Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18358 del 09/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 09/07/2019, (ud. 22/01/2019, dep. 09/07/2019), n.18358

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7372-2013 proposto da:

TESSIL TEX DUE SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIA G.

PISANELLI 2, presso lo studio dell’avvocato DANIELE CIUTI, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati FILIPPO ALESSANDRO

BRUNO, MICHELE CARDONE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE UFFICIO DOGANE DI GENOVA in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 70/2012 della COMM. TRIB. REG. della Liguria,

depositata il 09/08/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/01/2019 dal Consigliere Dott. SALVATORE SAIJA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Tessil-Tex Due s.r.l. propose ricorso avverso l’atto di contestazione del 15.6.2009 D.Lgs. n. 374 del 1990, ex art. 11, con cui l’Ufficio delle Dogane di Genova, rilevata l’origine cinese – anzichè malese, come dichiarato dallo spedizioniere per suo conto in data 31.5.2005 – di n. 93 colli di fiocco di poliestere, aveva accertato diritti doganali pari ad Euro 13.898,33, ed applicato la sanzione pari al 49,7%, ai sensi del Reg. CEE n. 428/2005. La C.T.P. di Genova respinse il ricorso con sentenza del 1.6.2010. Analoga sorte seguì l’appello avanzato dalla stessa Tessil-Tex Due s.r.l., respinto dalla C.T.R. della Liguria con sentenza del 9.8.2012.

Tessil-Tex Due s.r.l. ricorre ora per cassazione, sulla base di quattro motivi, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Dogane. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione del Reg. CEE n. 2913/1992, art. 221 (Codice Doganale Comunitario – C.D.C.), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente lamenta l’erroneità della sentenza impugnata, laddove ha escluso essere maturata la decadenza triennale di cui all’art. in rubrica, comma 3, per essere intervenuta una notitia criminis entro lo stesso termine, corrente dalla data in cui è sorta l’obbligazione doganale. Rileva al contrario la ricorrente che a) quest’ultima è sorta in data 31.5.2005; b) la relazione finale dell’OLAF è stata redatta solo in data 11.8.2008, all’esito delle indagini svolte in Malesia circa l’importazione di fiocco di poliestere; c) l’Agenzia delle Dogane ha comunicato la notizia di reato alla Procura delle Repubblica di Genova in data 26.3.2009; infine, d) l’Agenzia ha emesso e notificato l’avviso di liquidazione solo in data 15.6.2009. Pertanto, conclude la ricorrente, poichè la notitia criminis è stata trasmessa solo dopo la scadenza del termine triennale, l’Amministrazione deve intendersi decaduta.

1.2 – Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione del Reg. CEE n. 2913/1992, art. 220, comma 2, lett. b) (C.D.C.), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Secondo la società ricorrente, avrebbe errato la C.T.R. nel ritenere inapplicabile la norma in rubrica – che fa divieto di contabilizzare a posteriori i dazi doganali allorquando ciò sia dipeso da un errore dell’autorità doganale ed inoltre il debitore sia in buona fede e abbia rispettato tutte le disposizioni doganali – difettando nella specie un contegno commissivo della stessa autorità doganale. Ritiene la ricorrente che, al contrario, l’errore ben possa consistere anche nella mera inerzia dell’autorità.

1.3 – Con il terzo motivo, si denuncia omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. La ricorrente si duole del fatto la C.T.R. non ha motivato circa il luogo in cui è intervenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale della merce importata. Trattasi di fatto controverso e decisivo, in quanto, risultando – come da documentazione prodotta – che la fibra di poliestere (PSF) era stata lavorata “per taglio” in Malesia, così divenendo fiocco di poliestere, a quest’ultimo poteva attribuirsi l’origine non preferenziale malese, con conseguente applicazione dell’art. 24 del C.D.C., e quindi, esclusione dell’illecito contestato. Nulla risulta, in proposito, dalla lettura della decisione impugnata.

