Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18353 del 07/09/2011

Cassazione civile sez. lav., 07/09/2011, (ud. 12/07/2011, dep. 07/09/2011), n.18353

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

FIAT GROUP AUTOMOBILI S.p.a., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale Giulio Cesare

n. 21-23, presso lo studio dell’Avvocato De Luca Tamajo Raffaele, che

la rappresenta e difende unitamente agli Avvocati Franco Bonamico e

Luca Ropolo, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.A., domiciliata in Roma in via Tacito n. 50, presso lo

studio dell’Avv. Cossu Bruno, che la rappresenta e difende assieme

all’Avv. Elena Poli per procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 586/09 della Corte d’appello di Torino,

pronunziata in causa n. 925/08 r.g. lav., depositata in data

12.06.09;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 12.07.2011 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;

uditi l’Avv. Maria Teresa Salimbeni per delega De Luca Tamajo e

l’Avv. Savina Bomboi per delega Cossu;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

GAETA Pietro.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

1.- Con ricorso al Giudice del lavoro di Torino, S.A. conveniva in giudizio il datore di lavoro FIAT Auto spa e, assumendo l’illegittimità della sua collocazione in cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) per il periodo 9.12.02-19.05.03, ne chiedeva la condanna al pagamento della differenza tra quanto percepito a titolo di integrazione e quanto spettante a titolo di retribuzione.

2.- Accolta la domanda e proposto appello da Fiat Group Automobiles s.p.a. (succeduta a Fiat Auto s.p.a.), la Corte d’appello di Torino con sentenza del 12.06.09 rigettava l’impugnazione.

La Corte di merito, ritenuto che l’imprenditore, fin dall’inizio della procedura, aveva l’obbligo di indicare per iscritto i criteri di scelta e le ragioni dell’eventuale mancata previsione della rotazione tra i dipendenti, ai sensi della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 1, comma 7, e che tale disciplina non era stata modificata dalla D.P.R. 10 giugno 2000, n. 218, art. 2, comma 5, recante norme per la semplificazione del procedimento per la concessione del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria e di integrazione salariale.

Nel caso di specie i criteri indicati nella comunicazione di avvio della procedura erano generici in quanto non consentivano di verificare la coerenza tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere, il che rendeva illegittima la sospensione il cigs dei dipendenti. Inoltre, l’accordo intervenuto tra datore e Oo.ss. in data 18.3.03, a conclusione della procedura di consultazione (ribadito da altro successivo del 22.7.03), non assumeva efficacia sanante delle omissioni, in quanto il vizio originario della comunicazione si ripercuoteva sull’intera procedura.

3.- Avverso questa sentenza Fiat Group Automobiles proponeva ricorso per cassazione, cui rispondeva S. con controricorso.

4.- Il consigliere relatore ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c. ha depositato relazione, che è stata comunicata al Procuratore generale e notificata ai difensori costituiti assieme all’avviso di convocazione dell’adunanza. Fiat Group Automobiles ha depositato memoria.

5.- I sei motivi di ricorso di Fiat Group Automobiles possono essere riassunti come segue.

5.1.- La questione fondamentale posta a base del ricorso è se il giudice abbia correttamente applicato la L. n. 223 del 1991, art. 1, commi 7 e 8, o se la norma in questione debba ritenersi abrogata per l’intervento del D.P.R. n. 218 del 2000. Fiat sostiene che tale decreto, emanato in forza della L. 15 marzo 1997, n. 59, art. 20 avrebbe delegificato il procedimento amministrativo di autorizzazione e concessione della cigs e, quindi, tutti i suoi momenti od atti coordinati e collegati in serie (frase preparatoria, introduttiva, di istruzione e di decisione), con abrogazione implicita di tutte le disposizioni già vigenti.

5.2.- Ne deriverebbe che le modalità di rotazione e l’indicazione delle ragioni che eventualmente l’escludono, potrebbero essere indicate non solo con la comunicazione di apertura della procedura inviata alle Oo.Ss., ma anche all’esito dell’esame congiunto tra imprenditore ed Oo.ss. sulla crisi aziendale e le conseguenti esigenze di organizzazione della produzione.

