Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18357 del 31/07/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 18357 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: SCALDAFERRI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso 26478-2010 proposto da:
LAURINO PIETRO 1_,RNPTR41D29I288L), LOCASPI NICOLA
1_,CSNCL58M05G924F) elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE
MAZZINI 131, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO
MORRONE, rappresentati e difesi dall’avvocato MARABETE
GIUSEPPE giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
80415740580, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

Data pubblicazione: 31/07/2013

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta
e difende ope legis;

– resistente avverso il decreto n. 201/2010 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
19 /03/ 2013 dal Consigliere Relato re Dott. ANDREA
SCALDAFERRI;
udito l’Avvocato Rinaldo Geremia (delega avvoato Giuseppe
Marabete) difensore dei ricorrenti che si riporta agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. IMMACOLATA ZENO che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.

In fatto e in diritto
1. Con ricorso alla Corte d’appello di Potenza, Pietro Laurino e Nicola
Locaspi proponevano domanda di equa riparazione ai sensi della legge
n.89/2001 per violazione dell’art.6 della C.E.D.U. a causa della
irragionevole durata del giudizio dinanzi al T.A.R. Basilicata iniziato
nell’ottobre 1990 e definito in primo grado con sentenza di
irricevibilità nel gennaio 2009. La Corte d’appello, con il decreto
indicato in epigrafe, ha rigettato le domande, ritenendo di poter
escludere nella specie il pregiudizio non patrimoniale normalmente
conseguente al protrarsi del giudizio oltre la durata ragionevole, e ciò
sulla scorta della presumibile consapevolezza nei ricorrenti circa la
manifesta irricevibilità della domanda tardivamente azionata in quel
giudizio amministrativo, desunta dalla sentenza emessa dal giudice di
primo grado.

Ric. 2010 n. 26478 sez. M1 – ud. 19-03-2013
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POTENZA del 9/02/2010, depositato il 18/03/2010;

2. Avverso tale decreto, notificato il 14 settembre 2010, il Laurino ed il
Locaspi, con atto la cui notifica tempestivamente ma invalidamente
eseguita alla Avvocatura Distrettuale dello Stato è stata rinnovata alla
Avvocatura Generale nel termine assegnato da questa Corte, ha
proposto ricorso a questa Corte affidato ad unico motivo. Il Ministero

3. Il collegio ha disposto farsi luogo a motivazione semplificata.
4. I ricorrenti censurano, sotto il profilo della violazione degli artt. 2
legge n.89/2001 e 6.1 C.E.D.U., la valutazione in ordine alla
sussistenza nella specie di circostanze idonee ad escludere la
presunzione di sofferenza e disagio per la protrazione del processo
oltre il limite di durata ragionevole. Deducono che la tardività della
domanda affermata dal giudice di primo grado nel giudizio
presupposto -peraltro da essi contestata nel giudizio di appello
pendente- non consente comunque di presumere la insussistenza della
incertezza sull’esito del giudizio nè di escludere il disagio per il
protrarsi irragionevole della sua definizione.
5. Il ricorso è fondato. Inidonei, di per sé stessi, a giustificare il rigetto
della domanda di equa riparazione del pregiudizio non patrimoniale
devono ritenersi, alla luce dell’orientamento consolidato della
giurisprudenza di questa Corte di legittimità (cfr.ex multis
Cass.n.12494/11; 9938/10; 9337/08; n.15064/06; n.19204/05;
n.3410/03), gli elementi indicati nel provvedimento in esame. La
sofferenza morale per l’eccessivo protrarsi del processo, quale
conseguenza normale di tale irragionevole durata, non può, senza
incorrere in contraddizione, essere disconosciuta alla parte la cui
pretesa giudiziale viene respinta (o in generale che subisce un esito
sfavorevole del giudizio), salvi i casi nei quali abbia posto in essere un
vero e proprio abuso del processo, configurabile allorquando risulti
Ric. 2010 n. 26478 sez. M1 – ud. 19-03-2013
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Economia e Finanze ha solo depositato atto di costituzione.

che abbia promosso una lite temeraria o abbia artatamente resistito in
giudizio al solo fine di perseguire, con tattiche processuali di varia
natura, il perfezionamento della fattispecie di cui alla legge n.89/2001.
La ricorrenza nel caso in esame di una siffatta fattispecie di abuso non
risulta neppure specificamente evidenziata nel decreto impugnato, nè

consistere nella mera infondatezza delle tesi sulle quali si basa la
domanda giudiziale. L’accoglimento del ricorso segue dunque di
necessità.
Il provvedimento impugnato è cassato, e, non essendo necessari
ulteriori accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito a
norma dell’art.384 c.p.c.

6. Considerata la durata senz’altro irragionevole di diciotto anni e tre
mesi del processo presupposto sino alla sentenza di primo grado, va
osservato come la Corte E.D.U. (le cui pronunce costituiscono come
noto un fondamentale punto di riferimento per il giudice nazionale
nella interpretazione delle disposizioni della C.E.D.U.) in numerosi
giudizi di lunga durata davanti alle giurisdizioni amministrative nei
quali gli interessati —come nella specie- non risultavano aver sollecitato
la trattazione e/o definizione del processo mostrando di avervi scarso
interesse, ha liquidato un indennizzo forfetario per l’intera durata del
giudizio che, suddiviso per il numero di anni, ha oscillato tra gli
importi di € 350,00 e quello di € 550,00 per anno (cfr.procedimenti
675/03; 688/03 e 691/03; 11965/03), pur se in qualche caso non è
mancata una liquidazione superiore. Alla luce di tali orientamenti della
Corte di Strasburgo, dettati in casi analoghi, ritiene il collegio che
l’importo complessivo dell’indennizzo debba essere fissato, in
relazione ad un giudizio durato dieci anni, in modo da non scendere al
di sotto della soglia di € 9.125. Il rispetto dell’obiettivo di assicurare un
Ric. 2010 n. 26478 sez. M1 – ud. 19-03-2013
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tantomeno ne risultano gli elementi di riscontro, che non possono

serio ristoro alla violazione in esame, alla stregua dei principi elaborati
in sede europea, impone dunque di liquidare in tale misura la
riparazione dovuta a ciascun ricorrente.

8. A tale somma debbono aggiungersi gli interessi legali dalla domanda
e, in ragione della soccombenza, le spese del doppio grado, che si

cassazione (cfr.S.U.n.17406/12), di quanto stabilito dal D.M. 20 luglio
2012 in attuazione dell’art.9 comma 2 D.L. n.1/2012 conv. in Legge
n.271/2012 (in particolare dei parametri indicati dalla Tabella AAvvocati per lo scaglione di riferimento, dei criteri di valutazione
previsti dall’art.4 e della riduzione prevista dall’art.9 del Decreto citato).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e,
decidendo nel merito, condanna il Ministero della Economia e Finanze
al pagamento in favore di ciascun ricorrente della somma di € 9.125,00
oltre gli interessi legali dalla domanda; condanna inoltre il Ministero al
pagamento in favore dei ricorrenti delle spese di lite, che liquida,
quanto al grado di merito, in complessivi € 1140,00 -di cui € 490 per
onorari e € 600 per diritti- oltre spese generali ed accessori di legge, e
quanto al grado di legittimità in € 506,25 per compenso e € 100,00 per
esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione 6/1 della
Corte di Cassazione, il 19 marzo 2013
L’estensore

liquidano come in dispositivo tenendo conto, per il giudizio di

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