Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18356 del 31/07/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 18356 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA
sul ricorso 9459-2008 proposto da:
FONDAZIONE ECCLESIASTICA ISTITUTO MARCHESI TERESA,
GERINO E LIPPO -GERINI C.F. 80089890588, Ente
Ecclesiastico iscritto nel Registro delle Persone
giuridiche presso l’Ufficio Ttryitoriale del Governo di
Roma al n. 441/87 in persona del Presidente e Legale
Rappresentante Don Orlando Dalle Pezze, GAETANI
D’ARAGONA FERDINANDO, GAETANI D’ARAGONA SVEVA, GAETANI
D’ARAGONA NICCOL0′, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA TACITO 39, presso lo studio dell’avvocato FAVINO
GIULIO, che li rappresenta e difende;

Data pubblicazione: 31/07/2013

- ricorrenti contro

MASSI

GIANCARLO

MSSGCR41L12H501M,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA S.M. PISTOIESE 73-75, presso
lo studio dell’avvocato BONI NADIA, che lo rappresenta

controricorrente –

avverso la sentenza n. 4724/2007 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 14/11/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/06/2013 dal Consigliere Dott. LINA
MATERA;
udito

l’Avvocato

GIULIO

FAVINO

difensore

dei

ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato NADIA BONI difensore del resistente
che ha chiesto il rigetto del ricorso e si riporta
alle memorie depositate chiedendone l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

e difende unitamente all’avvocato CAPEZZONE TIZIANA;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 9-6-1987 Massi Giancarlo
assumeva che Gerini Alessandro, “in proprio e per conto dei

obbligato a vendergli porzioni di alcuni terreni specificati in una
scrittura privata avente natura di contratto preliminare, ancorché
denominata “ricevuta provvisoria”, e nella ulteriore documentazione
allegata. L’attore affermava che era stato immesso nel possesso dei
predetti beni, ma, nonostante le reiterate sollecitazioni, non aveva
ottenuto la stipula del contratto definitivo con atto pubblico. Tanto
premesso, il Massi conveniva in giudizio Gerini Alessandro, anche
nella addotta veste rappresentativa, chiedendo l’emissione di
sentenza ex art. 2932 c.c., previo pagamento del residuo prezzo
pattuito, del quale faceva offerta.
Nel costituirsi, il convenuto contestava la fondatezza della
domanda e ne chiedeva il rigetto.
Il processo, interrotto a seguito del decesso di Gerini
Alessandro, veniva riassunto dall’attore nei soli confronti della
eredità giacente.
Cessata la situazione di vacanza ereditaria ed acquisiti i diritti
ereditari del Gerini, interveniva in giudizio la Fondazione
Ecclesiastica Istituto Marchesi Teresa, Gerino e Lippo Gerini,

comproprietari Ferdinando, Niccolò e Sveva Gaetani – , si era

eccependo l’inammissibilità, improponibilità ed infondatezza della
domanda attrice.
Con sentenza in data 30-10-2002 il Tribunale di Roma,

D’Aragona Ferdinando, Niccolò e Sveva e ritenuta l’infondatezza nel
merito della pretesa attrice, rigettava la domanda, disponendo il
rilascio dei beni consegnati e la restituzione del prezzo versato.
Avverso la predetta decisione proponeva appello Massi
Giancarlo.
Si costituivano sia la Fondazione Ecclesiastica Istituto
Marchesi Teresa, Gerino e Lippo Gerini che Gaetani D’Aragona
Ferdinando, Niccolò e Sveva, chiedendo il rigetto del gravame.
Con sentenza in data 14-11-2007 la Corte di Appello di Roma,
in accoglimento dell’eccezione preliminare sollevata dall’appellante,
dichiarava la nullità della sentenza impugnata e rimetteva la causa al
primo giudice ai sensi dell’art. 354 c.p.c., stante la mancata
partecipazione al giudizio di primo grado (a causa della irregolare
notificazione della citazione introduttiva, nonché della carente
procura al difensore rilasciata da Gerini Alessandro solo in proprio e
non anche nella dichiarata veste rappresentativa, e della mancata
attivazione del giudice per la integrazione del contraddittorio anche i
nella fase seguita alla interruzione ed alla riassunzione del processo

ravvisato il difetto di legittimazione passiva dei convenuti Gaetani

per l’intervenuto decesso di Gerini Alessandro) di Gaetani
D’Aragona Ferdinando, Niccolò e Sveva, litisconsorzi necessari.
Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso la

Gerini, nonché Gaetani D’Aragona Ferdinando, Niccolò e Sveva,
sulla base di un unico motivo.
Massi Giancarlo ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’udienza la controricorrente ha depositato
una memoria ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa
applicazione dell’art. 354 c.p.c. Deducono che la Corte di Appello
ha errato nell’escludere che il vizio derivante dalla mancata
integrazione del contraddittorio potesse ritenersi sanato per effetto
dell’intervento dei Gaetani D’Aragona in appello. Sostengono,
infatti, che, nel caso in cui il litisconsorte necessario pretermesso
intervenga volontariamente in appello ed accetti la causa nello stato
in cui si trova, il giudice di appello non è tenuto a rimettere la causa
al primo giudice, ai sensi dell’art. 354 c.p.c., ma deve trattenerla e
deciderla sul gravame.
Il motivo è fondato.
La Corte di Appello, dato atto della mancata partecipazione al
giudizio di primo grado dei litisconsorzi necessari Gaetani

