Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18357 del 25/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 25/07/2017, (ud. 05/07/2017, dep.25/07/2017),  n. 18357

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14387-2015 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE REGINA

MARGHERITA 290, presso lo studio dell’avvocato NIGRO STUDIO NIGRO,

rappresentata e difesa dall’avvocato ROBERTO MANTOVANO;

– ricorrenti –

contro

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE DI LATINA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 9630/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 28/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/07/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede, rigettava la domanda con la quale P.G., infermiera presso il servizio psichiatrico di diagnosi e cura del Presidio ospedaliero (OMISSIS), aveva chiesto la condanna dell’azienda Usl di appartenenza ad erogarle l’indennità per il personale addetto ai servizi di terapia intensiva e subintensiva, prevista dall’art. 44, comma 6 del C.C.N.L. del 1995, sul presupposto di essersi occupata di prestare attività di assistenza intensiva e sub-intensiva presso il proprio reparto. La Corte capitolina argomentava che la ricorrente non era addetta in via ordinaria ad un reparto di terapia intensiva e sub-intensiva, sicchè la presenza di malati bisognosi di tali terapie era solo un’eventualità; inoltre, la stessa lavoratrice aveva ammesso l’inesistenza nel proprio presidio di un reparto di terapia intensiva e sub-intensiva distinto da quello di appartenenza, dove i malati potessero essere trasferiti.

2. Per la cassazione della sentenza P.G. propone ricorso, con il quale deduce come primo motivo la violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro; come secondo motivo, la falsa applicazione dell’art. 44, comma 6, lett. C del C.C.N.L. del comparto sanità; come terzo motivo, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio è stato oggetto di discussione tra le parti. Sostiene che l’indennità in questione spetterebbe al personale infermieristico che, a prescindere dal reparto cui è assegnato, svolga effettiva attività di terapia intensiva e/o sub intensiva; che ciò era quanto avveniva nel suo reparto, ove sono ricoverati soggetti prevalentemente affetti da schizofrenia e pertanto abbisognevoli di sorveglianza e assistenza continui.

3. L’Azienda USL di Latina è rimasta intimata.

4. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. il ricorso è manifestamente infondato.

La soluzione adottata dalla Corte territoriale è coerente con l’orientamento di questa Corte, secondo il quale la volontà delle parti collettive nella previsione dell’emolumento in questione è quella di collegarlo allo svolgimento del lavoro nelle terapie intensive, sub-intensive e nelle sale operatorie, e non al più generico rischio che si estende agli infermieri di altri reparti chiamati a svolgere attività di terapia intensiva o subintensiva (v. Cass. 14/01/2015 n. 460, Cass. 18/11/2015 n. 23602, Cass. 20/11/2015 n. 23792).

In particolare, si è rilevato nei richiamati arresti che il senso letterale dell’art. 44, comma 6, del CCNL comparto sanità 1995/1998, è sufficientemente chiaro e la lettura complessiva dell’atto, nonchè il comportamento successivo delle parti, depongono in tal senso, escludendo ogni possibile dubbio interpretativo. Il senso letterale dell’espressione lavoro prestato “nei servizi di malattie infettive” indica, infatti, un lavoro prestato in una struttura preposta alla cura delle malattie infettive (o di malattie affini o equipollenti). “Servizio” è un termine generale idoneo a ricomprendere articolazioni del servizio sanitario denominabili in modo diverso (divisione, reparto, dipartimento, ecc.) ma comunque sempre identificabili come parti dell’organizzazione sanitaria destinate alla cura di un certo tipo di malattie. Si è poi argomentato che se la norma viene letta nel suo insieme, ci si rende conto che tutte le situazioni per le quali viene prevista l’indennità (lett. a, b, c) fanno riferimento ad articolazioni del servizio sanitario e non al tipo di patologia con il quale l’infermiere può venire in contatto quale che sia la struttura in cui opera. Un’ulteriore conferma, sul piano dell’interpretazione sistematica, si è tratta dalla lettura dell’art. 44, comma 9. Tale previsione abilita la contrattazione decentrata, entro ben definiti limiti di spesa, ad individuare altri operatori del ruolo sanitario ai quali corrispondere l’indennità, specificando che deve trattarsi di operatori che abbiano lavorato “nei servizi indicati nel comma 6”. Questo rinvio rafforza l’idea che il concetto di “servizi” utilizzato nel comma 6, è concetto unitario ed omogeneo che vale ad indicare strutture dell’organizzazione sanitaria, quali i reparti di terapia intensiva, i servizi di nefrologia, i servizi di malattie infettive, ecc… Il rinvio alla contrattazione decentrata, in una delimitata cornice di spesa, dell’individuazione di altri operatori del ruolo sanitario ai quali corrispondere la predetta indennità, specificando la tipologia di operatori (“nei servizi indicati nel comma 6”) conferma ulteriormente che solo i contraenti collettivi, in sede decentrata, possono, conformando la volontà negoziale a limiti di spesa, ampliare gli aventi diritto all’indennità di rischio e disagio in esame.

Si è infine aggiunto che anche i comportamenti precedenti delle parti sono in linea con questa ricostruzione, in quanto l’art. 49 del contratto collettivo recepito nel D.P.R. n. 384 del 1990, antecedente storico della previsione in esame, riconosceva l’indennità al personale infermieristico operante “nelle terapie intensive, sub-intensive, nelle sale operatorie e nei servizi di nefrologia e dialisi”.

3. Dovendosi dare continuità a tale soluzione, il Collegio, condividendo la proposta del relatore, ritiene che il ricorso risulti manifestamente infondato ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, e debba in tal senso essere deciso con ordinanza in camera di consiglio.

4. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, in assenza di attività difensiva della parte intimata.

5. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

 

Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2017

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