Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18345 del 04/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 04/09/2020, (ud. 12/06/2020, dep. 04/09/2020), n.18345

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27234-2018 proposto da:

M.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

PAOLO GIANNINI;

– ricorrente –

contro

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI CROTONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 591/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 17/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA

PONTERIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza n. 591 pubblicata il 17.5.2018, in parziale accoglimento dell’appello di M.R. e in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato l’Amministrazione provinciale di Crotone al pagamento in favore del predetto dipendente di un’ulteriore somma, a titolo di risarcimento del danno, pari a 1/5 dello stipendio percepito da aprile 2007 ad ottobre 2010, oltre accessori di legge; ha confermato la sentenza del Tribunale nella parte in cui aveva accertato la dequalificazione professionale del M. in ragione della totale inattività in cui lo stesso era stato costretto da settembre 2005 fino a marzo 2007 e condannato l’amministrazione datoriale al risarcimento del danno biologico (liquidato in relazione ad una menomazione dell’integrità psicofisica del 10%, in base alle tabelle del Tribunale di Milano, con una personalizzazione del 25% comprensiva del danno esistenziale) e al pagamento di 1/5 dello stipendio mensile percepito da settembre 2005 a marzo 2007 a titolo di risarcimento danno alla professionalità; ha confermato le statuizioni di rigetto delle ulteriori domande proposte dal lavoratore (pagamento di somme non corrisposte a causa della disapplicazione di fonti normative e contrattuali relative alla posizione giuridica ed economica rivestita, risarcimento del danno per ritardo nell’espletamento della procedura per il riconoscimento dell’equo indennizzo da causa di servizio, pagamento dei buoni pasto);

2. la Corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha ritenuto che si fosse formato il giudicato interno sulla nullità della domanda di condanna al pagamento di differenze retributive;

3. ha respinto la domanda di risarcimento del danno per ritardato espletamento della procedura per il riconoscimento dell’equo indennizzo rilevando che effettivamente il procedimento era iniziato con domanda del 3.12.96 nella vigenza del D.P.R. n. 349 del 1994 ma si era concluso, per inerzia dell’amministrazione, nella vigenza del nuovo regime dettato dal D.P.R. n. 461 del 2001; quest’ultimo aveva reso il parere del Comitato di verifica da obbligatorio non vincolante ad obbligatorio e vincolante; nel caso di specie, sebbene la Commissione medica avesse ravvisato la causa di servizio, il Comitato aveva espresso parere negativo vincolante per la Provincia; i giudici di appello hanno tuttavia sottolineato come anche nel precedente regime, in caso di difforme valutazione da parte della Commissione medica e del Comitato, l’ente aveva facoltà di scegliere se aderire all’uno o all’altro parere, sicchè l’esito favorevole presso la Commissione medica non costituiva garanzia di accoglimento della domanda di equo indennizzo;

4. quanto alla domanda di buoni pasto, la Corte d’appello ha ritenuto che non fosse dimostrato il presupposto, richiesto dal CCNL area dirigenti, della permanenza in ufficio nelle ore pomeridiane;

5. ha respinto le censure sulla percentuale di danno biologico in quanto espressione di generico dissenso diagnostico, e sul danno esistenziale perchè inglobato nella percentuale di personalizzazione;

6. avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione M.R., affidato a cinque motivi; l’Amministrazione provinciale di Crotone è rimasta intimata;

7. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

8. con il primo motivo di ricorso la difesa di M.R. ha censurato la sentenza d’appello quanto al parametro del risarcimento del danno professionale e al periodo in cui lo stesso è stato riconosciuto, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, nonchè per omessa puntuale verifica delle risultanze probatorie acquisite nel corso del primo grado di giudizio;

9. ha premesso come fossero stati dimostrati, documentalmente e per testimoni, l’elevato spessore professionale del dipendente e la lunga durata del demansionamento protrattosi da settembre 2005 ad ottobre 2010, elementi che avrebbero dovuto determinare una valutazione equitativa del danno in misura pari al 100% della retribuzione;

10. col secondo motivo la parte ricorrente ha censurato il rigetto della domanda risarcitoria del danno da ritardo nella procedura per l’equo indennizzo, per violazione e/o falsa applicazione di norme di legge, contraddittoria motivazione su un punto decisivo, omessa disamina di documentazione allegata dal ricorrente e di specifiche normative e obblighi della P.A.;

