Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18352 del 04/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 04/09/2020, (ud. 06/07/2020, dep. 04/09/2020), n.18352

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2358-2018 proposto da:

L.C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dagli avvocati GIUSEPPE MONTALBANO, LUIGI

GIACOMO MESSINA;

– ricorrente –

contro

L’AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI (OMISSIS) (ASP), in persona del

legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE ANGELICO, 78, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO IELO,

rappresentata e difesa dagli avvocati PIETRO DE LUCA, DOMENICO

CANTAVENERA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 963/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 22/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/07/2020 dal Presidente Relatore Dott. ADRIANA

DORONZO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Sciacca, su ricorso di L.C.A., ha dichiarato la illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro a tempo determinato stipulato dalla ricorrente con l’Azienda Sanitaria Provinciale di (OMISSIS) in data 1/10/2011, con scadenza al 31/3/2012 e prorogato dall’1/4/2012 fino al 30/6/2012, e ha condannato l’Azienda a pagare la ricorrente un’indennità pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

1.1. La sentenza è stata impugnata dalla Azienda Sanitaria Provinciale di (OMISSIS) e la Corte d’appello di Palermo, nell’accogliere l’impugnazione, ha rigettato la domanda.

A fondamento della sua decisione la Corte palermitana ha precisato che la domanda attrice era stata accolta dal tribunale con riferimento all’ultimo dei contratti stipulati, perchè rispetto ai precedenti la lavoratrice era incorsa nella decadenza prevista dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, come modificato dalla L. n. 92 del 2012, avendo impugnato i contratti oltre i termini ivi indicati.

Ha pertanto ritenuto che trattandosi di un unico contratto a termine, dichiarato illegittimo per la genericità delle ragioni poste a fondamento della clausola di durata, non sussistessero i presupposti per il risarcimento del danno di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, dal momento che, in proposito, la lavoratrice non aveva specificato i profili di illegittimità idonei a configurare un abuso, necessario ai fini del riconoscimento del cosiddetto danno comunitario, e che tale lacuna assertiva impediva l’accoglimento della domanda.

Contro la sentenza la lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione sula base di un unico complesso motivo al quale ha resistito con controricorso la Azienda sanitaria di (OMISSIS).

La proposta del relatore, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata, è stata notificata alla controparte.

In prossimità dell’adunanza camerale, le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, e la Dir. UE n. 1999/70 CEE, clausola n. 5.

Lamenta l’erroneità della sentenza nella parte in cui, pur avendo richiamato i principi espressi dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 5072/2016, nonchè i principi espressi dalle sentenze della Corte di giustizia, ha rigettato la domanda di risarcimento del danno, senza considerare che l’ultimo contratto era stato prorogato.

Il motivo è fondato.

Questa Corte ha avuto modo di affermare (Cass. 04/02/2020, n. 2534, che richiama Cass. 28/02/2017, n. 5229) che rispetto al contratto a termine prorogato sussistono le medesime esigenze di prevenire gli abusi che hanno ispirato il legislatore comunitario rispetto alla reiterazione dei contratti a termine.

La mancata indicazione delle ragioni giustificative dell’apposizione del termine al contratto, poi prorogato, dà luogo ad una abusiva reiterazione del contratto a termine, che ricade nell’ambito di applicazione della Dir. 1999/70/CE e dà luogo al diritto al risarcimento del danno secondo i principi sanciti da Cass., S.U., n. 5072 del 2016, non trovando applicazione nel pubblico impiego contrattualizzato la misura della trasformazione.

Ed infatti la nullità del primo contratto acausale si riverbera anche sulla proroga, con conseguente illegittimità della reiterazione.

Ne deriva che la sentenza impugnata, che non ha fatto applicazione di tale principio, deve essere cassata e la causa rimessa alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, anche ai fini della regolamentazione delle spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2020

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