Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18356 del 25/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 25/07/2017, (ud. 05/07/2017, dep.25/07/2017),  n. 18356

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13327-2015 proposto da:

MINISTERO DELLA SALUTE, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

F.B., D.A., F.E., nella loro

qualità di eredi di F.A., elettivamente domiciliati in

ROMA, V. PALERMO 43, presso lo studio dell’avvocato NICOLA FIMIANI,

rappresentati e difesi dall’avvocato ANIELLO CAPUANO;

– controricorrente –

e contro

REGIONE TOSCANA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 121/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/07/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Prato che aveva riconosciuto il diritto di F.A. (e per esso, deceduto nel frattempo, dei suoi eredi), alla corresponsione dell’indennizzo ex L. n. 210 del 1992, 8^ categoria del D.P.R. n. 384 del 1981, con decorrenza dal 15/3/2011 e sino alla data del decesso del dante causa.

2. Il Ministero propone ricorso per la cassazione della sentenza, con il quale deduce come primo motivo l’omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia e l’erroneità della sentenza, che non avrebbe esaminato quanto sostenuto dalla consulente tecnica del Ministero della salute con riferimento al mancato raggiungimento della soglia minima d’indennizzabilità della patologia. Come secondo motivo, deduce la falsa applicazione della L. n. 210 del 1992, artt. 1 e 4 e lamenta che la Corte d’appello abbia recepito acriticamente le valutazioni del c.t.u., ravvisando 1′ ascrivibilità della patologia alla 7^ categoria della tabella A allegata al D.P.R. n. 834 del 1981, sia pure in base al criterio di equivalenza, in assenza dei sintomi e pregiudizi funzionali attuali richiesti dalla L. n. 210 del 1992, artt. 1 e 4.

3. F.B., D.A., F.E. hanno resistito con controricorso, nel quale il difensore ha preliminarmente eccepito l’inesistenza della notifica del ricorso per cassazione, eseguita presso il procuratore domiciliatario della parte nel giudizio di primo grado e non presso il procuratore domiciliatario nel giudizio di secondo grado. La Regione Toscana è rimasta intimata. I controricorrenti hanno depositato anche memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

4. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. l’eccezione di inesistenza della notifica del ricorso è infondata, considerato che d’inesistenza può parlarsi soltanto quando la notifica sia effettuata a difensore non avente alcun collegamento con l’intimato (v. da ultimo Cass. 20/04/2016 n. 7959), mentre nel caso si trattava del difensore domiciliatario nel giudizio di primo grado, sicchè si verteva in ipotesi di nullità della notifica, sanata ad opera del deposito del controricorso.

2. Il ricorso peraltro risulta inammissibile.

La Corte territoriale ha confermato la valutazione operata dal c.t.u. di primo grado, risolvendo le obiezioni formulate dal ministero appellante, che vengono riproposte nel ricorso per cassazione, considerato che la malattia contratta dal dante causa non si trovava in uno stato silente in quanto aveva comportato quali conseguenze funzionali lo stato di astenia e di facile stancabilità, accompagnate dalla necessità di osservare una rigida dieta alimentare.

2.1. In tal senso, i motivi formulati in punto di diritto sono infondati, considerato che la Corte si è attenuta al principio secondo il quale la L. n. 210 del 1992, art. 1,comma 3, letto unitamente al successivo art. 4, comma 4, deve interpretarsi nel senso che l’indennizzo spetta a coloro che presentino danni irreversibili che possano inquadrarsi – pur alla stregua di un mero canone di equivalenza e non già secondo un criterio di rigida corrispondenza tabellare – in una delle infermità classificate in una delle otto categorie di cui alla tabella B, annessa al testo unico approvato con D.P.R. n. 915 del 1978, come sostituita dalla tabella A allegata al D.P.R. n. 834 del 1981 (v. da ultimo Cass. 31/03/2017 n. 8452).

2.2. Quanto poi alla critica dell’accertamento peritale, recepito dal giudice di merito, deve qui ribadirsi che il vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice (v. ex plurimis da ultimo Cass. ord. 23/12/2014 n. 27378, Cass. 16/02/2017 n. 4124). Ipotesi tutte che nel caso non ricorrono.

3. Il Collegio, condividendo la proposta del relatore, ritiene quindi che il ricorso risulti inammissibile ex art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1, e debba in tal senso essere deciso con ordinanza in camera di consiglio.

4. La regolamentazione delle spese processuali segue la soccombenza, con distrazione ex art. 93 c.p.c. in virtù della dichiarata anticipazione.

5. Non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, operando per le Amministrazioni dello Stato il meccanismo della prenotazione a debito (Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016).

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente Ministero al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, con distrazione in favore del difensore avv. Aniello Capuano.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto dell’insussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2017

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