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Fondazione Ecclesiastica Istituto Marchesi Teresa, Gerino e Lippo

D’Aragona Ferdinando, Niccolò e Sveva, ha ritenuto di dover
rimettere gli atti al giudice di prime cure, ai sensi dell’art. 354
c.p.c., senza la possibilità di ravvisare un effetto sanante dipendente

decisione, il giudice del gravame ha richiamato un precedente
giurisprudenziale, secondo cui l’intervento volontario del
contraddittore necessario, non citato in giudizio, può sanare il difetto
di integrità del contraddittorio soltanto se spiegato nel giudizio di
primo grado e non anche se avvenuto in appello, dovendo in tale
seconda ipotesi il giudice di appello, sempre ed in ogni caso,
rimettere la causa al primo giudice, ex art. 354 c.p.c. (Cass. 16-111983 n. 6826).
La pronuncia evocata dal giudice di appello, peraltro, risulta
espressione di un indirizzo minoritario, da tempo abbandonato dalla
giurisprudenza. Secondo l’orientamento ormai consolidato di questa
Corte, infatti, nell’ipotesi in cui il litisconsorte necessario
pretermesso intervenuto volontariamente in appello accetti la causa
nello stato e nel grado in cui essa si trova, chiedendo che la stessa
sia decisa come era stata decisa in prime cure senza il suo
intervento, e nessuna delle altre parti, che si sia opposta alla
prosecuzione del giudizio, risulti privata, a seguito ed in
conseguenza di tale prosecuzione, di facoltà processuali non già
altrimenti pregiudicate, il giudice di appello non deve rimettere la

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dall’intervento in appello delle predette parti. A sostengo della sua

causa al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 354 c.p.c., ma deve
trattenere la stessa e deciderla (tra le tante v. Cass. 4-5-2011 n.
9752; Cass. 24-3-2009 n. 7068; Cass. 13-7-2006 n. 15955; Cass. 5-8-

Si tratta di un orientamento senz’altro condivisibile, dovendosi
rilevare che il volontario intervento in appello del litisconsorte
necessario che non ha partecipato al giudizio di primo grado, il quale
accetti la causa nello stato in cui si trova, così eliminando con la
propria manifestazione di volontà la relativa irregolarità processuale,
porta ad escludere la configurabilità di qualsiasi pregiudizio in
relazione al diritto di difesa di tale parte. In una simile situazione,
pertanto, il rinvio della causa al giudice di primo grado, diretto a
garantire al litisconsorte necessario pretermesso una tutela dal
medesimo non invocata, si tradurrebbe in un vuoto formalismo, privo
di ogni utile funzione e tale da comportare un ingiustificato
prolungamento della lite.
La validità dell’indirizzo innanzi richiamato va oltremodo
ribadita alla luce dei precetti contenuti nell’art. 111 Cost., comma 2
e art. 6 Conv. Edu , secondo i quali il rispetto del diritto
fondamentale ad una durata ragionevole del processo impone al
giudice, ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c., di evitare ed impedire
comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione
della controversia, fra i quali rientrano certamente quelli che si

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2005 n. 16504; Cass. 16-9-1995 n. 9781).

traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità
superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del
processo ed in particolare dal rispetto effettivo del principio del

9-8-2010 n. 18480).
Nella specie, dalla lettura della sentenza impugnata, del
ricorso e del controricorso risulta che i litisconsorzi necessari
Gaetani D’Aragona Ferdinando, Niccolò e Sveva, nel costituirsi in
appello, non hanno sollevato alcuna questione riguardo alla
regolarità del procedimento di primo grado svoltosi senza la loro
partecipazione, ma hanno concluso per il rigetto, nel merito,
dell’impugnazione ex adverso proposta, accettando la pronuncia di
prime cure sulla domanda spiegata dagli attori.
La Corte di Appello, pertanto, nel rilevare che nel giudizio di
primo grado non era stato integrato il contraddittorio nei confronti
delle predette parti, non avrebbe dovuto rimettere la causa al giudice
di primo grado ai sensi dell’art. 354 c.p.c., ma avrebbe dovuto
trattenerla e decidere sull’appello.
Di conseguenza, l’impugnata sentenza deve essere cassata, con
rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma, la quale,
applicato il principio di diritto innanzi enunciato, tratterrà la causa e
pronuncerà sul gravame. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle
spese del presente grado di giudizio.

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contraddittorio (Cass. Sez. Un. 3-11-2008 n. 26373; Cass. Sez. Un.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia anche per le spese del presente grado ad altra Sezione della

Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’11-6-2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

Corte di Appello di Roma.

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