Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18331 del 09/07/2019

Cassazione civile sez. III, 09/07/2019, (ud. 30/04/2019, dep. 09/07/2019), n.18331

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 17634 del ruolo generale dell’anno

2014, proposto da:

W.M.C. S.r.l., (P.I.: (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, R.M. rappresentata e difesa,

giusta procura in calce al ricorso, dagli avvocati Cataldo Giosuè

(C.F.: GSICLD 67D13 E987R) e Daniele Micheletta Tità (C.F.: MCH DLS

78C21 E445U);

– ricorrente –

nei confronti di:

F.LLI M. S.p.A., (P.I.: (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, M.L. rappresentata e difesa,

giusta procura a margine del controricorso, dagli avvocati Luca

Emilio Fiore (C.F.: FRI LML 61H14 E379P) e Francesco Vanzetta (C.F.:

VNZ FNC 42T05 H501B);

– controricorrente –

per la cassazione dell’ordinanza del Tribunale di Ivrea n. depositata

in data 31 maggio 2014 nel procedimento iscritto al n. 1897

dell’anno 2013 del R.G.;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data

30 aprile 2019 dal consigliere Augusto Tatangelo;

udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore

generale Dott. SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento

del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La WMC S.r.l. ha proposto opposizione – nelle forme del procedimento sommario di cognizione di cui all’art. 702 bis c.p.c. e ss., – avverso il precetto di pagamento dell’importo di Euro 23.328,29 intimatole dalla F.lli M. S.p.A. sulla base di un decreto ingiuntivo divenuto definitivo per mancata opposizione.

L’opposizione è stata qualificata come opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., dal Tribunale di Ivrea, e dichiarata inammissibile (in quanto ritenuta incompatibile con la struttura del procedimento sommario di cognizione).

Ricorre WMC S.r.l., sulla base di un unico motivo.

Resiste con controricorso la F.lli M. S.p.A..

Il ricorso è stato inizialmente trattato in adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., avendo il relatore formulato proposta di inammissibilità dello stesso. E’ stata successivamente disposta la sua trattazione in pubblica udienza, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., u.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo del ricorso si denunzia “violazione dell’art. 615 C.D.C. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”.

Secondo la società ricorrente, la propria domanda avrebbe dovuto essere qualificata come opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., e non come opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c.. Sarebbe di conseguenza erronea la decisione impugnata, che ha dichiarato inammissibile la suddetta domanda esclusivamente in ragione dell’incompatibilità strutturale del giudizio di opposizione agli atti esecutivi con il procedimento sommario di cognizione.

Il ricorso è ammissibile e fondato.

2. Assume evidentemente rilievo pregiudiziale la questione dell’ammissibilità.

Viene proposto ricorso straordinario per cassazione avverso una decisione assunta in primo grado dal Tribunale di Ivrea, con la quale è stata dichiarata l’inammissibilità di una domanda (qualificata in termini di opposizione agli atti esecutivi) proposta nelle forme del rito sommario di cognizione, con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di lite.

2.1 L’art. 702 ter c.p.c., comma 2, prevede espressamente che le domande proposte con il rito sommario non rientranti tra quelle indicate dall’art. 702 bis c.p.c., quelle cioè in cui il tribunale non giudica in composizione monocratica, siano dichiarate inammissibili con ordinanza non impugnabile (al contrario, l’art. 702 ter c.p.c., comma 3, prevede il solo mutamento del rito, da sommario ad ordinario, laddove le difese svolte dalle parti richiedano un’istruzione non sommaria).

Secondo un orientamento interpretativo, cui evidentemente ha aderito il Tribunale di Ivrea, sebbene l’art. 702 bis c.p.c., comma 1, sembri consentire il ricorso al procedimento sommario di cognizione in via generale per tutte le “cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica” (senza esclusioni di alcun genere), vi sarebbero alcune fattispecie di “incompatibilità strutturale dell’oggetto della domanda con il rito sommario di cognizione”. Tra queste ultime rientrerebbe l’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 c.p.c., in quanto, trattandosi di giudizio in unico grado, non sarebbe possibile la “riespansione” in grado di appello dei poteri istruttori delle parti, compressi nel corso dell’istruzione sommaria, ai sensi dell’art. 702 quater c.p.c..