Nel caso di specie, le partì sindacali, all’esito dell’esame congiunto, il 18.3.03 (in termini poi ribaditi il 22.7.03) avevano raggiunto un accordo circa le modalità della rotazione dopo che Fiat nel dicembre 2002 aveva aderito al più generale accordo di programma, il cui perfezionamento costituiva la base per l’assunzione di impegni amministrativi da parte del Governo a supporto del superamento della più generale crisi aziendale. Avrebbe dunque errato il giudice di merito a ritenere preminente il presupposto formale della comunicazione e consultazione rispetto al contenuto dell’accordo raggiunto con le Oo.ss. il 18.3.03, che assumeva invece valore sanante; ne sarebbe, infatti, rimasta esclusa la possibilità per le parti stipulanti di elaborare in corso di trattativa diversi criteri di gestione della crisi.

5.3.- Conseguenza di tale erronea preminenza assegnata al dato formale, sarebbe stata la disapplicazione del verbale di esame congiunto del Ministero del Lavoro del 5.12.02 (avente natura di atto pubblico a contenuto certificativi), costituente prova della procedura di consultazione svolta con la mediazione governativa.

5.4.- La mancata considerazione dell’accordo nascerebbe anche dall’erronea affermazione che la volontà della Rappresentanza sindacale unitaria stipulante non fosse validamente formata. La Corte di merito avrebbe dovuto tener conto dell’affidamento del datore circa la rappresentatività della controparte, competendo al lavoratore – attore dimostrare i vizi dell’accordo e la circostanza che FIAT non ignorava la situazione reale. In ogni caso, la stessa Corte avrebbe erroneamente ricostruito le circostanze da cui si desumeva l’invalidità della volontà delle R.s.u., attribuendo al rappresentante FIAT dichiarazioni in realtà rese a verbale da un rappresentante sindacale.

5.5.- La comunicazione 31.10.02 di avvio della procedura di cigs, che fissava il criterio di scelta nelle esigente tecniche, organizzative e produttive, in relazione alle esigente professionali e funzionali, era comunque idonea allo scopo dì esternare le intenzioni del datore di lavoro in relazione alle ricadute del programma di superamento della crisi aziendale in relazione alla situazione dei singoli lavoratori, pur residuando la possibilità di procedere a specificazione in sede di esame congiunto, all’esito dell’acquisizione da parte delle oo.ss. di una completa informazione.

In ogni caso, avrebbe dovuto valutarsi in concreto la posizione soggettiva del dipendente, in quanto, ove pure per ragioni formali fosse dichiarata illegittima tutta la procedura, pur tuttavia avrebbe dovuto valutarsi se la risoluzione di collocare i lavoratori in cigs fosse coerente con i criteri di scelta concretamente indicati ab initio nella comunicazione di avvio della procedura sindacale.

6.- Preliminarmente deve rigettarsi la richiesta, avanzata dalla parte contro ricorrente, di dichiarare inammissibile il ricorso principale per l’intervenuta definizione del procedimento per repressione del comportamento antisindacale, promosso dalle Oo.ss.

nei confronti di Fiat, per violazione degli oneri di informazione nella procedura collettiva che ha condotto all’applicazione della cigs di cui ora si discute.

La controricorrente ha richiamato le sentenze di questa Corte 9.6.09 n. 13240 e 1.7.09 n. 15393 che rigettano il ricorso per cassazione di Fiat avverso la sentenza di appello che riteneva sussistente il comportamento antisindacale e dichiarava l’illegittimità dei provvedimenti di sospensione in cigs adottati a seguito della procedura avviata con la comunicazione del 31.10.02.

