Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18337 del 06/08/2010

Cassazione civile sez. III, 06/08/2010, (ud. 16/04/2010, dep. 06/08/2010), n.18337

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.M. (OMISSIS), B.T.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA G.

MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato DI GIOIA GIOVANNI, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BONELLI SANDRO giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

M.P. (OMISSIS), MA.PA.

(OMISSIS), M.M.A. (OMISSIS),

considerati domiciliati in Roma, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati MELILLO MATTEO,

PIARULLI SAVERIO giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 594/2006 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

emessa il 18/1/2006, depositata il 21/03/2006, R.G.N. 2972/A/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/04/2010 dai Consigliere Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO;

udito l’Avvocato GIOVANNI DI GIOIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo e che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con contratto in data 4.1.92, V.O., dante causa di M.P., Ma.Pa. e M.M. A., concedeva in affitto a B.M. un’azienda per l’esercizio di un albergo – ristorante in (OMISSIS). Con atto notificato in data 5.5.94, il B. conveniva innanzi al Tribunale di Pistoia la V. chiedendo la riduzione, ex art. 1578 c.c., del canone dell’affitto dell’azienda in conseguenza della sopravvenuta impossibilità, a seguito di ordinanza n. 59/94 del sindaco di Montecatini Terme, di adibire all’attività alberghiera quattro camere per non conformità dell’altezza dei locali agli standards stabiliti, ed il risarcimento danni.

Costituitasi la convenuta che, in via riconvenzionale, chiedeva dichiararsi risolto il contratto per inadempimento dell’affittuario in virtù di clausola risolutiva espressa, con condanna dell’attore, in solido con B.T., quale garante dell’esatto adempimento delle obbligazioni nascenti dal contratto, alla corresponsione dei canoni scaduti alla data di scioglimento ed al pagamento dell’indennità di occupazione fino alla restituzione dell’azienda, avvenuta il 18.12.2000 all’esito di un separato processo per la riconsegna dell’azienda.

Disposto il mutamento del rito, eseguito accertamento tecnico ed espletate prove testimoniali, l’adito Tribunale, con sentenza n. 999/2003, in accoglimento della domanda riconvenzionale, dichiarava risolto il contratto di affitto in questione alla data del 2.6.1994 e condannava l’affittuario e il garante al pagamento dei canoni scaduti e dell’indennità per detenzione illegittima del bene, (somma determinata in Euro 1.727.03 mensili oltre Iva e interessi legali dalla scadenza delle singole mensilità al saldo).

A seguito dell’appello di B.M. (già legale rappresentante della trattoria-albergo (OMISSIS)) e B. T., costituitisi M.P., Ma.Pa. e M.M.A., eredi aventi causa dalla V., deceduta in data 16.5.2005, che a loro volta proponevano appello incidentale (avente ad oggetto la richiesta di sospensione del processo ex art. 295 c.p.c.. in attesa della decisione del giudice amministrativo sull’impugnativa per nullità dell’ordinanza sindacale n. 59/94), la Corte d’Appello di Firenze, con la decisione in esame n. 594, depositata in data 21.3.2006, rigettava entrambi i gravami e confermava quanto statuito in primo grado.

Ricorrono per cassazione B.M. e B.T. con quattro motivi, e relativi quesiti; resistono con controricorso i M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Come il primo motivo di ricorso si deduce “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza impugnata per aver confermato il quantum di riduzione del canone dell’affitto sulla base delle consulenze tecniche d’ufficio, ignorando i rilievi critici mossi dal consulente del B.M., errata quantificazione della riduzione del canone”.

Con il secondo motivo si deduce “violazione dell’art. 1578, comma 1 e 2, in quanto la V. non ha offerto prova di avere senza colpa ignorato i vizi dell’azienda concessa in affitto ed anche nel particolare profilo della rilevanza della conoscenza dei vizi da parte del B.M. per l’accoglimento della domanda risarcitoria; errata valutazione in ordine all’inadempimento della V.”.

Con il terzo motivo si deduce “violazione dell’art. 1460 c.c., che ha determinato l’errato accoglimento della domanda riconvenzionale della V. in ordine alla risoluzione del contratto in presenza dell’accoglimento della riduzione del canone del B.”.

Con il quarto ed ultimo motivo si deduce ancora violazione dell’art. 1460 c.c. “che ha determinato l’errato accoglimento della domanda riconvenzionale in ordine al pagamento dei canoni dell’affitto maturati e non pagati prima della risoluzione nonchè dell’indennità per occupazione illegittima dell’azienda”.

Il ricorso non merita accoglimento in relazione a tutte le suesposte censure.

Inammissibili sono i primi due motivi in quanto, pur deducendo difetto di motivazione e violazione dell’art. 1578 c.c., tendono ad un non consentito riesame di circostanze e dati di fatto (tra cui i rilievi critici alla consulenza d’ufficio, la quantificazione del canone, la circostanza della conoscenza dei vizi da parte di B.M.); tra l’altro, su tali punti, la Corte di merito ha ampiamente e logicamente motivato.

Infondati sono, poi, il terzo e il quarto motivo, da trattarsi congiuntamente in relazione alla dedotta violazione dell’art. 1460 c.c..

In proposito, già questa Corte (tra le altre, Cass. n 25278/2009) ha affermato che, allorquando il conduttore, all’atto della stipulazione del contratto di locazione, non abbia denunziato i difetti della cosa da lui conosciuti o facilmente riconoscibili, deve ritenersi che abbia implicitamente rinunziato a farli valere, accettando la cosa nello stato in cui risultava al momento della consegna, e non può, pertanto, chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del canone, nè il risarcimento del danno o l’esatto adempimento, nè avvalersi dell’eccezione di cui all’art. 1460 cod. civ., dal momento che non si può escludere che il conduttore ritenga di realizzare i suoi interessi assumendosi il rischio economico dell’eventuale riduzione dell’uso pattuito ovvero accollandosi l’onere delle spese necessarie per adeguare l’immobile locato all’uso convenuto, in cambio di un canone inferiore rispetto a quello richiesto in condizioni di perfetta idoneità del bene al predetto uso.

Del resto, la Corte di Firenze, in linea con detto principio, ha statuito che “va immediatamente confermata l’assenza dei presupposti dell’eccezione di inadempimento. L’eccezione è un rimedio spettante alla parte contrattuale nei confronti della controparte inadempiente, e precisamente della parte che non adempie o non offre di eseguire la propria prestazione. Già si è visto come l’accoglimento della domanda principale di riduzione del canone non presupponga, contrariamente a quanto sostenuto dagli appellanti, l’inadempimento della locatrice ma sia frutto della garanzia per i vizi della cosa produttiva affittata … come ben posto in evidenza dal Tribunale, il B. ha chiestola riduzione del canone di affitto, manifestando con ciò il proprio perdurante interesse alla conservazione del contratto, sia pure a condizioni diverse …”.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese delle presente fase che liquida in complessivi Euro 1.700,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre spese generali ed accessorie come per legge.

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2010

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