Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18348 del 04/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 04/09/2020, (ud. 12/06/2020, dep. 04/09/2020), n.18348

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28780-2018 proposto da:

F.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GINO FUNAIOLI

54/56, presso lo studio dell’avvocato FRANCO MURATORI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato RICCARDO CONTARDI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1054/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 29/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte d’appello di Roma, in accoglimento del gravame del ricorrente, ha dichiarato nulla la decisione di primo grado in relazione alla declaratoria di estinzione del processo e ha rimesso la causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 354 c.p.c.; ha quindi compensato le spese, tenuto conto “(del)la natura in rito della pronuncia resa”;

avverso la sentenza, limitatamente alla statuizione in ordine alle spese, propone ricorso per cassazione F.F. con unico motivo;

è intimata l’Agenzia delle Entrate – Riscossione;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata notificata alla parte costituita, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con un unico motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., per avere la Corte di appello compensato le spese processuali nonostante l’esito a sè integralmente favorevole e senza che l’esplicitata ragione giustificativa assolvesse l’obbligo di motivazione, secondo il disposto dell’art. 92 c.p.c., ratione temporis vigente;

il motivo è fondato;

deve premettersi che la disciplina delle spese è regolata dalla norma vigente alla data di introduzione del giudizio di primo grado (Cass., sez. VI, n. 10213 del 2017);

nella fattispecie, il procedimento è disciplinato ratione temporis dall’art. 92 c.p.c. nel testo introdotto dalla L. n. 69 del 2009 (art. 45 comma 11) che prevede la possibilità di disporre la compensazione, fuori dal caso di soccombenza reciproca, per “altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione”; il presente giudizio è stato infatti introdotto nel 2013;

soccorre dunque il principio -enunciato dalle Sezioni Unite nell’arresto n. 2572 del 2012 e ribadito dalla giurisprudenza successiva (per tutte: Cass., sez. III, n. 22333 del 2017) – secondo cui – in relazione al testo dell’art. 92 c.p.c., comma 2, vigente anteriormente al D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 13 – la disposizione, nella parte in cui consente al giudice di disporre la compensazione delle spese di lite allorchè ricorrano “gravi ed eccezionali ragioni”, è norma elastica che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico – sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice di merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche;

nello specifico, la ragione espressa nella sentenza impugnata (“la natura in rito della pronuncia resa”) non configura un’ipotesi che possa legittimare l’esercizio del potere di compensazione, trattandosi di un’evenienza ordinaria nell’ambito del processo;

si è invero osservato che: “In tema di spese giudiziali, le “gravi ed eccezionali ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, (…) devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa, non potendosi ritenere sufficiente il mero riferimento alla “natura processuale della pronuncia”, che, in quanto tale, può trovare applicazione in qualunque lite che venga risolta sul piano delle regole del procedimento” (Cass. n. 16037 del 2014 e successive: ex plurimis, ord., VI sez., n. 7352 del 2019);

in base alle svolte argomentazioni il ricorso va accolto e la sentenza cassata in parte qua, con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà a liquidare le spese del procedimento in base al principio enunciato;

al giudice del rinvio è demandata, anche, la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione relativa alle spese processuali e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 12 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2020

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