Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1836 del 28/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 28/01/2021, (ud. 14/10/2020, dep. 28/01/2021), n.1836

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8046 – 2020 R.G. proposto da:

P.A. – c.f. (OMISSIS) – rappresentata e difesa in virtù di

procura speciale in calce al ricorso dall’avvocato Filippo Tortorici

ed elettivamente domiciliata in Roma, al viale Regina Margherita, n.

1, presso lo studio dell’avvocato De Stefano Edoardo;

– ricorrente –

contro

MINISTERO della GIUSTIZIA – c.f. (OMISSIS) – in persona del Ministro

pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,

domicilia per legge;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 349/2019 della Corte d’Appello di Palermo,

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 ottobre

2020 dal consigliere Dott. Abete Luigi.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con ricorso ex lege n. 89/2001 depositato in data 31.1.2019 alla Corte d’Appello di Palermo P.A. si doleva per l’irragionevole durata dell’espropriazione forzata immobiliare nei suoi confronti iniziata dalla “Sicilcassa” s.p.a. (cui era subentrata la “Island Refinancing” s.r.l.) innanzi al Tribunale di Palermo con pignoramento del 28.4.1995, trascritto il 10.5.1995, e definita con provvedimento del 9.10.2018, a seguito e per effetto della mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento entro il termine ventennale di cui all’art. 2668-ter c.c..

Chiedeva che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrisponderle a ristoro del danno non patrimoniale la somma di Euro 12.800,00, oltre accessori, ed a ristoro del danno patrimoniale la somma di Euro 11.200,00, oltre accessori.

2. Con decreto del 25.3.2019 il consigliere designato rigettava il ricorso.

3. P.A. proponeva opposizione.

Il Ministero della Giustizia veniva dichiarato contumace.

4. Con decreto n. 349/2019 la Corte di Palermo rigettava l’opposizione.

5. Avverso tale decreto ha proposto ricorso sulla scorta di un unico motivo P.A.; ha chiesto che questa Corte ne disponga la cassazione con ogni susseguente statuizione in ordine alle spese di lite.

Il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese del giudizio di legittimità.

6. Il relatore ha formulato ex art. 375 c.p.c., n. 5), proposta di manifesta infondatezza del ricorso; il presidente ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

7. La ricorrente ha depositato memoria.

8. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 C.E.D.U., par. 1, e della L. n. 89 del 2001.

Deduce che la C.E.D.U. e la L. n. 89 del 2001 non operano differenziazioni a seconda che la durata irragionevole riguardi un processo di esecuzione o di cognizione ovvero con riguardo alla posizione processuale della parte.

Deduce che ha diritto al ristoro del danno non patrimoniale sofferto a motivo dell’irragionevole durata della procedura esecutiva “presupposta”, protrattasi per oltre ventitrè anni.

Deduce che ha diritto al ristoro del danno patrimoniale sofferto, correlato alla circostanza per cui il suo patrimonio è rimasto bloccato per oltre ventitrè anni, alla circostanza per cui solo a decorrere dal 2007 sono state disposte le vendite, alla circostanza per cui la procedura esecutiva si era estinta sin dal 2015, a causa della mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento, e tuttavia si è fatto luogo nel 2016 e nel 2017 ad operazioni di vendita.

9. Il motivo di ricorso è destituito di fondamento e va respinto.

10. Con riferimento alla pretesa correlata all’asserito danno non patrimoniale questa Corte non può che ribadire i propri insegnamenti.

11. Ovvero l’insegnamento secondo cui il debitore esecutato rimasto inattivo non ha diritto ad alcun indennizzo per l’irragionevole durata del processo esecutivo che è preordinato all’esclusivo interesse del creditore, sicchè egli – a differenza del contumace nell’ambito di un processo dichiarativo – è soggetto al potere coattivo del creditore (cfr. Cass. 7.1.2016, n. 89).

Ovvero l’insegnamento secondo cui “il debitore esecutato, sebbene sia parte (…) del processo esecutivo, non è necessariamente percosso dagli effetti negativi di un’esecuzione forzata di durata irragionevole, atteso che dall’esito finale di tale processo egli ritrae essenzialmente un (giusto) danno. E dunque, deve aggiungersi, quella presunzione di danno non patrimoniale derivante dalla pendenza del processo (…), non può operare di regola quanto alla posizione del debitore esecutato” (così in motivazione Cass. 9.7.2015, n. 14382).

Cosicchè, ai fini del ristoro del danno non patrimoniale, l’esecutato “ha l’onere di allegare non un generico ma uno specifico suo interesse ad un’espropriazione celere, e di dimostrarne l’effettiva esistenza” (così in motivazione Cass. 9.7.2015, n. 14382).

