Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18334 del 07/09/2011

Cassazione civile sez. lav., 07/09/2011, (ud. 12/07/2011, dep. 07/09/2011), n.18334

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 10993/2010 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 88, presso lo studio dell’avvocato CALLEA ANDREA,

rappresentato e difeso dall’avvocato CALLEA Angelo Francesco, giusta

procura alle liti a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO DI BONIFICA DELLA PIANA DI SIBARI E DELLA MEDIA VALLE DEL

CRATI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 432/2009 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO

del 2.4.09, depositata il 30/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO IANNIELLO.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PIETRO

GAETA.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La causa è stata chiamata alla odierna adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380-bis c.p.c.:

“Con ricorso notificato il 17 aprile 2010, S.M. chiede, con tre motivi, la cassazione della sentenza depositata in data 30 aprile 2009, con la quale la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la decisione del giudice di primo grado di rigetto delle sue domande nei confronti del datore di lavoro Consorzio di bonifica della piana di Sibari e della media valle del Crati, di riconoscimento della superiore categoria di quadro, valutando le mansioni descritte dal ricorrente di progettista e direttore dei lavori non riconducibili alla declaratoria contrattuale della categoria rivendicata.

I motivi di ricorso attengono a:

– la violazione della L. n. 190 del 1985, art. 2 e dell’art. 2 C.C.N.L. 17.4.2002 e il vizio di motivazione, sulla base dell’assunto, cui si riferisce anche il quesito finale, che le mansioni attribuite al ricorrente dal 2004 al 2005 di progettista e di direttore di lavori pubblici rientrano nella previsione dell’art. 2, commi 1 e 2 del C.C.N.L. relativi alla declaratoria della categoria quadri;

– la violazione dell’art. 64 C.C.N.L. del 2002, il quale stabilisce l’acquisizione della categoria di quadro dopo oltre tre mesi di esercizio delle corrispondenti mansioni e il vizio di motivazione, laddove la Corte territoriale aveva svalutato il dato della diretta dipendenza dello S. ad un dirigente;

– l’omesso esame del motivo di appello che richiamava la norma di cui all’art. 74 C.C.N.L., secondo la quale ai dipendenti con la qualifica di quadro spetta una indennità di funzione nella misura determinata dal contratto medesimo.

L’intimato Consorzio non si è costituito nel presente giudizio di cassazione.

Il procedimento, in quanto promosso con ricorso avverso una sentenza depositata successivamente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 e antecedentemente alla data di entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, è regolato dall’art. 360 c.p.c., e segg., con le modifiche e integrazioni apportate dal D.Lgs. citato.

Il ricorso è improcedibile e va pertanto trattato in Camera di consiglio.

A norma della L. 13 maggio 1985, n. 190, art. 2, comma 2, “i requisiti di appartenenza alla categoria dei quadri sono stabiliti dalla contrattazione collettiva nazionale o aziendale in relazione a ciascun ramo di produzione e alla particolare struttura organizzativa dell’impresa”.

Invocando tale norma, il ricorrente sostiene che le proprie mansioni di progettista e direttore dei lavori appaltati dal Consorzio sarebbero riconducibili alla declaratoria di quadro di cui all’art. 2 del C.C.N.L. del 17 aprile 2002, applicato al rapporto di lavoro e che pertanto i giudici dell’appello avrebbero erroneamente interpretato tale normativa contrattuale (oggi direttamente interpretata da questa Corte in sede di controllo di legittimità, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2 e art. 27, comma 2), escludendo il richiesto riconoscimento, nonostante l’accertamento dell’effettivo espletamento delle mansioni indicate.

In proposito, va peraltro ricordato che con pronunce recenti, le sezioni unite di questa Corte (cfr. Cass. S.U. nn. 7161/10 e 20075/10) hanno avuto modo di precisare che qualora il ricorso fondi su di una norma del contratto collettivo nazionale di lavoro di diritto comune, il ricorrente ha, a norma del combinato disposto dell’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 6 e art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4, l’onere di riprodurne il contenuto, di indicare in quale atto o fascicolo del processo sia rinvenibile e di produrre copia integrale del contratto collettivo invocato; pena la inammissibilità o l’improcedibilità del ricorso o del motivo relativo.

Nel caso di specie, non avendo il ricorrente indicato in quale parte degli atti di causa sia rinvenibile l’intero contratto collettivo nazionale di lavoro invocato, il primo motivo di ricorso va giudicato improcedibile.

Resta assorbito l’esame sia del profilo di censura del primo motivo relativo ad un preteso vizio di motivazione, in quanto anch’esso attinente alla interpretazione della norma contrattuale (arg., in via di principio, dall’art. 384 cod. proc. civ., u.c.), sia degli ulteriori motivi di ricorso, logicamente subordinati all’accoglimento del primo (salvo, forse, la censura relativa alla sottovalutazione della dipendenza diretta del ricorrente da un dirigente, che peraltro fonda in maniera inammissibile su di una mera diversa valutazione delle medesime risultanze istruttorie, senza una reale censura di fraintendimento o di illogicità manifesta della motivazione della sentenza impugnata)”.

E’ seguita la rituale comunicazione e notifica della suddetta relazione, unitamente all’avviso della data della presente udienza in camera di consiglio.

Il ricorrente ha infine depositato una memoria, con la quale deduce che nel ricorso avrebbe in primo luogo affermato la violazione della L. 13 maggio 1985, n. 190, art. 2, a cui la contrattazione collettiva deve attenersi, ma che il relatore non avrebbe esaminato il relativo tema.

Il Collegio condivide il contenuto della relazione, che la memoria del ricorrente non appare in grado di mettere in discussione, in particolare in ragione del fatto che la dedotta censura di violazione della L. n. 190 del 1985, non era associata al un quesito di diritto, richiesto a pena di inammissibilità del relativo motivo dall’art. 366-bis c.p.c., applicabile ratione temporis al ricorso in e-same.

Il ricorso va pertanto dichiarato improcedibile; nulla per le spese del Consorzio, che non ha svolto difese in questa sede.

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2011

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