1.4 – Con il quarto motivo, si denuncia contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Il vizio motivazionale consisterebbe nella contraddittorietà tra l’affermazione secondo cui non può applicarsi il dazio antidumping “individuale” del 24,6% (aliquota prevista dal Reg. CEE n. 428/2005, art. 1, comma 2, per i prodotti fabbricati, tra le altre, dalla Jangyin Changlong Fiber Co. Ltd.) perchè la merce è stata dichiarata di origine malese, con fattura emessa da società di Honk Kong non indicata tra quelle ammesse al dazio “individuale”, e la affermata legittimità della rettifica originariamente impugnata, fondata sul fatto che la merce in questione è stata fabbricata in Cina.

2.1 – Il primo motivo è fondato.

E’ incontroverso che la sequenza temporale degli atti compiuti nella vicenda per cui è causa è esattamente quella riportata dalla ricorrente, ossia: a) l’obbligazione doganale è sorta in data 31.5.2005; b) la relazione finale dell’OLAF è stata redatta in data 11.8.2008, all’esito delle indagini svolte in Malesia circa l’importazione di fiocco di poliestere; c) l’Agenzia delle Dogane ha comunicato la notizia di reato alla Procura delle Repubblica di Genova in data 26.3.2009; infine, d) la stessa Agenzia ha emesso e notificato l’avviso di liquidazione solo in data 15.6.2009.

Al riguardo, si osserva che la giurisprudenza di legittimità si è ormai attestata nel senso che il termine triennale di decadenza possa essere interrotto solo se la notitia criminis intervenga prima della scadenza, non rilevando di per sè la mera circostanza che la fattispecie sia penalmente rilevante.

In tal senso, ex multis, si veda la recente Cass. n. 615/2018, secondo cui “In tema di tributi doganali, ove il mancato pagamento derivi da un reato, sia il termine di prescrizione dell’azione di recupero dei dazi all’importazione, che quello di decadenza per la revisione dell’accertamento D.Lgs. n. 374 del 1990, ex art. 11, sono prorogati sino ai tre anni successivi alla data d’irrevocabilità della decisione penale, a condizione che, nel triennio decorrente dall’insorgenza dell’obbligazione doganale, l’Amministrazione emetta un atto nel quale venga formulata una ‘notitia criminis’ ovvero lo stesso sia ricevuto dall’Autorità giudiziaria o da ufficiali di polizia giudiziaria, come i funzionari doganali: a tal fine, la relazione redatta dall’OLAF configura un documento che integra detta ‘notitia criminis, la cui formulazione e trasmissione è idonea a determinare il raddoppio dei termini di accertamento degli illeciti doganali”.

Da quanto precede, risulta palese che il primo atto interruttivo riscontrabile nella specie consiste nella trasmissione della relazione dell’OLAF alla Procura della Repubblica, avvenuta il 26.3.2009; peraltro, la stessa relazione conclusiva dell’OLAF reca la data del 11.8.2008, comunque successiva alla scadenza del termine di decadenza (31.5.2008), sicchè risulta tardiva – rispetto alla questione che qui interessa – la stessa data di ricezione di detta relazione da parte dell’Agenzia delle Dogane.

Nè, tantomeno, può considerarsi – ai fini che interessano – la data della “comunicazione OLAF del 29.4.2008”, utilizzata dalla C.T.R.: si tratta, infatti, di una convocazione per l’apertura delle indagini in Malesia, da tenersi a Bruxelles (v. ricorso, p. 14). Ciò non può certo ritenersi sufficiente, perchè per esserlo detta comunicazione dovrebbe quantomeno contenere un riferimento alla specifica posizione della società ricorrente. Ma ciò non risulta.

3.1 – L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento dei restanti. La sentenza impugnata è quindi cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, può procedersi alla decisione del merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, con la declaratoria di intervenuta decadenza per la revisione dell’accertamento e con conseguente annullamento dell’atto impugnato.

Le spese della fase di merito possono integralmente compensarsi, sussistendo giusti motivi, mentre quelle del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo, dichiara assorbiti i restanti. Cassa la sentenza impugnata in relazione e, decidendo nel merito, annulla l’atto impugnato. Compensa integralmente le spese del giudizio di merito e condanna l’Agenzia alla rifusione di quelle del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre rimborso forfetario in misura del 15%, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 22 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2019

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