Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18344 del 04/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 04/09/2020, (ud. 12/06/2020, dep. 04/09/2020), n.18344

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3921-2018 proposto da:

D.A., M.M.C., S.P.,

elettivamente domiciliati in ROMA, SALITA DI SAN NICOLA DA TOLENTINO

1/B, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO NASO, rappresentati e

difesi dall’avvocato CRISTIANO DALLA TORRE;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, UFFICIO

SCOLASTICO REGIONALE PER IL VENETO, UFFICIO SCOLASTICO PROVINCIALE

DI TREVISO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 290/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 20/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/06/2020 dal Presidente Relatore Dott. ADRIANA

DORONZO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza pubblicata in data 20/7/2017, la Corte d’appello di Venezia ha accolto parzialmente l’appello proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza resa dal tribunale tra l’appellante e gli odierni ricorrenti ha rigettato la domanda proposta da questi ultimi e avente ad oggetto il risarcimento del danno derivante dalla illegittima reiterazione di contratti a tempo determinato stipulati con il Ministero. Ha invece confermato il capo della sentenza con cui sono state attribuite le differenze retributive conseguenti al riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata nei periodi effettivamente lavorati, come se il rapporto fosse sorto fin dall’inizio a tempo indeterminato.

2. A fondamento del decisum la Corte territoriale ha ritenuto che indipendentemente dalla individuazione dei singoli periodi in cui le parti appellate avevano svolto supplenze su posti in organico di diritto e/o di fatto – era assorbente il rilievo che essi, assunti in qualità di docenti per oltre un triennio, erano stati stabilizzati attraverso l’operare degli strumenti selettivi e concorsuali ovvero ai sensi della L. n. 107 del 2015, art. 1; che, in forza dei principi espressi da questa Corte nella sentenza n. 27563/2016 (punti 118-125), l’intervenuta stabilizzazione era idonea a sanzionare debitamente l’abuso e a cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’unione, e, quindi, a riparare tutti i danni riferibili all’illegittima reiterazione dei contratti a tempo determinato in difetto di specifiche allegazioni circa l’esistenza di danni ulteriori diversi rispetto a quelli riparati dall’immissione in ruolo.

3. Contro la sentenza i dipendenti hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi; il Ministero e gli uffici scolastici regionale e provinciale non hanno svolto attività difensiva.

La proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte ricorrente deduce “Violazione, falsa ed erronea applicazione delle norme di legge in tema di diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella sentenza della Corte di Cassazione Sez. Un. 5072/2016 in favore dei docenti e del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario in ipotesi di illegittima reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1, avveratisi a far data dal 10 luglio 2001.

– Violazione falsa ed erronea applicazione del “principio di equivalenza” e del principio di effettività della tutela”.

1.1.- Si contesta l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui

le stabilizzazioni intervenute in forza dello scorrimento delle

graduatorie (e non attraverso il cd. Piano straordinario di assunzioni di cui alla L. 13 luglio 2015, n. 107) costituiscono misura adeguata a sanzionare l’abusivo ricorso a una successione di contratti a termine del personale impiegato a vario titolo nella scuola; si sostiene che una siffatta conclusione contrasterebbe con i principi dettati dalla Di. 1999/70/CE e dalla stessa Corte Europea di Giustizia nella nota sentenza Mascolo, la quale, nel rilevare l’aleatorietà della misura della stabilizzazione, ne aveva evidenziata l’assenza di forza dissuasiva e di effettività.

2.- Il secondo motivo è incentrato “Sulla questione pregiudiziale Europea circa la conformità alla Dir. Europea 1999/70/CE dell’esclusione della misura risarcitoria/indennitaria per sanzionare l’abusiva reiterazione di contratti a tempo determinato in presenza dell’immissione in ruolo per effetto di scorrimento delle graduatorie”.

2.1.- Si chiede a questa Corte, nel caso di conferma delle statuizioni impugnate, la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte di giustizia Europea perchè si pronunci sulla questione indicata in epigrafe, e in particolare sulla violazione della clausola 5, punto 1, come interpretata dalla Corte di giustizia Europea nella sentenza Mascolo.

