Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18342 del 09/07/2019

Cassazione civile sez. III, 09/07/2019, (ud. 21/05/2019, dep. 09/07/2019), n.18342

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3905-2018 proposto da:

R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO D’ITALIA,

19, presso lo studio dell’avvocato BARBARA SANTESE, rappresentato e

difeso dall’avvocato LUCA CICCARELLI;

– ricorrente –

contro

G.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2813/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 21/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/05/2019 dal Consigliere Dott. MARILENA GORGONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

R.A. ricorre per la cassazione della sentenza n. 2813/2017 della Corte D’appello di Milano, n. 2813/2017, pubblicata il 21/06/2017, formulando tre motivi.

Nessuna attività difensiva è svolta da G.C..

Il Tribunale di Lodi, adito dall’odierno ricorrente perchè fosse dichiarata la risoluzione del contratto d’opera stipulato con G.C. e perchè quest’ultimo fosse condannato al risarcimento dei danni subiti, rigettava la domanda attorea: riteneva che difettasse la prova che al convenuto, progettista e direttore dei lavori, fosse stato conferito l’incarico in relazione alle opere rivelatesi abusive, che la prova testimoniale non fosse concludente perchè troppo generica, che le prestazioni indicate negli avvisi di parcella non contenessero indicazioni circa gli interventi rilevatisi abusivi, che non fosse stato dimostrato il danno lamentato.

L’odierno ricorrente asseriva che il professionista, progettista e direttore dei lavori, aveva omesso, a sua insaputa, di presentare al Sindaco e al Responsabile del Servizio Settore edilizia privata, la relazione tecnica illustrativa degli interventi da realizzare su sua commissione: relazione che egli aveva ricevuto in copia, in occasione della sottoscrizione della DIA, e che conteneva l’elenco delle singole opere oggetto dell’intervento di manutenzione straordinaria; lamentava, inoltre, che il convenuto neppure in seguito, avvedutosi dell’errore, avesse presentato una variante.

La mancanza di tale relazione, l’unica in cui venivano descritti tutti i lavori da realizzare, anche quelli rivelatisi abusivi, aveva determinato, ad avviso del ricorrente, l’adozione dell’ordinanza di demolizione e la sua iscrizione nel registro degli indagati per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. b. G.C., dunque, in quanto non solo progettista, ma anche direttore dei lavori, avrebbe dovuto essere considerato responsabile per avere eseguito delle opere sanzionate come abusive e, per l’effetto, non solo non avrebbe avuto diritto di percepire l’onorario pattuito, ma sarebbe stato tenuto a restituire quanto ricevuto, a corrispondergli il danno all’immagine, gli importi pagati per la realizzazione delle opere e a rifonderlo delle spese di lite e di tutti gli esborsi per sanzioni, multe, spese di rimessione in pristino, difesa in sede penale.

La Corte d’Appello di Milano, investita del gravame dall’odierno ricorrente, confermava la decisione di prime cure, ritenendo che l’ordinanza comunale di demolizione desse atto che, durante il sopralluogo del responsabile comunale, la formazione del bagno e del portico e la copertura del passaggio pedonale risultavano riconducibili a nuova costruzione realizzata in assenza di permesso di costruire. La planimetria allegata alla Dia, infatti, non menzionava gli interventi rivelatisi abusivi e il lamentato inadempimento del professionista G. non trovava riscontro nel confronto tra l’elenco delle opere redatto da questi e quelle contestate dalla PA.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 1218 c.c., del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 22, 23 e 29, degli artt. 1173 e 1375 c.c., art. 1176 c.c., comma 2, artt. 2222,2226,2229-2230 e 2236 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1453 e 2697 c.c., per avere la Corte territoriale disatteso il principio di cui alla sentenza n. 13533 del 30/10/2001, mandando esente da responsabilità G.C., inadempiente rispetto all’obbligo di assicurare la conformità del progetto e dei lavori in variante alla normativa edilizia primaria e secondaria, sebbene egli non avesse fornito la prova liberatoria di cui all’art. 1218 c.c..

3.Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione: il fatto omesso è costituito dalla condotta posta in essere dal professionista che, avendo anche il ruolo di direttore dei lavori, avrebbe dovuto informare anche in corso d’opera il committente della difformità tra capitolato e Dia e tra lavori da eseguirsi e Dia, rappresentando la necessità di presentare una variante.

