Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18355 del 31/07/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 18355 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA
sul ricorso 24563-2007 proposto da:
RACCAGNI PIERINA RCCPRN46B55G264G, CARUNA GIUSEPPE
CRNGPP40M13C618I, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA DELLA GIULIANA 73, presso lo studio dell’avvocato
NANNI NICOLA, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato VEZZOLI GIUSEPPE;
– ricorrenti contro

FAUSTINI ANGELA ROSALBA FSTRLB56E51G869W, FAUSTINI
GIUSEPPINAFSTGPP59R13G869S, elettivamente domiciliati
in ROMA,

VIA COSSERIA 5,

presso lo studio

Data pubblicazione: 31/07/2013

dell’avvocato TRICERRI LAURA, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato BONA ARONNE;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 648/2006 della CORTE D’APPELLO
di BRESCIA, depositata il 13/07/2006;

udienza del 11/06/2013 dal Consigliere Dott. LINA
MATERA;
udito

l’Avvocato

NICOLA

NANNI

difensore

dei

ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCRESSO
Con atto di citazione notificato il 12-6-1999 Raccagni Pierina
e Caruna Giuseppe convenivano dinanzi al Tribunale di Brescia
Faustini Angela Rosalba e Faustini Giuseppina, chiedendo che,

esercitato il passaggio sulla porzione di area di mq. 2 confinante in
lato nord con la loro cascina, venisse dichiarata l’esistenza di servitù
di passaggio sul fondo delle convenute in favore di quello degli
istanti, ovvero venisse costituita servitù di passaggio coattivo, dietro
pagamento dell’indennità da determinarsi in corso di causa.
Le convenute si costituivano negando l’esistenza del dedotto
passaggio e chiedendo in via riconvenzionale la regolarizzazione di
alcune luci aperte dagli attori e la rimozione dei manufatti dai
medesimi collocati sulla loro proprietà.
In sede di memoria ex art. 183 comma 5 c.p.c. gli attori
chiedevano altresì il riconoscimento del loro acquisto per usucapione
della proprietà dell’area facente parte del mappale 133 sulla quale
avevano collocato gli impianti a servizio della loro abitazione,
ovvero del diritto di mantenere gli stessi.
Con sentenza in data 31 – 3 – 2004 il Tribunale adito rigettava sia
la domanda attrice che la riconvenzionale. Il giudice, in particolare,
per quanto qui ancora interessa, riteneva non raggiunta la prova del
possesso ventennale, da parte degli attori, del dedotto passaggio,

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datosi atto che gli attori dal 1977 a 1998 avevano ininterrottamente

data la contraddittorietà e la discordanza delle testimonianze
raccolte.
Avverso la predetta decisione proponevano appello gli attori.
Con sentenza in data 13-7-2006 la Corte di Appello di Brescia

da ogni valutazione circa la correttezza della lettura delle
testimonianze e degli altri elementi di prova da parte del primo
giudice, risultava decisiva, onde escludere la sussistenza dei
requisiti necessari ai fini dell’invocato acquisto per usucapione della
servitù di passaggio, la mancanza di opere visibili e permanenti
destinate al passaggio stesso, rilevabile dall’esame delle fotografie
in atti.
Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso
Raccagni Pierina e Caruna Giuseppe, sulla base di due motivi.
Faustini Angela Rosalba e Faustini Giuseppina hanno resistito
con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo i ricorrenti lamentano l’omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e
decisivo. Deducono che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte
di Appello, dalle fotografie prodotte in primo grado emergeva la
presenza di opere apparenti e visibili funzionali al passaggio,
costituite dalla paratia attraverso la quale gli attori accedevano al

