Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18338 del 09/07/2019

Cassazione civile sez. III, 09/07/2019, (ud. 21/05/2019, dep. 09/07/2019), n.18338

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20569-2017 proposto da:

S.P.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

ANGELICO 101, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO BAURO,

rappresentato e difeso dall’avvocato CARLO FERRACANE;

– ricorrente –

contro

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE N (OMISSIS), M.D.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1070/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 31/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/05/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

Fatto

RITENUTO

che:

1. S.P.V., medico chirurgo in servizio presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale (OMISSIS), ricorre, affidandosi a quattro motivi, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Palermo che, riformando la pronuncia di rigetto del Tribunale di Marsala, aveva accolto la domanda di risarcimento danni avanzata da M.D., nei confronti suoi e della AUSL n (OMISSIS) di Trapani, per la negligente esecuzione della sutura di una ferita lacero contusa sul viso provocata da una caduta accidentale dalla quale erano derivati pessimi esiti cicatriziali, con danno estetico e residuata invalidità permanente.

2. Gli intimati non si sono difesi.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il primo ed il quarto motivo devono essere congiuntamente esaminati, essendo strettamente connessi: entrambi, pur sotto differenti aspetti, sono riferiti alla critica della CTU rinnovata nel giudizio d’appello.

1.1. Con la prima censura, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c..

1.2. Lamenta che la Corte territoriale aveva violato i principi sottesi al prudente apprezzamento delle prove, fondando la statuizione di condanna sul presupposto che egli non avesse provveduto alla disinfezione della ferita ed al trattamento di essa in modo adeguato: si duole del fatto che la decisione era basata soltanto sulle risultanze della CTU medico legale rinnovata in grado d’appello le quali contrastavano con quanto era stato riferito sulla specifica circostanza dal teste escusso che aveva affermato che la sutura era stata eseguita da tutto il personale medico e paramedico in modo conforme ai protocolli sanitari.

1.3. Assume, inoltre, che la CTU di primo grado sulla quale era fondata la pronuncia di rigetto delle avverse pretese (riformata dalla Corte territoriale) non era stata contestata, ragione per cui dovevano ritenersi inammissibili le relative censure e la richiesta di nuovo accertamento.

1.4. Il motivo è infondato.

Deve premettersi che non sussiste alcun onere di contestazione preventivo della parte, con riferimento alla valutazione svolta dal consulente tecnico d’ufficio, al fine di ottenere il rinnovo dell’accertamento tecnico in grado d’appello.

1.5. Questa Corte ha avuto modo di chiarire che “la consulenza tecnica di ufficio, non essendo qualificabile come mezzo di prova in senso proprio, perchè volta ad aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni necessitanti specifiche conoscenze, è sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito. Questi può affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente), ed in tal caso è necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e che il giudice ritenga che l’accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche” (cfr. Cass. 6155/2009; Cass. 3717/2019); ed è stato, al riguardo, affermato che l’onere di contestazione per la parte attiene alle circostanze di fatto e non anche alla loro componente valutativa svolta dall’ausiliare del giudice (cfr. Cass. 30744/2017),

1.6. La Corte territoriale, pertanto, si è attenuta pienamente ai principi di legittimità sopra richiamati in punto di valutazione delle prove, avendo ritenuto insoddisfacenti le conclusioni del primo CTU ed avendo richiesto sulla base dell’incompleto referto del Pronto Soccorso – non idoneo a raggiungere un pieno convincimento rispetto alle modalità con le quali venne eseguito l’intervento medico di sutura – un nuovo accertamento peritale, che non era certamente precluso.

1.5. La censura, pertanto – riferita alla violazione dell’art. 116 c.p.c. sulla valutazione delle prove che, salvo le ipotesi di “prova legale”, deve essere fondata su un apprezzamento prudente (cfr., al riguardo, Cass. 27000/2016; Cass. 1229/2019) – deve ritenersi infondata.

1.6. Alla stessa conclusione deve giungersi in relazione al quarto motivo con il quale, prendendo le mosse dalle medesime argomentazioni, il ricorrente si duole, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 della violazione e falsa applicazione degli artt. 61 e 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c.: assume, lamentando l’inosservanza della ripartizione degli oneri probatori, che la C.TU era stata usata “in supplenza” delle carenze della controparte che non aveva fornito nessun elemento di prova concreto sul quale si potessero fondare le avverse accuse di negligenza. Pacifico, per quanto sopra già argomentato, che la CTU non è un mezzo di prova, la Corte che ha dato conto della documentazione prodotta dalla parte onerata (cartella clinica ed ecografia del 27.4.2001: cfr. pag. 5, penultimo cpv e 6 primo cpv. della sentenza impugnata) ha legittimamente rinnovato l’accertamento peritale al fine di raggiungere una valutazione delle prove acquisite utile a superare i dubbi prospettati dall’appellante rispetto alle conclusioni, non convincenti, fornite dal primo CTU: il percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale risulta – rispetto ai rilievi sollevati – congruo, logico ed al di sopra della sufficienza costituzionale, ragione per cui deve ritenersi infondata anche la censura indirizzata verso il vizio di omessa ed apparente motivazione (cfr. pag. 10, terzo cpv. del ricorso).

2. Con il secondo ed il terzo motivo – da esaminarsi congiuntamente – il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio: assume che la motivazione della sentenza era fondata su principi logici meramente apparenti in quanto, trattandosi di una responsabilità omissiva era necessario che l’accertamento fosse fondato su un giudizio contro fattuale (come postulato dai noti principi affermati in Cass. pen. SUU 30328/2002) che la Corte territoriale aveva omesso.

2.1 Lamenta, altresì, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p., assumendo che il ragionamento sul quale si fondava la ricostruzione del nesso di causalità era parziale.

2.2. Entrambi i motivi, intrinsecamente connessi sotto il profilo logico, sono inammissibili.

Infatti, la censura riferita all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, postula che il ricorrente indichi il “fatto storico” di cui sarebbe stata omessa la valutazione.

2.3. Nel caso in esame manca del tutto tale riferimento ed il ricorrente prospetta questioni di merito con le quali contrappone la propria tesi difensiva all’argomentato percorso logico della sentenza impugnata (cfr. pag. 5 e 6), con ciò mascherando la richiesta di una nuova valutazione di merito della controversia, non consentita in questa sede.

3. Argomenti sovrapponibili sono stati spesi nel terzo motivo con il quale, ugualmente, vengono prospettate questioni di fatto di cui si chiede, inammissibilmente, una rivalutazione.

4. In conclusione il ricorso deve essere rigettato.

5. Nulla sulle spese, vista la mancata difesa delle parti intimate.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Si dispone l’oscuramento dei dati personali, ai sensi del REG UE 679/2016 e D.Lgs. n. 101 del 2018.

P.Q.M.

La Corte,

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Si dispone l’oscuramento dei dati personali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione terza civile, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2019

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