3.- Con il terzo motivo, parte ricorrente deduce la “Illegittimità costituzionale dell’esclusione della misura risarcitoria/indennitaria per sanzionare l’abusiva reiterazione di contratti a tempo determinato in presenza dell’immissione in ruolo per effetto di scorrimento delle graduatorie: ai sensi dell’art. 3 Cost. (principio di eguaglianza), ai sensi dell’art. 117 Cost., comma 1, in relazione alla Clausola 5, punto 1, dell’Accordo Quadro allegato alla Dir. Europea 1999/70/CE, (principio di equivalenza – principio di effettività), ai sensi dell’art. 117 Cost., comma 1, in relazione all’art. 6 Carta Europea dei diritti dell’Uomo, par. 1”.

3.1.- Il motivo censura la normativa scolastica nazionale rispetto ai principi costituzionali richiamati in rubrica, in base al rilievo che la stabilizzazione dei lavoratori a tempo determinato nel settore scolastico avviene per il futuro, senza alcuna eventuale tutela risarcitoria del danno subito dal lavoratore prima della sua immissione nei ruoli amministrativi.

4.1.- Questa Corte, con sentenza pubblicata in data 12/2/2020, n. 3474, ha accolto il ricorso presentato dal Ministero richiamando i principi già enunciati nelle sentenze n. 22553/2016 e 22556/2016, nonchè nella sentenza n. 27563/2016 qui integralmente condivisi e ai quali si rinvia anche ai sensi dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. Ha poi riesaminato i riflessi sul quadro normativo e giurisprudenziale della sentenza della Corte di Giustizia dell’8 maggio 2019, nella Causa C- 494/17 – Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – MIUR contro R.F. e Conservatorio di Musica F.A. Bonporti (di seguito solo R.), ritenendo che essi non conducono ad una diversa soluzione rispetto ai precedenti citati.

4.2.- Ed invero, nella sentenza citata, la Corte di giustizia ha così statuito: “La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, allegato alla Dir. 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale che, così come applicata dagli organi giurisdizionali supremi, esclude – per docenti del settore pubblico che hanno beneficiato della trasformazione del loro rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con un effetto retroattivo limitato – qualsiasi diritto al risarcimento pecuniario in ragione dell’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato, allorchè una siffatta trasformazione non è nè incerta, nè imprevedibile, nè aleatoria e la limitazione del riconoscimento dell’anzianità maturata in forza della suddetta successione di contratti di lavoro a tempo determinato costituisce una misura proporzionata per sanzionare tale abuso, circostanze che spetta al giudice del rinvio verificare”.

4.3. – Nel pervenire al suo dictum, la Corte di Giustizia non ha mancato di rilevare il diverso contesto normativo esistente all’epoca della sentenza Mascolo (Mascolo e a., C- 22/2013, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, nonchè delle sentenze Santoro, C-494/16, Sciotto C331/2017, Fiammingo e a, C-362/13, C-363/13 e C-407/13), sottolineando (p. 30), che, nel quadro anteriore alla L. 13 luglio 2015, n. 107, la normativa nazionale non conteneva alcuna sanzione di carattere sufficientemente energico e dissuasivo idoneo a garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione dell’accordo quadro; in particolare, ha evidenziato che in quel contesto “l’unica possibilità per i docenti di cui trattavasi in quella causa di ottenere la trasformazione del loro rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dipendeva dalla loro immissione in ruolo, ottenuta in ragione del loro avanzamento nella graduatoria permanente e, pertanto, da circostanze che dovevano essere ritenute aleatorie ed imprevedibili, essendo determinate dalla durata complessiva dei contratti di lavoro a tempo determinato nonchè dai posti che erano nel frattempo divenuti vacanti”; in altri termini, il termine di immissione in ruolo dei docenti “era tanto variabile quanto incerto”” (p. 31).

4.4.- Per contro, nell’attuale assetto normativo: “il legislatore nazionale, al fine di garantire la transizione verso un nuovo sistema comportante misure destinate a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato, ha adottato un piano straordinario di assunzioni che prevede la trasformazione, nel corso dell’anno scolastico 2015/2016, di tutti i rapporti di lavoro a tempo determinato con docenti “precari”, attraverso il progressivo e definitivo esaurimento delle graduatorie e degli elenchi dai quali l’amministrazione attingeva per l’assunzione di docenti a tempo determinato”; accanto a questo piano straordinario di assunzione ha previsto, “in parallelo, e fino al loro esaurimento, i procedimenti di immissione in ruolo in corso per i docenti che si trovavano già inseriti in cima alle graduatorie….La L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 95, prevede, a tal riguardo, che il piano straordinario di assunzioni è attuato per la copertura di tutti i posti (…) rimasti vacanti e disponibili all’esito delle operazioni di immissione in ruolo effettuate per il medesimo anno scolastico ai sensi dell’art. 399 del (D.Lgs. n. 297 del 1994), vale a dire le immissioni in ruolo sulla base dell’avanzamento nella graduatoria permanente”.