11. ha sostenuto come nel caso in esame fosse documentalmente dimostrata la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 2 bis, con conseguente obbligo risarcitorio dell’amministrazione per danno da ritardo nella conclusione del procedimento amministrativo, nel caso di specie disciplinato dal D.P.R. n. 349 del 1994, pur a fronte delle numerose sollecitazioni e diffide dell’interessato;

12. col terzo motivo di ricorso è impugnato il capo della sentenza sulla quantificazione del risarcimento del danno biologico per omessa valutazione di elementi probatori offerti all’esito della consulenza durante il giudizio di primo grado e ribaditi a supporto dell’appello;

13. il ricorrente ha denunciato l’omessa valutazione della relazione redatta dal C.T.P. e l’acritica adesione della Corte territoriale alle conclusioni del C.T.U.;

14. col quarto motivo il ricorrente ha censurato la sentenza d’appello laddove ha dichiarato nulla la domanda di erronea applicazione di fonti normative e contrattuali incidenti sulla retribuzione, deducendo omesso esame di appropriata documentazione in atti determinante ai fini di decidere; in particolare, si è riportato agli scritti difensivi di cui ai due gradi di merito ed ha specificato che la contrattazione collettiva applicabile, così come la sentenza n. 6606/2006 del Giudice del Lavoro di Crotone, fossero state allegate al fascicolo di parte ricorrente e richiamate nell’atto introduttivo del giudizio;

15. col quinto motivo la parte ricorrente ha impugnato il rigetto della domanda di buoni pasto denunciando l’omesso esame della documentazione prodotta in atti e il contrasto con la contrattazione collettiva di categoria;

16. il ricorso presenta plurimi profili di inammissibilità;

17. deve anzitutto rilevarsi come i motivi di ricorso siano formulati senza specifica indicazione di quale tra i vizi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, sia denunciato; il secondo motivo enuncia in modo promiscuo vizi di violazione di legge e vizi di motivazione, senza consentire di individuare il collegamento di tali enunciazioni con la sentenza impugnata e le argomentazioni che la sostengono, richiedendo un inesigibile intervento integrativo della Corte che, per giungere alla compiuta formulazione del motivo, dovrebbe individuare per ciascuna delle doglianze lo specifico vizio, di violazione di legge o di motivazione, abbinabile (Cass. n. 21611 del 2013);

18. i motivi che denunciano omessa e contraddittoria motivazione sono inammissibili; le Sezioni Unite di questa Corte (sentenze nn. 8053, 8054 del 2014), a seguito della modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, hanno inteso il vizio di motivazione come limitato alla violazione di legge, cioè, dell’art. 132 c.p.c., secondo quello che è stato definito il “minimo costituzionale” della motivazione, attinente all’esistenza della motivazione in sè; si è ulteriormente precisato che di “motivazione apparente” può parlarsi laddove essa non renda “percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talchè essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice” (Cass. S.U. n. 22232 del 2016); tali requisiti non ricorrono nella fattispecie in esame in cui è certamente percepibile il percorso motivazionale seguito dalla Corte territoriale;

19. parimenti inammissibili sono i vizi di omesso esame di atti e documenti e di erronea valutazione delle prove, e ciò per varie ragioni; anzitutto, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 5, in relazione alle statuizioni di primo grado confermate in appello; poi perchè non conformi allo schema legale del nuovo art. 360 c.p.c., n. 5 che limita il sindacato di legittimità all’omesso esame di un fatto storico decisivo, laddove nel caso di specie è denunciato l’omesso esame di una serie di elementi probatori; ancora, perchè le censure sono formulate senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione ed allegazione di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (nessuno degli atti e documenti richiamati è trascritto e neppure è indicata la sede processuale di produzione); infine, perchè le critiche investono, nella sostanza, il merito della controversia e la valutazione delle prove come eseguita dai giudici di merito, e non possono pertanto trovare ingresso in questa sede di legittimità;

20. il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;

21. non luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità atteso che l’Amministrazione provinciale di Crotone è rimasta intimata;

22. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 12 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2020

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