Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18352 del 06/08/2010

Cassazione civile sez. III, 06/08/2010, (ud. 14/06/2010, dep. 06/08/2010), n.18352

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.P.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA PADRE SEMERIA 33, presso lo studio dell’avvocato DI MAURO

FRANCESCO, rappresentato e difeso dall’avvocato DI BONO ROCCO con

studio in 85013 GENZANO DI LUCANIA (PZ) VIA CAVOUR 6 giusta delega in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

L.R. (OMISSIS);

– intimata –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di MELFI, emessa il 1/12/2005,

depositata il 16/12/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FEDERICO;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. FEDELI Massimo

che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ordinanza depositata il 16.12.05 il Tribunale di Melfi, decidendo su di un ricorso presentato L. n. 794 del 1942, ex art. 28 dall’avv. D.P.S. nei confronti di L.A., ratificava nei rapporti tra le parti in causa la liquidazione delle spese processuali già resa nell’ambito della sentenza n. 194/05 dello stesso Tribunale, dando atto dell’avvenuto pagamento delle competenze suddette all’udienza del 24.11.05.

Avverso detto provvedimento ha quindi proposto ricorso per cassazione il D.P., con due motivi, mentre l’intimata L. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.M. n. 585 del 1994, art. 6 e D.M. n. 127 del 2004, avendo il giudice erroneamente calcolato le spese a carico della parte soccombente sulla base della somma liquidata con la sentenza e non sulla base della somma risultante dalla domanda.

Con il secondo motivo lamenta la violazione del D.M. n. 585 del 1994, artt. 1 e 4, avendo il giudice erroneamente calcolato i compensi dovuti o per aver applicato uno scaglione diverso da quello corrispondente al valore della domanda e/o per aver determinato gli onorari in questione al di sotto dei minimi tariffari.

Con il terzo motivo lamenta mancanza ed insufficiente motivazione, non avendo il giudice fatto alcun riferimento alla nota spese depositata nel procedimento ex art. 28 sopra citato.

I tre motivi, che possono esaminarsi congiuntamente per la loro stretta connessione, vanno accolti per quanto di ragione.

Si rileva, infatti, in via preliminare che il provvedimento impugnato si presenta come estremamente generico, e cioè sprovvisto di un vero e proprio impianto motivazionale, in quanto manca in particolare un’analisi specifica e critica della nota spese del 15.9.05 depositata dal ricorrente nel procedimento speciale L. n. 794 del 1942, ex art. 28.

Ed invero, non può considerarsi se non meramente apparente la motivazione addotta nell’ordinanza impugnata, nella parte in cui rileva che “non risulta mossa alcuna specifica censura ai criteri di liquidazione applicati dal giudice nella sentenza n. 194/2005 R.G., che risulta conforme alle previsioni ed ai valori medi di cui alle tariffe succedutesi nel periodo di esecuzione della prestazione professionale ed al valore della controversia, così come fissato nella domanda …”.

Infatti, non compete di certo al ricorrente l’onere di censurare in modo specifico i criteri di liquidazione delle spese adottati dal giudice della causa di cognizione, il quale è tenuto a determinarle a carico della parte soccombente ai sensi del D.M. n. 585 del 1994, art. 6, n. 1 e cioè sulla base della somma attribuita alla parte vincitrice e non già di quella oggetto della domanda, mentre nella liquidazione degli onorari a carico del cliente deve aversi riguardo al criterio della somma domandata con l’atto di citazione, fatta salva l’ipotesi di cui al n. 2 del citato art. 6 (valore effettivo della causa quando esso risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del c.p.c.).

La liquidazione delle spese a seguito del procedimento L. n. 794 del 1942, ex artt. 28 e 29, prescinde, dunque, necessariamente da quella effettuata dal giudice che ha definito la causa cui le stesse si riferiscono, senza che la sua pronuncia possa vincolare in alcun modo quella del giudice del procedimento speciale, in quanto il cliente è sempre obbligato a corrispondere all’avvocato diritti ed onorari di causa indipendentemente da quanto statuito al riguardo dal giudice della causa stessa.

Attesa la sostanziale autonomia dei due tipi di liquidazione, ne consegue che invece di trincerarsi dietro la mancata censura dei criteri di liquidazione del giudice della causa di cognizione, il Tribunale adito avrebbe dovuto, dunque, decidere in via autonoma sulla richiesta del ricorrente, previo esame analitico e dettagliato delle singole voci indicate nella suddetta nota spese (quella cioè del 15.9.05 e non quella depositata nel giudizio di cognizione), precisando quelle dovute e quelle non dovute, con riferimento alla tariffa vigente all’epoca di compimento delle singole attività,, e ciò anche al fine di consentire il controllo di legittimità cui il provvedimento è soggetto ai sensi dell’art. 111 Cost..

La motivazione del provvedimento impugnato è anche meramente apparente laddove viene apoditticamente sostenuta la conformità della liquidazione effettuata dal giudice della causa al valore della controversia, senza che tale asserzione sia sorretta in concreto da una disamina delle singole voci di compenso da cui risulti la conferma della loro corrispondenza in concreto allo scaglione determinato dal valore della causa così come fissato dalla domanda.

D’altra parte, si osserva che il ricorrente, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, ha specificato a pag. 8 del medesimo (nella nota a pie di pagina) i diritti indicati nella nota spese del 15.9.05 in relazione allo scaglione corrispondente al valore della causa determinato dalla domanda, pervenendo ad un ammontare di Euro 3.860,95 superiore a quanto in totale liquidato dal giudice di cognizione per spese, diritti ed onorari.

Ciò sta a dimostrare la fondatezza della censura del ricorrente secondo cui il Tribunale, pur avendo in apparenza fatta propria la liquidazione del giudice della sentenza, è tuttavia incorso in errore nella determinazione dei compensi o per aver applicato uno scaglione diverso da quello corrispondente al valore della domanda (da Euro 25.900,01 ad Euro 51.700,00) o comunque per aver determinato gli onorari al di sotto dei minimi di tariffa.

Il ricorso va, perciò, accolto nei limiti di quanto sopra precisato, con conseguente cassazione del provvedimento impugnato e rinvio del procedimento, anche per le spese del presente giudizio di Cassazione, al Tribunale di Melfi in diversa composizione.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa in relazione l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Melfi in diversa composizione anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2010

 

 

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