Il Tribunale di Ivrea, qualificata la domanda proposta come opposizione agli atti esecutivi, l’ha in effetti dichiarata inammissibile con ordinanza che ha definito il giudizio, sebbene nell’opposizione agli atti esecutivi il tribunale giudichi in composizione monocratica.

Ha cioè di fatto applicato l’art. 702 ter c.p.c., comma 2, oltre la previsione letterale della disposizione (limitata al caso delle controversie a decisione necessariamente collegiale), anche alla diversa ipotesi della ritenuta “incompatibilità strutturale dell’oggetto della domanda con il rito sommario di cognizione”.

Al fine di stabilire se in relazione a tale provvedimento sia ammissibile il ricorso per cassazione, si pongono quindi due distinte questioni: a) se l’ordinanza che dichiara l’inammissibilità della domanda, di cui all’art. 702 ter c.p.c., comma 2, espressamente dichiarata dalla legge “non impugnabile”, sia comunque suscettibile di ricorso straordinario per cassazione; b) se la fattispecie ritenuta sussistente dal giudice del merito rientra effettivamente nell’ambito di applicazione dell’art. 702 ter c.p.c., comma 2.

La seconda delle due questioni è logicamente preliminare e risulta assorbente, per le ragioni che si esporranno.

2.2 E’ opportuno premettere che nei confronti dell’ordinanza dichiarativa dell’inammissibilità della domanda, in ipotesi in cui il tribunale avrebbe dovuto giudicare in composizione collegiale, ai sensi dall’art. 702 ter c.p.c., comma 2, è stato ritenuto inammissibile anche il ricorso straordinario per cassazione (Cass., Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 15860 del 25/06/2013), sul presupposto che “la declaratoria di inammissibilità del procedimento sommario di cognizione ex art. 702 ter c.p.c., comma 2, ha natura meramente processuale, non impedisce alla parte interessata di riproporre la domanda nelle forme ordinarie e non modifica in alcun modo la situazione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio” (nel caso di specie non risulta se fosse stato anche adottato provvedimento sulle spese di lite e comunque non era stata avanzata in merito alcuna censura).

E’ peraltro lecito dubitare della compatibilità di una soluzione del genere con i principi costituzionali di cui agli artt. 3,24 e 111 Cost., sia nelle ipotesi in cui la dichiarazione di inammissibilità della domanda proposta con il rito sommario non consenta la sua riproposizione nelle forme ordinarie, sia in relazione al capo della decisione relativo alle spese del procedimento sommario eventualmente liquidate dal tribunale ai sensi dell’art. 702 ter c.p.c., comma 7.

Ed è appena il caso di sottolineare che la dichiarazione di inammissibilità di una opposizione esecutiva in quanto proposta con il rito sommario di cognizione, di regola, impedisce la riproposizione dell’opposizione anche nelle forme ordinarie, facendo perdere gli effetti sostanziali e processuali derivanti dall’originario atto introduttivo e pregiudicando irrimediabilmente i diritti sostanziali della parte. Ciò accade per l’opposizione agli atti esecutivi anteriore all’inizio dell’esecuzione, per la quale è previsto un brevissimo termine di decadenza, ma anche per tutte le ipotesi di instaurazione del giudizio di merito a cognizione piena nelle opposizioni esecutive di qualunque tipo, successive all’inizio dell’esecuzione, da effettuarsi nei ristretti termini perentori previsti dagli artt. 616,618 e 619 c.p.c.. In altre ipotesi, tale dichiarazione può impedire alla parte di ottenere gli effetti ordinariamente conseguenti alla tempestiva proposizione dell’opposizione ed al suo accoglimento (il che è a dirsi, ad esempio, in relazione ai differenti effetti conseguibili dalla parte opponente in caso di proposizione di tali opposizioni anteriormente o successivamente all’inizio dell’esecuzione).