Rileva il Collegio che il giudicato è, tuttavia, insussistente in quanto le pronunzie invocate non possono spiegare la loro autorità in un diverso giudizio, dato che il giudicato sostanziale opera soltanto entro i rigorosi limiti degli elementi costitutivi dell’azione e presuppone – a differenza di quanto qui riscontrabile – che tra la precedente causa e quella in atto vi sia identità di parti, oltre che di petitum e di causa petendi (giurisprudenza consolidata, v. per tutte Cass. 27.01.06 n. 1760).

7. Le questioni sopra indicate hanno già trovato disamina in molteplici pronunzie della Corte di cassazione, di modo che, sulla base delle argomentazioni già adottate (v. per tutte Cass. 31,1.11 n. 2155, n. 2156, n. 2157, Cass. 21.2.11 n. 4151 e 4152), può affermarsi quanto segue.

8.- Per quel che riguarda la questione principale (v. 5.1-5.2) deve osservarsi che la L. 23 luglio 1991, n. 223 – che introduce una visione organica della cigs, ricollegandone la fruizione a particolari requisiti soggettivi dell’impresa e all’esistenza di uno stato di crisi aziendale, nonchè alla proposizione da parte dell’imprenditore di precisi programmi, limitati nel tempo – prevede che dopo l’accertamento dello stato di crisi e l’approvazione dei programmi di superamento della stessa e per tutta la loro durata, all’esito di una articolata procedura, il Ministero del Lavoro con proprio decreto conceda il trattamento straordinario di integrazione salariale (artt. 1-2).

Il datore di lavoro deve scegliere i lavoratori da collocare in cigs adottando meccanismi di rotazione tra i dipendenti che svolgono le stesse mansioni e sono occupati nell’unità produttiva interessata. I “criteri di individuazione dei lavoratori” e “le modalità della rotazione” sono oggetto di consultazione sindacale, in forza del dettato normativo, che impone la loro comunicazione alle Oo.ss. e l’esame congiunto di cui alla L. 20 maggio 1975, n. 164, art. 5.

Qualora il datore, per ragioni di carattere tecnico-organizzativo connesse al mantenimento dei normali livelli di efficienza, non intenda attuare meccanismi di rotazione dovrà indicarne i motivi nel programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale (L. n. 223, art. 1, commi 7 e 8).

Il Ministro del lavoro, pur approvando il programma e concedendo la cassa integrazione, può ritenere non giustificata la non adozione della rotazione e promuovere un incontro tra le parti sul punto. Ove non si pervenga ad un accordo entro tre mesi dalla data della concessione del trattamento di integrazione il Ministro stesso stabilisce l’adozione di meccanismi di rotazione sulla base delle proposte formulate dalle parti (comma 8, secondo periodo).

9.- Su tale assetto intervenne il D.P.R. 10 giugno 2000, n. 218, emanato per delega conferita dalla Legge di semplificazione amministrativa 15 marzo 1997, n. 59, art. 20 che inserì il procedimento per la concessione della cassa integrazione guadagni straordinaria – come regolato dalla L. n. 223 del 1991 – tra quelli sottoposti a delegificazione mediante regolamento emesso ai sensi della L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 17, comma 2, (art. 20, comma 8, in relazione al n. 90 dell’allegato 1 alla legge stessa).

10.- I rapporti tra le due fonti sono stati definiti dalla giurisprudenza di questa Corte nel senso che la disciplina del D.P.R. n. 218 non abroga la L. n. 223 del 1991 e lascia, quindi, intatti gli oneri di comunicazione fissati dall’art. 1 di quest’ultima. Il D.P.R. n. 218 non incide sul combinato disposto della L. n. 164 del 1975, art. 5 e della L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 7, – riguardanti l’obbligo datoriale di comunicare in avvio della procedura per l’integrazione salariale alle organizzazioni sindacali i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere nonchè le modalità di rotazione poste da tali disposizioni in capo dell’imprenditore – atteso che la disciplina da esso fissata attiene unicamente alla fase propriamente amministrativa del procedimento di concessione della integrazione salariale (Cass. 28.11.08 n. 28464).

