Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18332 del 31/07/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 18332 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: LANZILLO RAFFAELLA

SENTENZA
sul ricorso 3049-2008 proposto da:
PIAZZA ERMENEGILDO PZZRNG43T12A028S, nella qualità di
erede di FINOCCHIARO MARIA, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA PIETRO DELLA VALLE 2, presso lo studio
dell’avvocato BALDASSARINI DESIDERIO, rappresentato e
difeso dall’avvocato DI STEFANO BRUNO giusta delega in
atti;
– ricorrente contro

ALBERGO CAMPIELLO DI BIANCHINI NICOLETTA E MONICA
S.N.C. 01802980274, in persona delle Sig.re NICOLETTA

Data pubblicazione: 31/07/2013

e MONICA BIANCHINI quali socie amministratrici,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARNABA
TORTOLINI 13, presso lo studio dell’avvocato VERINO
MARIO ETTORE, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato VISCONTI MAURIZIO giusta delega in atti;

avverso la sentenza n. 457/2007 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 18/04/2007, R.G.N.
1247/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/05/2013 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA
LANZILLO;
udito l’Avvocato MARIO ETTORE VERINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso;

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– controricorrente –

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 24 giugno 1986, Maria
Finocchiaro ha convenuto davanti al Tribunale di Venezia la
s.a.s.

Pensione Campiello di Bianchini Nicoletta & C.,

chiedendone la condanna al risarcimento dei danni per le lesioni

Pensione, che assumeva essere pericolosa per la mancanza di un
corrimano,

in

corrispondenza

del

muro

adiacente.

La convenuta ha resistito alla domanda, che il Tribunale ha
accolto, quantificando i danni in oltre lire 121 milioni.
Proposto appello dalla società soccombente, si è costituito in
luogo della Finocchiaro, deceduta nel frattempo, il suo erede,
Ermenegildo Piazza.
Nel contraddittorio con l’appellata la Corte di appello di
Venezia, in riforma della sentenza di primo grado, ha
integralmente rigettato la domanda attrice, con la motivazione
che la mancanza del corrimano non aveva influito sulla
sicurezza della scala,
solida

e

“data la presenza sull’altro lato di una

comoda

balaustra”.

4. Proposto ricorso per cassazione da Ermenegildo Piazza, con
sentenza 30 luglio 2002 n. 11268 la Corte di cassazione ha
annullato la sentenza di appello, con rinvio alla Corte di
Venezia, enunciando il seguente principio di diritto:

“nella

gestione di un albergo il titolare deve adottare tutte le misure
idonee a rendere innocuo l’uso di una scala di collegamento tra
i vari piani, vigilando costantemente la cosa non in forme
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riportate a seguito di una caduta sulla scala interna della

generali, ma tenendo conto della possibile inesperienza,
immaturità o diminuita abilità delle persone che sono costrette
ad usare le scale in uso nell’albergo”.
Con la sentenza impugnata in questa sede – depositata il 18
aprile 2007 – la Corte di rinvio ha respinto la domanda attrice.

illustrati da memoria.
Resiste l’intimata con controricorso.
Motivi della decisione

1.- La Corte di appello ha rilevato che la scala presenta
caratteristiche di assoluta normalità, per quanto riguarda
l’ampiezza della pedata ed il livello di alzata; che il CTU
l’ha ritenuta non conforme alle disposizioni di legge antiincendio, ma che tali disposizioni sono irrilevanti nel caso in
esame; che la Finocchiaro, all’epoca ultrasessantenne, aveva
affrontato la discesa dalla scala con modalità imprevedibili per
la loro sconsideratezza, cioè indossando scarpe con il tacco
alto, recando sul volto una maschera di carnevale, che limitava
la visibilità, e con entrambe le mani impegnate l’una dalla
borsa e l’altra dalla sigaretta, donde l’impossibilità di
avvalersi dell’appoggio al manocorrente della balaustra della
scala.
Sulla base di tali rilievi ha escluso che il gestore
dell’albergo potesse adottare una qualche misura per prevenire
od evitare il rischio di caduta.

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Il Piazza propone due motivi di ricorso per cassazione,

2.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli
art. 384 e 394 cod. proc. civ., assumendo che la Corte di rinvio
non si è attenuta al principio di diritto enunciato dalla Corte
di cassazione,

poiché non ha accertato se il gestore

dell’albergo avesse vigilato, in relazione alla possibile

Assume che presupposto della decisione della Corte di cassazione
è la convinzione che la scala fosse pericolosa e che a tale
premessa la Corte di appello si doveva attenere.
Con il secondo motivo denuncia violazione degli art. 2043 e 2051
cod.

civ.,

nonché

omessa,

insufficiente,

contraddittoria

motivazione, nella parte in cui la Corte di appello ha escluso
la pericolosità della scala e la responsabilità dell’albergo.
Con il terzo motivo denuncia violazione degli art. 115-116 cod.
Q’.

proc. civ., omessa/insufficiente motivazione nella valutazione
delle prove, sul rilievo che la Corte non ha tenuto conto delle
dichiarazioni rese dal figlio e dalla nuora dell’infortunata,
sentiti come testimoni, i quali hanno dichiarato che essa
indossava una tuta e scarpe con il tacco basso.

3.-

I tre motivi sono inammissibili sia ai sensi dell’art.