Inoltre, la decisione in ordine alle spese del procedimento sommario (prevista dall’art. 702 ter c.p.c., comma 7), in caso di dichiarazione di inammissibilità della domanda, certamente costituisce una decisione definitiva sui diritti delle parti. Tale decisione non potrebbe essere rivista nel corso dell’eventuale successivo giudizio di merito proposto nelle forme del rito ordinario di cognizione, non potendosi quest’ultimo configurare come una prosecuzione dell’originario procedimento sommario, ma costituendo un giudizio del tutto nuovo. Nè pare ipotizzabile analoga censura in sede di opposizione all’esecuzione instaurata dal resistente vittorioso per il recupero dell’importo liquidato a titolo di spese del procedimento sommario, in quanto le questioni relative al “merito” del titolo di formazione giudiziaria (ivi inclusi i cd. “vizi di costruzione” di esso) non possono essere fatte valere in sede di opposizione all’esecuzione, laddove è consentita esclusivamente la deduzione di fatti sopravvenuti al titolo stesso.

Le considerazioni che precedono potrebbero indurre (se non a dubitare della legittimità costituzionale della disposizione) quanto meno a ritenere ammissibile il ricorso straordinario per cassazione avverso l’ordinanza dichiarativa dell’inammissibilità della domanda proposta con il rito sommario, ai sensi dell’art. 702 ter c.p.c., comma 2, nei casi in cui la riproposizione della medesima domanda nelle forme ordinarie non sia possibile o non sia idonea a garantire alla parte le medesime utilità di quella originaria, e/o limitatamente al capo relativo alle spese del procedimento sommario.

Se così fosse, il presente ricorso sarebbe certamente ammissibile, anche a prescindere dalla correttezza dello strumento processuale utilizzato dal tribunale per risolvere la questione di ammissibilità del rito prescelto dalla parte.

In realtà, ritiene la Corte che la sua ammissibilità discenda da un diverso e più radicale ordine di considerazioni.

2.3 Una ricostruzione sistematica delle norme che disciplinano il rito sommario di cognizione ed una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 702 bis c.p.c. e ss., conduce in effetti a ritenere che, per le cause in relazione alle quali è prevista la decisione del tribunale in composizione monocratica, laddove il giudice adito ritenga inammissibile il rito sommario, non debba affatto pronunciare l’inammissibilità della domanda, ai sensi dell’art. 702 ter c.p.c., comma 2, con ordinanza non impugnabile, ma limitarsi a disporre il mutamento del rito ai sensi dell’art. 702 ter c.p.c., comma 3.

In primo luogo si può osservare, in linea generale, che una mera questione di rito, in mancanza di diversa espressa previsione normativa, non può mai condurre alla dichiarazione di inammissibilità della domanda, ma impone esclusivamente l’applicazione del rito corretto (previa sua conversione), onde pervenire ad una pronunzia di merito.

D’altra parte, l’ipotesi (non regolata espressamente dall’art. 702 ter c.p.c., comma 2) in cui il giudice adito con il rito sommario ritenga necessario lo svolgimento del rito ordinario (per la necessità di una istruzione non sommaria) è prevista dall’art. 702 ter c.p.c., comma 3, disposizione che impone il mutamento del rito, da sommario ad ordinario, con la pronuncia di una ordinanza non impugnabile di fissazione dell’udienza di cui all’art. 183 c.p.c., che garantisce la salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda e la possibilità di pervenire comunque alla decisione sul merito della controversia. Orbene, l’ipotesi di ritenuta incompatibilità del rito con l’oggetto della domanda costituisce fattispecie più direttamente riconducibile (o quanto meno equiparabile) a quella prevista dall’art. 702 ter c.p.c., comma 3, che non a quella regolata dal comma precedente della medesima norma. Si tratta in effetti di una ipotesi in cui non è ritenuta possibile la trattazione della causa con il rito sommario in ragione dell’oggetto del processo, non compatibile con l’istruzione sommaria, non già in ragione della composizione del giudice, come prevede l’art. 702 ter c.p.c., comma 2.

