Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18358 del 31/07/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 18358 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: SCALDAFERRI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso 12541-2011 proposto da:
CANNARILE LUIGI (CNNLGU58R30D463M) elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA GIULIA DI COLLOREDO 46/48,
presso lo studio dell’avvocato DE PAOLA GABRIELE, che lo
rappresenta e difende, giusta procura alle liti in calce al ricorso;

– ricorrente contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE 80415740580 in
persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

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Data pubblicazione: 31/07/2013

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope
legis;

– resistente avverso il decreto nel procedimento R.G. 618/09 della CORTE

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
19/03/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA
SCALDAFERRI.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott.
IMMACOLATA ZENO che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso.

In fatto e in diritto
1. Con ricorso alla Corte d’appello di Bologna nel giugno 2009, Luigi
Cannarile proponeva domanda di equa riparazione ai sensi della legge
n.89/2001 per violazione dell’art.6 della C.E.D.U. a causa della
irragionevole durata del giudizio amministrativo instaurato dinanzi al
TAR Emilia-Romagna nel dicembre 1994, definito in primo grado nel
dicembre 2008 con sentenza dichiarativa della intervenuta perenzione a
norma dell’art.9 legge n.205/2000.
La Corte d’appello rigettava la domanda, ritenendo nella specie di
poter escludere la presunzione di pregiudizio non patrimoniale
normalmente conseguente al protrarsi del giudizio oltre la durata
ragionevole, sulla scorta della circostanza particolare costituita dalla
omessa presentazione, a seguito del superamento del decennio dalla
instaurazione del giudizio presupposto e del relativo avviso di
Cancelleria, della nuova istanza di fissazione di udienza sottoscritta
dalla parte personalmente (nella specie era stata sottoscritta dal solo
Ric. 2011 n. 12541 sez. M1 – ud. 19-03-2013
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D’APPELLO di BOLOGNA del 15.1.2010, depositato il 23/03/2010;

difensore) a norma dell’art.9 comma 2 legge n.205/2000, senza che la
parte abbia specificato e dimostrato il proprio perdurante interesse alla
decisione, che del resto doveva escludersi anche alla luce della mancata
presentazione —se non dopo che era maturata la perenzione- di istanze
c.d. di prelievo.

ha proposto ricorso a questa Corte con atto notificato il 2 maggio
2011, formulando due motivi. L’Amministrazione intimata ha
depositato atto di mera costituzione in giudizio ai fini della
partecipazione alla discussione orale.
3. Il collegio ha disposto farsi luogo a motivazione semplificata.
4. Con il primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione
dell’articolo 2 legge n.89/2001 e dell’articolo 6.1, C.E.D.U., rilevando
che la sofferenza ed il disagio si presumono, alla stregua della
giurisprudenza della Corte europea e di questa Corte di legittimità, ove
il processo si protragga oltre il limite di durata ragionevole, a
prescindere dal suo esito, nel merito o con declaratoria di estinzione; e
che la perenzione a norma dell’art.9 legge n.205/2000 non comporta
alcuna presunzione di disinteresse della parte al decorrere di un tempo
definito, bensì soltanto la necessità che le parti siano messe in
condizione, tramite apposito avviso, di soffermarsi sull’attualità
dell’interesse alla decisione e di manifestarlo. Con il secondo motivo, si
denunzia difetto di motivazione, in quanto la Corte di merito,
escludendo la presunzione della sussistenza dell’interesse alla decisione
in ragione della mancata (rectius irregolare) istanza di fissazione di
udienza, non avrebbe considerato il dato rilevante della presentazione
nel luglio 2008 della istanza di prelievo in data anteriore alla
definizione del processo presupposto.

Ric. 2011 n. 12541 sez. M1 – ud. 19-03-2013
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2. Avverso tale decreto, depositato il 23 marzo 2010, Luigi Cannarile

5. Tali doglianze, da esaminare congiuntamente attesa la stretta
connessione, sono fondate, nei limiti delle considerazioni che seguono.
6. Fondata è invero la critica in ordine alla statuizione adottata dalla
Corte d’appello relativamente alla insussistenza nella specie di un
pregiudizio da indennizzare. Statuizione che si palesa priva di adeguata