4.5.- La Corte di Giustizia ha quindi affermato (p. 34-36) che “contrariamente alla situazione dei docenti di cui trattavasi nella causa decisa con la suddetta sentenza” (Mascolo, ndr) nel caso ” R.”, sottoposto al suo giudizio, “la trasformazione del rapporto di lavoro non era incerta e non aveva carattere imprevedibile e aleatorio, dato che era stata resa obbligatoria dalla L. n. 107 del 2015”.

4.6. La Corte di Giustizia, con riguardo all’assenza di risarcimento nel caso di trasformazione del rapporto di lavoro, ha ribadito (punto 38) che gli Stati membri dispongono di un ampio margine di discrezionalità nella scelta delle misure atte a realizzare gli obiettivi della loro politica sociale e che (p. 39) “come emerge dalla clausola 5, punto 2, dell’accordo quadro, gli Stati membri hanno la facoltà, nell’ambito delle misure volte a prevenire il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, di trasformare i rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, dato che la stabilità dell’impiego derivante da questi ultimi costituisce l’elemento portante della tutela dei lavoratori”.

4.7. Essa ha anche ricordato (p. 40) che “una normativa recante una norma imperativa ai sensi della quale, in caso di ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato, questi ultimi sono trasformati in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, è tale da costituire una misura che sanziona in modo efficace un abuso di questo tipo e, quindi, da soddisfare i criteri ricordati ai punti 27 e 28 della presente sentenza”.

4.8.- Inoltre, in linea di continuità con la sua giurisprudenza, ha ribadito (punto 41) che “La giurisprudenza non richiede, tuttavia, un cumulo di misure” e che (p. 42) “nè il principio del risarcimento integrale del danno subito nè il principio di proporzionalità impongono il versamento di danni punitivi”. Tanto sul rilievo (p. 43) che “tali principi impongono agli Stati membri di prevedere un’adeguata riparazione, che deve andare oltre il risarcimento puramente simbolico, senza tuttavia oltrepassare la compensazione integrale”.

4.9. Ha, quindi, concluso che (p.45) “l’accordo quadro non impone agli Stati membri di prevedere, in caso di ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato, un diritto al risarcimento del danno che si aggiunga alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato”.

4.10. Infine, con riguardo alla doglianza relativa alla disparità di trattamento rispetto ai lavoratori che hanno ottenuto una condanna del loro datore di lavoro a causa del ricorso abusivo a contratti a tempo determinato prima dell’entrata in vigore della L. n. 107 del 2015 e che avrebbero potuto, in forza della normativa anteriore, cumulare un risarcimento e il beneficio di un’assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato, la Corte di Giustizia ha osservato (punto 44) che “la disparità di trattamento tra due categorie di lavoratori a tempo determinato risultante da una riforma della normativa applicabile non rientra nell’ambito del principio di non discriminazione sancito alla clausola 4 dell’accordo quadro (v. sentenza del 21novembre 2018, Viejobueno Ib&iez e de la Vara Gonzalez, C-245/17, EU:C:2018:934, punti 50 e 51)”.

5.- A fronte del pronunciamento della Corte di Giustizia nella sentenza R., possono tenersi fermi i principi già espressi da questa Corte (punto 84 della sentenza di questa Corte n. 22552 del 2016) secondo cui l’immissione in ruolo scelta dal legislatore italiano del 2015 rappresenta una delle misure alternative, idonee a sanzionare e a cancellare l’illecito comunitario, individuate dalla Corte di Giustizia, che si è compendiato nella indebita reiterazione da parte della P.A. datrice di lavoro di contratti a tempo determinato.