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rigettava il gravame. La Corte territoriale rilevava che, a prescindere

fondo dei convenuti, nonché dal sentiero naturale formatosi, in
prossimità del muro, per effetto del protratto ed incontestato
calpestio ultraventennale. Sostengono, inoltre, che il giudice del
gravame, partendo dall’erroneo presupposto dell’inesistenza di opere

testimoniali assunte e i documenti prodotti, omettendo l’esame delle
censure mosse dall’appellante avverso le valutazioni espresse al
riguardo dal giudice di primo grado.
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e
falsa applicazione degli artt. 1061 e 1058 c.c., nonché l’omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione. Sostengono che la Corte
di Appello ha errato nel ritenere la servitù non apparente, in quanto
vi era la prova documentale (fotografie) e testimoniale (testi
Faustini, Marini, Muscatiello) del passaggio ultraventennale e delle
opere apparenti e visibili funzionali all’esercizio del passaggio.
Deducono, infatti, che dalle fotografie in atti si desume la presenza
di un sentiero visibile ed apparente che si formava naturalmente nel
corso del tempo a seguito del continuo calpestio degli attori, i quali
lo utilizzavano per accedere al retro della loro abitazione e
provvedere all’apertura, alla chiusura e alla pulizia delle ante
esterne, nonché per estirpare le erbe che si arrampicano sul muro
esterno dell’abitazione.

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visibili ed apparenti, non ha esaminato correttamente le prove

2) I due motivi, che per ragioni di connessione possono essere
esaminati congiuntamente, devono essere disattesi.
E’ noto che, ai fini dell’acquisto di una servitù per usucapione
o per destinazione del padre di famiglia, è necessario, oltre

servitù, che tale servitù sia apparente (art. 1061 c.c.),
contraddistinta, cioè, da opere visibili, naturali o artificiali, di
natura permanente, obiettivamente destinate al suo esercizio e che
rivelino, per la loro struttura e funzione, in maniera inequivoca,
l’esistenza del peso gravante sul fondo servente (cfr. Cass. 8-6-1984
n. 3452; Cass. 3-5-1993 n. 5126; Cass. 17-2-2004 n. 2994; Cass. 315-2010 n. 13238). In particolare, in materia di servitù di passaggio,
il requisito dell’apparenza non richiede necessariamente un

opus

manu factum (ossia un tracciato dovuto all’opera dell’uomo), essendo
sufficiente anche un sentiero formatosi naturalmente per effetto del
calpestio, qualora esso presenti un tracciato tale da denotare la sua
funzione -visibile, non equivoca e permanente- di accesso al fondo
dominante mediante il fondo servente (Cass. 23-2-1987 n. 1912;
Cass. 21-5-1987 n. 4623; Cass. 29-8-1998 n. 8633; Cass. 17-2-2004,
n. 2994; Cass. 27-5-2009 n. 12362).
L’accertamento dell’apparenza della servitù, al fine di stabilire
se questa possa essere acquistata per usucapione o per destinazione
del padre di famiglia, è una “quaestio facti” rimessa alla valutazione

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all’esplicazione di un’attività corrispondente all’esercizio della

del giudice del merito e, come tale, è incensurabile in sede di
legittimità se sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi
logici e giuridici (Cass. 25-1-2001 n. 1043; Cass. 17-2-2005 n.
3273).

innanzi specificato, la sola esistenza dell’esercizio di fatto del
transito sul fondo altrui per un periodo ultraventennale non è idoneo
a comportare l’acquisto per usucapione della servitù di passaggio.
Nella specie, la Corte di Appello, nel premettere che l’edificio
degli appellanti non ha alcun accesso diretto al mappale 133, di
proprietà dei convenuti, ha rilevato che gli attori, per eseguire (come
dai medesimi sostenuto) la manutenzione e la pulizia delle ante del
loro fabbricato, ovvero per strappare le erbacce che crescono lungo il
loro muro, devono uscire sulla via pubblica, oltrepassare il Vaso
Sabbioncello, verosimilmente servendosi di una paratia esistente in
loco, e quindi inoltrarsi nel campo, fino a raggiungere la zona
immediatamente sottostante alle loro finestre. Orbene, secondo il
giudice del gravame, il pur attento esame delle fotografie in atti non
consente di cogliere l’esistenza di un qualche visibile passaggio
attraverso il fossato o di un qualche sentiero o tratturo nella zona
lungo il muro dell’edificio, idonei ad attestare il manifesto, risalente
e frequente esercizio del passaggio degli attori sul fondo delle
convenute.