4. I motivi possono essere esaminati congiuntamente, in ragione della loro innegabile connessione.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello si sono limitati ad escludere la responsabilità del professionista sull’assunto che non fosse provato che gli fosse stato conferito l’incarico di eseguire proprio ed anche le opere risultate abusive.

Non hanno, tuttavia, tenuto conto del fatto che – non risultando escluso che dette opere siano state realizzate sotto la sua direzione – egli non poteva sottrarsi alle domande formulate dal committente, se non provando di aver stipulato con lui un contratto contra legem al fine di perpetrare un abuso edilizio che, al netto delle implicazioni estranee all’odierna vicenda, avrebbe precluso all’istante di lamentarsi delle conseguenze di un comportamento conforme a quanto, sia pure illecitamente, convenuto.

Nei rapporti interni, provato il conferimento dell’incarico di progettare e dirigere i lavori edilizi, con individuazione dell’impresa costruttrice e con assunzione dell’incarico di provvedere agli adempimenti urbanistici ed edilizi, è da ritenere che, quand’anche i lavori rivelatisi abusivi non fossero stati da lui progettati (in questo senso deve intendersi che non rientravano nell’incarico conferito), G.C., in quanto anche direttore dei lavori, avesse un obbligo di controllo e di verifica, il quale oltre ad un controllo dinamico, continuativo, di accertamento per gradi e tappe intermedie della effettiva concretizzazione e specificazione di quanto programmato e, quindi, dovuto, comprendeva anche un obbligo di controllo e di verifica, per così dire, statico e retrospettivo di comparazione tra l’opera da realizzare, quella oggetto del programma negoziale e da lui stesso progettata, e quella che in concreto veniva realizzata (Cass. 05/10/2018, n. 24555), la quale, oltre che difforme rispetto a quella da lui stesso progettata, risultava anche priva dei necessari titoli autorizzatori.

Il cumulo dell’incarico di progettista dei lavori e di direttore degli stessi fa sì che egli debba rispondere nei confronti del committente della conformità del progetto alla normativa urbanistica, della individuazione in termini corretti della procedura amministrativa da utilizzare, così da assicurare l’acquisizione del permesso di costruire e la realizzazione di quanto commissionato in conformità con la normativa edilizia.

La giurisprudenza di questa Corte ritiene, in particolare, che la scelta del titolo autorizzativo all’esecuzione di opere, in relazione al tipo di intervento edilizio progettato, rientri nelle competenze tecniche del professionista incaricato di progettare l’opus finanche nell’ipotesi un accordo illecito fra le parti per porre in essere un abuso edilizio (Cass. 21/05/2012, n. 8014). Sicchè la incompletezza della istruttoria della pratica amministrativa o l’erronea individuazione del titolo autorizzatorio, avendo carattere strumentale e preliminare rispetto all’esecuzione dell’opera su cui G.C., in quanto direttore dei lavori, aveva uno specifico ed ulteriore obbligo di controllo e di verifica, non possono ricadere sul committente che, in quanto profano, neppure avrebbe avuto gli strumenti per percepire l’errore.

La Corte di merito si è limitata a respingere le censure, ribadendo le argomentazioni del giudice di prime cure sul difetto di prova che gli interventi abusivi fossero stati commissionati al professionista, omettendo di considerare che essi erano stati realizzati dalla ditta appaltatrice, sotto la direzione di G.C., il quale, dunque, non poteva non assumersi la responsabilità della lacunosa od erronea istruttoria della pratica amministrativa, preliminare e strumentale alla loro realizzazione, e/o (ipotizzando che i lavori eseguiti non fossero quelli da lui progettati) della responsabilità di non aver rilevato la difformità tra l’opera progettata e quella eseguita e il difetto di titoli autorizzatori relativi a quest’ultima.

Anche il difetto di argomentazioni della Corte territoriale sul motivo di appello con cui il ricorrente lamentava la violazione da parte del professionista delle obbligazioni ex lege su di lui gravanti in quanto progettista e direttore dei lavori per avere realizzato un’opera sprovvista di permesso di costruire, senza informarne il cliente e senza provvedere a correggere l’errore, giustifica l’accoglimento del ricorso.

5. Il ricorso merita, dunque, accoglimento.

6. La sentenza viene cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della Terza Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2019

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