Può, dunque, affermarsi con questa impostazione (poi ripresa da numerose altre sentenze, tra cui v. Cass. 31.1.11 n. 2155, n. 2156, n. 2157, Cass. 21.2.11 n. 4151 e 4152) che per la scelta dei lavoratori da porre in cassa integrazione, la L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 7, prescrive che il datore comunichi alle Organizzazioni sindacali i criteri di scelta, in relazione a quanto previsto dalla L. n. 164 del 1975, art. 5. Tale disposizione tutela, nella gestione della cassa integrazione, i diritti dei singoli lavoratori e le prerogative delle Organizzazioni sindacali, anche dopo l’entrata in vigore della disciplina del D.P.R. 10 giugno 2000, n. 218, atteso che tale disciplina non incide con effetto abrogativo o modificativo sulle dette disposizioni ma è volta unicamente a diversamente regolamentare il procedimento amministrativo, di rilevanza pubblica, di concessione dell’integrazione salariale.

Ad analoga conclusione questa Corte è pervenuta per quel che riguarda gli obblighi di rilevanza collettiva del datore dì lavoro (L. n. 223, art. 1, commi 7 e 8), precisando, altresì, che la richiamata normativa regolamentare non ha spostato l’informazione circa i criteri di scelta e le modalità della rotazione dal momento iniziale della comunicazione di avvio della procedura a quello immediatamente successivo dell’esame congiunto, in quanto, altrimenti, il contenuto della norma di cui al D.P.R. n. 218 cit., art. 2 sarebbe estraneo all’esigenza di semplificazione del procedimento amministrativo e avrebbe come conseguenza solo l’alleggerimento degli oneri della parte datoriale con compressione dei diritti di informazione spettanti al sindacato, dando luogo ad un sistema di consultazione sindacale palesemente inadeguato (Cass. 9.6.09 n. 13240 e 1.7.09 n. 15393, entrambe emanate a conclusione del procedimento per condotta antisindacale promosso dalle Oo.ss. nei confronti di Fiat con riferimento alla procedura di cigs ora in esame avviata con la comunicazione del 31.10.02).

11.- Sulla base di queste considerazioni, all’esito dell’esame delle questioni sub 5.1 e 5.2, può ritenersi corretto l’assunto del giudice di merito che – pur dopo l’entrata in vigore del D.P.R. n. 218 del 2000 – la comunicazione che il datore, ai sensi della L. n. 164 del 1975, art. 5 è tenuto a dare alle rappresentanze sindacali aziendali debba contenere l’indicazione dei criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere e le modalità della rotazione, i quali solo successivamente dovranno costituire oggetto del successivo esame congiunto.

12.- Consegue l’irrilevanza della questione attinente il rilievo assegnato alla documentazione di provenienza ministeriale (n. 5.3).

Ove si ritenga che criteri di individuazione e modalità di rotazione debbono essere indicate ab initio nella comunicazione di avvio, è superfluo esaminare la tesi che assegna valore asseverativo ad un documento che attesta che quell’indicazione è avvenuta solo in un momento successivo, e cioè in sede di esame congiunto.

13.- Neppure può sostenersi che l’accordo 18.3.03 avrebbe sanato ogni eventuale vizio della procedura attivata con la lettera 31.10.02.

In proposito va precisato che la giurisprudenza richiamata dalla ricorrente (Cass. 2.8.04 n. 14721, 21.8.03 n. 12307 ed altre) parte dal presupposto che l’accordo sia di per sè esaustivo delle esigenze conoscitive e di esternazione imposte dal combinato normativo della L. n. 164, art. 1, commi 7 e 8, e della L. n. 223, art. 1, commi 7 e 8, in quanto in tal caso sarebbe solo inutile formalismo imporre al datore di comunicare alle Oo.ss. quei criteri di selezione che proprio con esse ha elaborato (Cass. 3.5.04 n. 8353).