366bis cod. proc. civ., per l’inidonea formulazione dei quesiti
di diritto e per la mancanza di ogni quesito in ordine alle
censure di vizio di motivazione; sia ai sensi dell’art. 360 cod.
proc. civ., poiché sollecitano il riesame nel merito degli

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inesperienza, immaturità o diminuita abilità degli utenti.

accertamenti in fatto e della valutazione delle prove ad opera
della Corte di appello.
3.1.- Va premesso, quanto al primo motivo, che il principio
enunciato dalla Corte di cassazione imponeva alla Corte di
rinvio di

il dovere di vigilanza dell’albergatore fosse stato

correttamente esercitato, anche in relazione ad eventuali
comportamenti imprudenti o immaturi degli ospiti.
La Corte di cassazione non ha emesso alcun giudizio, né ha dato
atto di alcunché, quanto all’asserita pericolosità della scala.
Ha solo demandato al giudice di rinvio una più ampia motivazione
circa i presupposti del giudizio di responsabilità, specificando
che l’eventuale non pericolosità della scala, o la sua
conformità alle prescrizioni delle leggi e della tecnica
costruttiva, non esoneravano l’albergatore dall’obbligo di
vigilare sul relativo uso, in considerazione di peculiari
condizioni di inesperienza, immaturità o inabilità di taluno
degli ospiti.
A tale compito la Corte di appello ha adempiuto, con motivazione
che non appare suscettibile di censura, considerato che il

ricorrente non ha dimostrato né che la conformazione della scala
fosse pericolosa;

né che l’infortunata rientrasse fra i

soggetti particolarmente “vulnerabili”, in relazione ai quali
l’albergatore avrebbe dovuto prestare particolare vigilanza.
La denunciata violazione dei principi enunciati dalla Corte di
cassazione non trova quindi fondamento alcuno.
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luoghi

valutare se – tenuto conto della situazione dei

3.2.

Va soggiunto che i quesiti formulati in relazione ad

ognuno dei motivi sono generici e astratti, e tutti danno per
dimostrato ciò che sarebbe da dimostrare:

“Se il giudice del

rinvio poteva riesaminare, rielaborare in senso contrario i
fatti già accertati e non attenersi al principio di diritto
(quesito sul primo motivo).

“Se le previsioni degli art. 2043 e 2051 c.c. possono escludere,
con la provata insussistenza del caso fortuito, l’applicabilità
del principio di responsabilità ed 11 risarcimento del danno…”
(quesito sul secondo motivo).
“Se l’omesso esame della prova su un punto decisivo della
controversia, costituendo errore di fatto e vizio del
ragionamento giustifichi il vizio di motivazione…”

(quesito sul

terzo motivo).
I quesiti non fanno che sintetizzare le conclusioni a cui il
ricorrente vorrebbe che la Corte di cassazione pervenisse. Ma
nulla esprimono quanto ai principi di diritto che si assumono
erroneamente affermati ed alle ragioni per cui la motivazione
sarebbe insufficiente o contraddittoria.
Si ricorda che il quesito di diritto deve contenere una sintesi
logico giuridica della questione, sì da consentire al giudice di
regula iuris

legittimità di enunciare una

suscettibile di

applicazione anche in casi ulteriori, rispetto a quello deciso
dalla sentenza impugnata.
Esso deve sintetizzare, in particolare:

a)

l’esposizione degli

elementi di fatto sottoposti al giudice di merito e da questo
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enunciato dalla Corte di cassazione”

ritenuti per veri,

mancando,

altrimenti,

la critica di

pertinenza alla ratio decidendi della sentenza impugnata);

b)

la sintetica indicazione della regola di diritto applicata da
quel giudice;

c)

la diversa regola di diritto che – ad avviso

del ricorrente – si sarebbe dovuta applicare.

carattere generico e astratto, priva di qualunque indicazione
sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla
fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta
utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente. Né è
consentito desumere il quesito dal contenuto del motivo o
integrare il primo con il secondo, se non a prezzo della
sostanziale abrogazione della norma (cfr., fra le tante, Cass.
Civ. S.U. 5 gennaio 2007 n. 36 e 11 marzo 2008 n. 6420; Cass.
Civ. Sez. III, 30 settembre 2008 n. 24339 e 9 maggio 2008 n.
11535; Cass. Civ. Sez. 3, 14 marzo 2013 n. 6549.
Quanto ai vizi di motivazione, il ricorrente

è tenuto ad

indicare chiaramente, in modo sintetico, evidente ed autonomo in uno specifico passaggio del ricorso a ciò destinato – il
fatto controverso rispetto al quale la motivazione si assume
omessa o contraddittoria, così come le ragioni per le quali la
dedotta insufficienza della motivazione
giustificare la decisione

la rende inidonea a

(Cass. civ. Sez. Un. 1 0 ottobre 2007

n. 20603 e 18 giugno 2008 n. 16258; Cass. Civ. Sez. 3, 4
febbraio 2008 n. 2652; Cass. Civ. Sez. III, 7 aprile 2008 n.
8897, n. 4646/2008 e n. 4719/2008, fra le tante).
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Il quesito – quindi – non deve risolversi in una enunciazione di

Tale requisito non si può ritenere rispettato quando solo la
completa lettura dell’illustrazione del motivo – all’esito di
una interpretazione svolta dal lettore, anziché su indicazione
della parte ricorrente – consenta di comprendere il contenuto e
il significato delle censure

n. 4309/2008 e n. 4311/2008 e da ultimo

14 marzo 2013 n. 6549).
4.-

Il quarto motivo, che censura la condanna alle spese,

risulta assorbito, considerato che il ricorrente è risultato
interamente soccombente.
5.- Il ricorso deve essere respinto.
6.- Le spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo,
seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione,
liquidate complessivamente in E 2.700,00, di cui C 200,00 per
esborsi ed C 2.500,00 per compensi; oltre agli accessori
previdenziali e fiscali di legge.
Così dec so in Roma, il 23 maggio 2013
L’E

e s r e

Il

luglio 2007 n. 16002,

(Cass. civ., Sez. III, ord. 16

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