La dichiarazione di inammissibilità della domanda, in una ipotesi del genere, non sarebbe neanche coerente con i principi generali costantemente affermati da questa Corte in tema di possibile conversione dell’atto introduttivo avente forma non corrispondente a quella prevista per il rito applicabile. La domanda proposta con il ricorso di cui all’art. 702 bis c.p.c., anche laddove si ritenesse il suo oggetto non compatibile con il rito sommario, purchè comunque esso rientri tra quelli in cui il tribunale giudica nella composizione monocratica – avrebbe comunque tutti i requisiti per essere ritenuta un valido atto introduttivo del giudizio a cognizione ordinaria, con effetti quanto meno dal momento della notifica del ricorso. Anche sotto questo aspetto, dunque, non sembrerebbe esservi spazio (quanto meno al di fuori dell’unica ipotesi espressamente disciplinata dalla legge) per una definitiva dichiarazione di inammissibilità della domanda stessa, ma solo per un provvedimento di mutamento del rito.

I dubbi di costituzionalità relativi all’impossibilità di impugnare l’ordinanza di inammissibilità della domanda proposta con il rito sommario, almeno nei casi in cui ciò pregiudichi la sua utile riproposizione nelle forme ordinarie e per quanto attiene alle regolamentazione delle spese di lite, rafforzano evidentemente la conclusione appena indicata, quale interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina del rito sommario di cognizione.

La Corte ritiene in definitiva che, nell’ipotesi in cui il giudice monocratico di tribunale adito con il rito sommario ritenga sussistente (non la semplice competenza collegiale sull’oggetto della domanda, ma) una diversa causa di inammissibilità del rito, ivi inclusa quella derivante da una eventuale “incompatibilità strutturale dell’oggetto della domanda con il rito sommario di cognizione”, ipotesi quest’ultima non regolata direttamente da una disposizione espressa di legge, l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 702 bis c.p.c. e ss., imponga di escludere la possibilità di una dichiarazione di inammissibilità della domanda stessa con ordinanza non impugnabile, che chiuda definitivamente il processo, ai sensi dell’art. 702 ter c.p.c., comma 2, dovendosi invece ritenere consentita esclusivamente l’adozione dell’ordinanza di mutamento del rito di cui all’art. 702 ter c.p.c., comma 3, che fa salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda.

2.4 Conseguenza della ricostruzione che precede è che, laddove il tribunale, in una ipotesi in cui avrebbe dovuto disporre il semplice mutamento del rito, ai sensi dell’art. 702 ter c.p.c., comma 3, dichiari invece inammissibile la domanda (a decisione monocratica) proposta con il rito sommario, chiudendo erroneamente il processo davanti a sè, la decisione non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 702 ter c.p.c., comma 2, che prevede la non impugnabilità della relativa ordinanza, dovendo invece ritenersi ordinariamente impugnabile con l’appello, ai sensi dell’art. 702 quater c.p.c., (sostanzialmente in questo senso, cioè per l’ammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 702 quater c.p.c., in un caso in cui l’inammissibilità della domanda era stata affermata in ragione dell’incompatibilità del rito sommario di cognizione di cui all’art. 702 bis c.p.c. e ss., con il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo riguardante onorari di avvocato: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 24515 del 05/10/2018, Rv. 650653 01; per una ipotesi parzialmente diversa, in cui è stato peraltro del pari ritenuto ammissibile l’appello avverso l’ordinanza di inammissibilità della domanda proposta con il rito sommario di cognizione, pronunciata per motivi diversi da quelli espressamente previsti dall’art. 702 bis c.p.c., comma 2: Cass., Sez. 6 – 1, Sentenza n. 7258 del 27/03/2014, Rv. 630320 01).

Se peraltro si tratti di una causa in materia per la quale è escluso il doppio grado di giudizio e, quindi, non sia ammesso l’appello in virtù di una diversa e specifica disposizione di legge (come avviene appunto per l’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 c.p.c.), la decisione del tribunale sarà allora impugnabile secondo il mezzo previsto in ragione dell’oggetto del contendere (quindi, in caso di opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 c.p.c., con il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost.).