La nuova istanza di fissazione di udienza, che a norma dell’art.9
comma 2 legge n.205/2000 il ricorrente in un giudizio amministrativo
deve depositare entro sei mesi dall’avviso di perenzione che la
cancelleria deve notificargli al decorso di dieci anni dalla instaurazione
del giudizio, assolve —al pari della prima istanza di fissazione, prevista
dall’art.23 legge n.1034/1971- ad una funzione distinta da quella della
c.d.istanza sollecitatoria o di prelievo prevista dall’art.51 comma 2
R.D.n.642/1907: quest’ultima ha infatti la finalità di accelerare il
processo mediante il riscontro del persistente interesse del ricorrente,
laddove la finalità della nuova istanza di fissazione è quella di impedire
la perenzione del giudizio (cfr.Cass.n.25572/2010). Ne deriva che la
mancanza della nuova istanza di fissazione di udienza prevista dall’art.9
richiamato può, ove ne ricorrano i presupposti indicati dalla norma,
giustificare la dichiarazione di perenzione da parte del giudice
amministrativo, non già costituire motivo per escludere il diritto della
parte ad un’equa riparazione per la durata irragionevole del giudizio
stesso. Il che, del resto, vale anche (relativamente ai giudizi
amministrativi iniziati prima della entrata in vigore della legge
n.133/2008, sino alla sua entrata in vigore il 25 giugno 2008) per la
mancanza della istanza di prelievo, che, per l’orientamento
costantemente seguito da questa Suprema Corte, può assumere
rilevanza (fuori dai casi nei quali si applichi la suddetta normativa) solo
ai fini dell’apprezzamento della entità del lamentato pregiudizio non
Ric. 2011 n. 12541 sez. M1 – ud. 19-03-2013

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motivazione.

patrimoniale, non già per escluderlo, atteso che la presenza di
strumenti sollecitatori non sospende né differisce il dovere dello Stato
di pronunciare sulla domanda, né trasferisce sul ricorrente la
responsabilità per il superamento del termine ragionevole di
definizione. (cfr.ex multis Cass.S.U.n.28507/05; n.3782/06;

L’accoglimento del ricorso segue dunque di necessità, con la
conseguente cassazione del provvedimento impugnato.

7. Sussistono le condizioni per decidere nel merito, a norma
dell’art.384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti.
Evidente essendo il superamento di ogni ragionevolezza in una durata
di quattordici anni circa di un procedimento non risultante complesso,
va osservato come la Corte E.D.U. (le cui pronunce costituiscono
come noto un fondamentale punto di riferimento per il giudice
nazionale nella interpretazione delle disposizioni della C.E.D.U.) in
numerosi giudizi di lunga durata davanti alle giurisdizioni
amministrative nei quali gli interessati —come nella specie- non
risultavano aver sollecitato per lungo tempo la trattazione e/o
definizione del processo mostrando di avervi scarso interesse, ha
liquidato un indennizzo forfetario per l’intera durata del giudizio che,
suddiviso per il numero di anni, ha oscillato tra gli importi di € 350,00
e quello di € 550,00 per anno (cfr.procedimenti 675/03; 688/03 e
691/03; 11965/03), pur se in qualche caso non è mancata una
liquidazione superiore. Alla luce di tali orientamenti della Corte di
Strasburgo, dettati in casi analoghi, ritiene il collegio che l’importo
complessivo dell’indennizzo debba essere fissato, in relazione ad un
giudizio durato quattordici anni, in modo da non scendere al di sotto
della soglia di € 7.000. Il rispetto dell’obiettivo di assicurare un serio
ristoro alla violazione in esame, alla stregua dei principi elaborati in
Ric. 2011 n. 12541 sez. M1 – ud. 19-03-2013
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n.28428/08; n.25518/10).

sede europea, impone dunque di liquidare in tale misura la riparazione
dovuta a ciascun ricorrente.

8. A tale somma debbono aggiungersi gli interessi legali dalla domanda
e, in ragione della soccombenza, le spese del doppio grado, che si
liquidano come in dispositivo tenendo conto, per il giudizio di

2012 in attuazione dell’art.9 comma 2 D.L. n.1/2012 conv. in Legge
n.271/2012 (in particolare dei parametri indicati dalla Tabella AAvvocati per lo scaglione di riferimento, dei criteri di valutazione
previsti dall’art.4 e della riduzione prevista dall’art.9 del Decreto citato).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e,
decidendo nel merito, condanna il Ministero della Economia e Finanze
al pagamento in favore del ricorrente della somma di € 7.000,00 oltre
gli interessi legali dalla domanda; condanna inoltre il Ministero al
pagamento in favore del ricorrente delle spese di lite, che liquida,
quanto al grado di merito, in complessivi € 1.140,00 -di cui € 490 per
onorari e € 600 per diritti- oltre spese generali ed accessori di legge, e
quanto al grado di legittimità in € 292,50 per compenso e € 100,00 per
esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione 6/1 della
Corte di Cassazione, il 19 marzo 2013
L’estensore

cassazione (cfr.S.U.n.17406/12), di quanto stabilito dal D.M. 20 luglio

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