5.1. Vanno altresì richiamate le considerazioni svolte da questa Corte nella più volte richiamata sentenza n. 22552 del 2016 sul rilievo da attribuire (p. 79), con riguardo alle posizioni coinvolte nella disciplina del nuovo regime, “alle disposizioni transitorie contenute nella L. 107 del 2015, art. 1, comma 95, che hanno autorizzato il MIUR, per l’anno 2015/2016, ad attuare un piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente per le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, per la copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, rimasti vacanti e disponibili all’esito delle immissioni in ruolo effettuate per il medesimo anno scolastico ai sensi del T.U. di cui al D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 399, al termine delle quali sono soppresse le graduatorie dei concorsi per titoli ed esami banditi anteriormente al 2012” e alla circostanza che (punto n. 80) “la legge in esame, comma 97, stabilisce che si tratta di un concorso “riservato” ai soggetti iscritti, alla data di entrata in vigore della legge, (a) nelle graduatorie del concorso pubblico per titoli ed esami a posti e cattedre bandito con decreto direttoriale del Miur n. 82/2012 e (b) nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente di cui alla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 605, lett. c), e successive modificazioni (la disposizione è conforme all’art. 97, comma 4, u.p., ex multis, Corte Cost., sentenze nn. 134/2014; 217/2012; 89/2003; 320/1997; 205/1996, dianzi richiamate)”.

5.2.- Nella stessa sentenza di questa Corte n. 22552 del 2016 (pp. nn. 81 e 82) è stato altresì precisato che la strada satisfattiva della immissione in ruolo, con previsione rigorosa dei tempi, costituisce ad un tempo una sanzione e, dal punto di vista del beneficiario, una riparazione “in linea di principio la più ragionevole e soddisfacente tanto per lo Stato che vede assicurata la indispensabile provvista di docenti stabili – quanto per il richiedente, in quanto gli attribuisce il bene della vita, la cui certezza di acquisizione era stata lesa dalla condotta inadempiente realizzata dalla Amministrazione”, aggiungendosi (p. n. 83) che la stabilizzazione è “ben più satisfattiva di quella per equivalente che sarebbe spettata al personale scolastico assunto con una serie ripetuta e non consentita di contratti a termine sulla scorta del “diritto vivente” costituito dai principi affermati dalle SSUU di questa Corte nella sentenza n. 5072/2016…” ed ai quali la sentenza n. 22552/2016 ha dato continuità.

5.3.- Il principio va ribadito anche nel caso in cui l’immissione in ruolo sia stata effettuata sulla base del sistema di avanzamento reso possibile dalle previgenti regole sul reclutamento rispetta i principi di equivalenza ed effettività (p. n. 85 della sentenza n. 22552 del 2016) poichè “il soggetto leso dall’abusivo ricorso ai contratti a termine ha, comunque, ottenuto, per il (tardivo, imprevedibile nè atteso) funzionamento del sistema di reiterate assunzioni, il medesimo “bene della vita” per il riconoscimento del quale ha agito in giudizio: ed in tal guisa l’abuso perpetrato e l’illecito commessi sono stati, rispettivamente, oggettivamente represso e tendenzialmente riparato”.

5.4.- Con riguardo alla evidenziata repressione dell’abuso e dell’illecito vanno richiamate, ancora una volta le considerazioni già svolte da questa Corte nella sentenza n. 22552 del 2016 (p. n. 26) sulla definitiva perdita di efficacia per entrambe le categorie di personale (docente e ATA), delle graduatorie ad esaurimento effettivamente esaurite (L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 105), sulla cadenza triennale dei concorsi, da indire su base regionale tenendo conto del fabbisogno espresso dalle istituzioni scolastiche nel piano dell’offerta formativa, sulla efficacia egualmente triennale delle graduatorie concorsuali (L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 113), sulla previsione (L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 131) di un limite alla reiterazione delle supplenze, che a decorrere dal 10 settembre 2016 non possono superare la durata complessiva di trentasei mesi, anche non continuativi, con la precisazione, quanto alla disposizione contenuta nella L. n. 107 del 2015, richiamato art. 1, comma 131, che il D.L. 12 luglio 2018, n. 87, art. 4-bis, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2018, n. 96, che ne ha previsto l’abrogazione, non è applicabile “ratione temporis” alla fattispecie oggi in esame”.

5.5.- L’equivalenza e l’effettività dell’immissione in ruolo ottenuta secondo il sistema di avanzamento previsto dalle previgenti regole di reclutamento ovvero in forza del piano straordinario di assunzioni è stato, d’altra parte, riconosciuto anche dalla sentenza della Corte di Giustizia nella sentenza R. (pp. nn. 34-37).

6.- In definitiva, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ex art. 360 bis c.p.c., n. 1, avendo la Corte territoriale deciso la questione in diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame dei motivi non induce ad un suo mutamento.

Non deve adottarsi alcun provvedimento sulle spese, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva.

La parte ricorrente è comunque tenuta al versamento dell’ulteriore importo pari al contributo unificato se dovuto.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 12 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2020

 

 

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