Deve in conclusione affermarsi il seguente principio di diritto: “al di fuori dei casi in cui il tribunale giudica in composizione collegiale, laddove il procedimento sommario di cognizione introdotto dalla parte sia ritenuto dal giudice inammissibile per ragioni diverse e, in particolare, in ragione di una ritenuta incompabilità del rito sommario con l’oggetto della domanda, deve essere disposto il mutamento del rito ai sensi dell’art. 702 ter c.p.c., comma 3, e non dichiarata l’inammissibilità della domanda ai sensi dell’art. 702 ter c.p.c., comma 2; in siffatte ipotesi, l’eventuale decisione di inammissibilità della domanda che definisca il processo, non rientrando tra quelle per cui è espressamente prevista dalla legge la dichiarazione di inammissibilità con ordinanza non impugnabile, è di conseguenza appellabile, ovvero, se sia adottata in materia per la quale è escluso il doppio grado di giudizio in virtù di una diversa e specifica disposizione di legge, come per il caso dell’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 c.p.c., essa è direttamente ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., o comunque censurabile con lo specifico mezzo di impugnazione specificamente previsto dalla legge”.

2.5 In base a quanto fin qui esposto, la decisione del Tribunale di Ivrea è certamente suscettibile di ricorso straordinario per cassazione, in base al cd. principio dell’apparenza, trattandosi di decisione relativa a domanda espressamente qualificata dal giudice adito come opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c. (domanda sulla quale il tribunale giudica in composizione monocratica) e in quanto tale dichiarata inammissibile in ragione della sua ritenuta incompatibilità “strutturale” con il rito sommario di cognizione.

Il ricorso straordinario è, in altri termini, in questo caso ammissibile in quanto unico mezzo di impugnazione per le decisioni definitive in tema di opposizione agli atti esecutivi, anche indipendentemente dalla soluzione che debba darsi alla questione della sua ammissibilità, in generale, avverso l’ordinanza che dichiari l’inammissibilità della domanda proposta con rito sommario per essere la causa soggetta alla decisione del tribunale in composizione collegiale, ai sensi dell’art. 702 ter c.p.c., comma 2.

3. Risolta positivamente la questione dell’ammissibilità del ricorso, esso può essere esaminato nel merito.

Come sostenuto dalla società ricorrente, l’opposizione da essa proposta andava certamente qualificata quale opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 1, e non quale opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., comma 1, come invece erroneamente ritenuto dal tribunale, avendo ad oggetto contestazioni attinenti al quantum dell’importo precettato (precisamente: al rimborso dell’IVA, al rimborso forfettario per spese generali nonchè al rimborso dei costi di notifica di un precedente precetto e dei conseguenti verbali di pignoramento, con richiesta finale di rideterminazione e accertamento dell’importo effettivamente dovuto al creditore intimante) e, quindi, allo stesso diritto di procedere ad esecuzione forzata per detti importi, non alla mera regolarità degli atti esecutivi.

La decisione impugnata non è dunque conforme a diritto.

Il tribunale, qualificata (erroneamente, per quanto appena esposto) l’opposizione come opposizione agli atti esecutivi, l’ha ritenuta inammissibile esclusivamente sulla base della ritenuta incompatibilità di detta tipologia di opposizione con la struttura del procedimento sommario di cognizione (secondo il tribunale, infatti, la decisione in materia di opposizione agli atti esecutivi non è appellabile, mentre dell’ordinanza che definisce il procedimento sommario di cognizione è espressamente prevista l’appellabilità).

Ma l’indicata incompatibilità di struttura – invero discussa con riguardo all’opposizione agli atti esecutivi – certamente non sussiste in relazione all’opposizione all’esecuzione, dal momento che la relativa decisione (anche in considerazione della data di proposizione della domanda) è certamente appellabile e non si pone alcun problema di eventuale compressione dei poteri istruttori delle parti.

Se, come già osservato, in base al principio dell’apparenza la sentenza del tribunale deve ritenersi correttamente censurata con il ricorso per cassazione, essendo stata (erroneamente) qualificata la domanda come opposizione agli atti esecutivi dal giudice a quo, l’erronea qualificazione va comunque corretta ai fini della decisione del merito. E, trattandosi di opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., non vi è dubbio che il procedimento sommario di cui all’art. 702 bis c.p.c. e ss., sia ammissibile.

La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio affinchè sia deciso il merito dell’opposizione proposta dalla società ricorrente, correttamente qualificata in termini di opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c..

4. Il ricorso è accolto.

La sentenza impugnata è cassata in relazione, con rinvio al Tribunale di Ivrea, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

– accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Ivrea, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 30 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2019

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