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Va da sé che, in assenza di opere “apparenti”, nel senso

Le valutazioni espresse al riguardo dalla Corte territoriale si
sottraggono alle censure mosse dai ricorrenti, essendo sorrette da
una motivazione scevra da vizi logici ed avendo fatto corretta
applicazione dei principi enunciati in materia dalla giurisprudenza.

appello attraverso l’esame dei rilievi fotografici acquisiti, infatti,
non evidenziando la presenza di opere permanenti e visibili
funzionalmente collegate al transito degli attori nell’area di
proprietà dei convenuti indicata in citazione, sì da esteriorizzare e
rendere percepibile la destinazione di tale suolo all’esercizio del
passaggio, non consente di ravvisare l’esistenza del requisito
dell’ “apparenza”, nel senso richiesto dal menzionato art. 1061 c.c.
ai fini del possibile acquisto della servitù per usucapione.
Ciò posto, si osserva che i ricorrenti, nel sostenere che dalle
foto prodotte e dalle dichiarazioni testimoniali raccolte (delle quali,
peraltro, in violazione dei principi di specificità ed autosufficienza,
essi non hanno nemmeno trascritto il contenuto) emergeva
l’esistenza di un sentiero naturale, costituitosi per effetto del
calpestio degli attori, propongono, attraverso l’apparente
prospettazione di vizi di motivazione, mere censure di merito, con le
quali mirano ad ottenere una valutazione diversa e più favorevole
delle emergenze processuali rispetto a quella compiuta dal giudice
del gravame.

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La situazione obiettiva dei luoghi, quale accertata dal giudice di

Tale richiesta si infrange contro i limiti propri del giudizio di
legittimità, che non può trasformarsi in un terzo grado di merito, nel
quale sia consentito procedere ad un nuovo accertamento dei fatti
oggetto della controversia e ad una nuova valutazione delle prove.

possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e
delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla
parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio
convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la
concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute
idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o
all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla
legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (Cass. 28-7-2008
n. 20518; Cass. 11-11-2005 n. 22901; Cass.12-8-2004 n. 15693;
Cass. 7-8-2003 n. 11936). L’onere di adeguatezza della motivazione,
inoltre, non comporta che il giudice del merito debba occuparsi di
tutte le allegazioni delle parti, ne’ che egli debba prendere in esame,
al fine di confutarle o condividerle, tutte le argomentazioni da queste
svolte. È, infatti, sufficiente che il giudice esponga, anche in
maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a
fondamento della sua decisione, dovendo ritenersi per implicito
disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non
espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione

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I vizi di motivazione denunciabili in cassazione, infatti, non

adottata e con l’iter argomentativo seguito (tra le tante v. Cass. 2011-2009 n. 24542; Cass. 12-1-2006 n. 407; Cass. 2-8- 2001 n.
10569).
Nel caso in esame, la Corte di Appello ha individuato nei

apprezzamento, non emergeva l’esistenza di alcun segno tangibile
del preteso transito, e che portavano, quindi, ad escludere in radice il
possibile acquisto della servitù di passaggio per usucapione,
l’elemento probatorio dirimente e risolutivo ai fini della decisione.
L’acclarata mancanza del requisito dell’apparenza della
dedotta servitù, infatti, per il suo carattere assorbente, non poteva
che comportare il rigetto della domanda di usucapione, rendendo
superfluo accertare se vi fosse stato, da parte degli attori, un
esercizio ultraventennale del passaggio sul preteso fondo servente. In
modo ineccepibile sul piano logico e giuridico, pertanto, la Corte
territoriale ha ritenuto di dover prescindere da ogni indagine circa la
correttezza della lettura, da parte del Tribunale, delle testimonianze
e degli altri elementi di prova che riguardavano l’esercizio di fatto
del passaggio.
3) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con
conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
sostenute dalle resistenti nel presente grado di giudizio, liquidate
come da dispositivo.

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rilievi fotografici acquisiti, dai quali, secondo il suo insindacabile

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese, che liquida in euro 2.200,00, di cui euro
200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

11 Consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’ l I-6-2013

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