Nel caso di specie, tuttavia, l’accordo – intervenuto a procedura già iniziata e quando molte centinaia di lavoratori erano già stati posti in cassa integrazione – si limita a formulare un generale sistema di rotazione a partire dall’aprile 2003, senza indicare il procedimento di individuazione dei soggetti interessati, il che esclude quel carattere esaustivo sopra rilevato.

Inoltre, per il fatto di essere intervenute a procedura già iniziata, le modalità concordate in sede di accordo non possono soddisfare all’essenziale esigenza cui la preventiva comunicazione è preposta, e cioè quella di consentire (non solo alle Oo.ss. di confrontarsi sul punto, ma anche) ai lavoratori coinvolti nella procedura – tanto prima che dopo il raggiungimento dell’accordo – di verificare se l’utilizzo della cassa integrazione da parte del datore di lavoro sia coerente al programma di superamento della crisi adottato e, quindi, di consentire la tutela della loro posizione individuale, nella sostanza controllando il potere del datore di collocarli in cassa integrazione (v. anche Cass. 10.5.10 n. 11254).

14.- Data l’erroneità dell’assunto che ogni eventuale vizio della procedura (sindacale ed amministrativa) di applicazione della cassa integrazione possa essere sanato da uno o più accordi che, intervenuti a procedura già iniziata, attengano al momento della gestione della cigs, debbono ritenersi irrilevanti le censure mosse alla sentenza di merito a proposito dell’irregolare formazione della volontà negoziale di una delle parti che avevano stipulato l’accordo 18.3.03 (v. n. 5.4).

15.- Escludendo il carattere sanante dell’accordo 18.3.03 ed assegnando natura ostativa alla omissioni della comunicazione, il giudice di merito si è attenuto ad una lettura della norma basata su un principio pacifico, affermato da Cass., S.u., 11.5.00 n. 302, secondo cui in caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l’attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale che implichi una temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dall’attività lavorativa è illegittimo qualora il datore, sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare alle Oo.Ss., ai fini dell’esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che debbono essere sospesi (in base al combinato disposto della L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 7, e L. n. 164 del 1975, 5, commi 4 e 5). Ove l’illegittimità può essere fatta valere dai lavoratori interessati davanti al giudice ordinario, in via incidentale, per ottenere il pagamento della retribuzione piena e non integrata.

16.- Quanto all’incidenza della comunicazione 31.10.82 sulla posizione del ricorrente (n. 5.4). deve rilevarsi che la giurisprudenza della Corte di cassazione ha precisato che “i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere …”, di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 1 debbono essere connotati dal requisito della specificità, ovvero, dalla “idoneità dei medesimi ad operare la selezione e nel contempo a consentire la verifica della corrispondenza della scelta ai criteri”, precisandosi che l’aggettivazione “non individua una specie nell’ambito del genere criterio di scelta ma esprime la necessità che esso sia effettivamente tale, e cioè in grado di operare da solo la selezione dei soggetti da porre in cassa integrazione”, atteso che “un criterio di scelta generico non è effettivamente tale, ma esprime soltanto, non un criterio, ma un generico indirizzo nella scelta” (v. Cass. 1.7.09 n. 15393, che richiama Cass. 23.4.04 n. 7720, e fa chiaro riferimento a S.u. n. 302 del 2000, citata).

Tale specificità non è stata riscontrata dal giudice di merito, il quale ha ravvisato nella comunicazione una mera clausola di stile da cui non può evincersi il percorso aziendale che ha portato all’individuazione dei singoli lavoratori da sospendere in cassa integrazione.

Trattasi di valutazione di merito che, in quanto congruamente motivata, non è suscettibile di censura in sede di legittimità.

17.- In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, come depositate in dispositivo, seguono la soccombenza, con distrazione a favore del difensore che ha sottoscritto in controricorso, che si è dichiarato antistatario.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 30,00 (trenta/00) per esborsi ed in Euro 2.000,00 (duemila/00) per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa, con distrazione a favore dell’avv. Bruno Cossu.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2011

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