass. n. 23418 del 27 settembre 2018; da ultimo, Cass. 1088/2019, Cass. n. 6888/2019);

l’affidamento in riscossione, ai sensi di legge e secondo le modalità previste per le imposte dirette (L. n. 576 del 1980, art. 18, comma 5, seconda parte, in relazione al D.P.R. n. 602 del 1973) comporta, per un verso, la preposizione del concessionario quale adiectus solutionis causa (art. 1188 c.c.) e per altro verso assume i contenuti propri del mandato, con rappresentanza ex lege, a compiere quanto necessario perchè il pagamento possa avvenire, in forma spontanea, oppure anche a dare corso alle azioni esecutive secondo la disciplina propria dell’esecuzione forzata speciale (Cass. n. 27218 del 26 ottobre 2018, in motivazione) e non certo una novazione soggettiva dell’originaria obbligazione come pure sostenuto nel motivo;

a questa tesi neppure giova il richiamo al D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20 comma 6, che prevede un termine di prescrizione strettamente inerente al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili, che in alcun modo può interferire con lo specifico termine di prescrizione previsto dalla legge per azionare il credito nei confronti del debitore (in tal seno da ultimo, Cass. 8/3/2019, n. 6888);

il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

le spese seguono la soccombenza nei confronti del controricorrente e si liquidano come da dispositivo in relazione al valore della controversia;

nessun provvedimento sulle spese deve essere adottato nei confronti del D.B., che non ha svolto attività difensiva;

sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. N. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in Euro 1500 per compensi professionali e Euro 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario del 15% per spese generali e altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2020

 

 

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