Più esattamente, ai fini del ristoro del danno non patrimoniale, occorre che l’esecutato alleghi e dimostri che “l’attivo pignorato, o comunque pignorabile in altra sede esecutiva, fosse ab origine tale da consentire il pagamento delle spese esecutive e da soddisfare tutti i creditori; e che a causa dell’irragionevole dilatazione dei tempi processuali spese ed interessi siano lievitati in maniera da azzerare o ridurre l’ipotizzabile residuo attivo ovvero la restante garanzia generica, altrimenti capiente” (così in motivazione Cass. 9.7.2015, n. 14382. Si veda anche Cass. (ord.) 7.5.2018, n. 10857).

12. In questi termini non può che darsi atto che P.A. per nulla ha addotto di aver – contrariamente all’assunto della corte di merito – allegato e provato che l’immobile pignorato fosse ab origine di valore tale da consentire il pagamento delle spese esecutive ed il soddisfacimento di tutti i creditori e che spese ed accessori fossero lievitati a causa dei tempi processuali, in maniera da azzerare o ridurre l’ipotizzabile residuo attivo o la restante garanzia generica, altrimenti capiente.

Si tenga conto che, nel solco dei summenzionati rilievi, non esplicano alcuna valenza neppure le argomentazioni svolte in memoria dalla ricorrente.

13. Con riferimento alla pretesa correlata all’asserito danno patrimoniale questa Corte analogamente non può che ribadire il proprio insegnamento.

14. Ovvero l’insegnamento secondo cui in tema di equa riparazione per la non ragionevole durata del processo, la natura indennitaria dell’obbligazione esclude la necessità dell’accertamento dell’elemento soggettivo della violazione, ma non l’onere del ricorrente di provare la lesione della sua sfera patrimoniale quale conseguenza diretta e immediata della violazione, esulando il pregiudizio dalla fattispecie del “danno evento” (cfr. Cass. 29.7.2013, n. 18239, ove si soggiunge che, pertanto, sono risarcibili non tutti i danni che si pretendono relazionati al ritardo nella definizione del processo, ma solo quelli per i quali si dimostra il nesso causale tra ritardo medesimo e pregiudizio sofferto).

15. In questi termini non può che darsi atto, similmente, che P.A. per nulla ha addotto di aver allegato e dimostrato di aver subito un pregiudizio patrimoniale quale conseguenza diretta e immediata della protrazione oltre misura della procedura esecutiva “presupposta”.

16. Evidentemente, la circostanza per cui il pignoramento immobiliare avesse perduto efficacia ai sensi del combinato disposto degli artt. 2668-ter e 2668-bis c.c. sin dal 10.5.2015, sicchè le operazioni di vendita del 15.3.2016 e del 14.3.2017 fossero state indebitamente disposte, non implica, di per sè, alcun pregiudizio per la ricorrente.

E’ innegabile invero che le medesime operazioni di vendita, pur a prescindere dal relativo esito, fossero, in dipendenza della sopravvenuta cessazione di efficacia del pignoramento, a loro volta inefficaci, prive di qualsiasi attitudine a sortire qualsivoglia effetto, ex lege tamquam non essent.

17. Ovviamente, alla luce delle indicazioni giurisprudenziali tutte dapprima citate, neppure possono soccorrere a dar ragione dell’asserito erroneo disconoscimento del preteso pregiudizio patrimoniale il rilievo per cui unicamente a partire dal 2007 si è dato corso alle operazioni di vendita ed il rilievo ulteriore per cui la ricorrente ha subito il blocco del suo patrimonio per ventitrè anni, recte per venti anni.

18. In dipendenza del rigetto del ricorso P.A. va condannata a rimborsare al Ministero della Giustizia le spese del presente giudizio.

La liquidazione segue come da dispositivo (si tenga conto che, in sede di condanna del soccombente al rimborso delle spese del giudizio a favore di un’amministrazione dello Stato – nei confronti del quale vige il sistema della prenotazione a debito dell’imposta di bollo dovuta sugli atti giudiziari e dei diritti di cancelleria e di ufficiale giudiziario – riguardo alle spese vive la condanna deve essere limitata al rimborso delle spese prenotate a debito: cfr. Cass. 18.4.2000, n. 5028; Cass. 22.4.2002, n. 5859).

19. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10 non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex lege n. 89/2001. Il che rende inapplicabile il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, (cfr. Cass. sez. un. 28.5.2014, n. 11915).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente, P.A., a rimborsare al Ministero della Giustizia le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 1.200,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2021

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