Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18328 del 31/07/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 18328 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: LANZILLO RAFFAELLA

SENTENZA

sul ricorso 24377-2007 proposto da:
CERCATO

PIERO

CRCPRI34R18A345R,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ELEONORA DUSE 35, presso lo
studio dell’avvocato PAPPALARDO FRANCESCO, che lo
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2013
1140

CASSA ITALIANA DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA DEI
GEOMETRI

LIBERI

persona del

PROFESSIONISTI

Presidente

Geom.

80032590582,

in

FAUSTO SAVOLDI,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA SALLUSTIO

1

Data pubblicazione: 31/07/2013

9, presso lo studio dell’avvocato PALERMO GIANFRANCO,
che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati
SCONOCCHIA BRUNO, CINELLI MAURIZIO giusta delega in
atti;
– controricorrente
4840/2006

D’APPELLO di ROMA, depositata

della CORTE

il 08/11/2006,

R.G.N.

5731/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

23/05/2013

dal Consigliere Dott.

RAFFAELLA LANZILLO;
udito l’Avvocato FRANCESCO PAPPALARDO;
udito l’Avvocato GIANFRANCO PALERMO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso;

2

avverso la sentenza n.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 28 luglio 1998 il geom.
Piero Cercato ha convenuto davanti al Tribunale di Roma la Cassa
– Italiana di Previdenza e Assistenza dei Geometri Liberi
Professionisti, chiedendone la condanna al risarcimento dei

dei geometri, facendo affidamento sul diritto di percepire la
pensione di anzianità a decorrere dal 1 ° gennaio 1998.
La convenuta ha resistito alla domanda, eccependo di essersi
uniformata ai mutati orientamenti legislativi e
giurisprudenziali.
Con sentenza n. 6090/2003 il Tribunale ha condannato la Cassa
Geometri a pagare al Cercato la somma di e 54.657,00, oltre
interessi, in risarcimento dei danni.
Proposto appello dalla soccombente, con sentenza 19 luglio – 8
novembre 2006 n. 4840 la Corte di appello di Roma, in riforma
della sentenza di primo grado, ha assolto l’appellante da ogni
domanda.
Il Cercato propone quattro motivi di ricorso per cassazione.
Resiste l’intimata con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione

l.- La Corte di appello ha motivato la sua decisione sul rilievo
che, nel disporre l’iscrizione del Cercato per gli anni 19621967 – la Cassa si è uniformata alla sentenza della Corte di
cassazione n. 7343/1993, e nel disporre successivamente la
3

danni, per averlo indotto a chiedere la cancellazione dall’albo

revoca dell’iscrizione, si è uniformata alla legge n. 335/1995,
nei tempi occorrenti ad accertarne la corretta interpretazione,
alla luce degli orientamenti del Ministero del lavoro e della
nuova giurisprudenza della Corte di cassazione, consolidatasi
solo dopo il 2000.

formulazione dei quesiti.
Nel primo motivo,

che denuncia omessa,

insufficiente o

contraddittoria motivazione k nella parte in cui la sentenza
impugnata ha ritenuto giustificato il comportamento della Cassa
Geometri, manca la formulazione di un momento di sintesi delle
censure ai sensi dell’art. 366bis ult. parte cod. proc. civ.
In base alla citata norma il ricorrente che denunci un vizio di
motivazione della sentenza impugnata è tenuto – a conclusione
del motivo – a sintetizzare le sue censure nel c.d.
fatto,

quesito di

cioè in una proposizione analoga al quesito di diritto

che indichi chiaramente, in modo sintetico, evidente ed
autonomo, il fatto controverso rispetto al quale la motivazione
si assume omessa o contraddittoria, così come le ragioni per le
quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende
inidonea a giustificare la decisione.

Tale requisito non si

può ritenere rispettato quando solo la completa lettura della
illustrazione del motivo – all’esito di una interpretazione
svolta dal lettore,
ricorrente

anziché su indicazione della parte

consenta di comprendere il contenuto e il

significato delle censure, posto che la
4

ratio

sottesa alla

2.- Il ricorso è inammissibile per la mancata, o inidonea,

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disposizione dell’art. 366-bis cod. proc. civ. è associata alle
esigenze deflattive del filtro di accesso alla Suprema Corte, la
quale deve essere posta in condizione di comprendere, dalla
lettura del solo

quesito di fatto,

quale sia l’errore commesso

dal giudice del merito (cfr., fra le tante, Cass. civ. Sez.

Civ. Sez. 3, 4 febbraio 2008 n. 2652;

Cass. Civ. Sez. III, 7

aprile 2008 n. 8897, n. 4646/2008 e n. 4719/2008;
Sez. 3,

Cass. civ.

14 marzo 2013 n. 6549).

3.- Il secondo motivo denuncia violazione “di norme di diritto
in riferimento alla legge n. 335/95”, sul rilievo che la Corte
di appello ha ritenuto giustificato il comportamento della Cassa
deducendo pretese incertezze interpretative circa
l’applicabilità dell’art. 3 n. 9 legge cit., a tutti gli enti
previdenziali, ivi incluse le Casse professionali, laddove il
testo normativo non lascia spazio ad alcuna incertezza.
3.1.- Il quesito formulato è inammissibile perché non congruente
con le ragioni della decisione né con la natura delle censure
proposte.
Esso è così formulato:

“Se il divieto di versamento dei

contributi prescritti di cui all’art. 3 n. 9 legge n. 335/95
vada applicato a qualsiasi forma di previdenza obbligatoria
(compresa la Cassa Geometri) _accertato che dove la legge non
distingue neppure all’interprete è dato distinguere”.
La Corte di appello non ha affermato il principio contrario a
quello indicato nel quesito. Non ha affermato, cioè, che la
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Un. 1 0 ottobre 2007 n. 20603 e 18 giugno 2008 n. 16258; Cass.

norma citata si applica solo ad alcuni enti. Ha ritenuto invece
che l’ambito di applicazione della norma fosse obiettivamente
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incerto e che per questa ragione n4—tr. verificata il ritardo

nella sua applicazione da parte della Cassa Geometri.
Le censure avrebbero dovuto essere prospettate ai sensi

della motivazione con cui la Corte di appello ha giustificato i
suoi dubbi interpretativi. Non sotto il profilo della violazione
di legge: violazione che non sussiste e che non ha ragione di
essere richiamata, con riferimento alla questione proposta.
4.- Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 1227 cod. civ.
e si conclude con il seguente quesito:

“Se la disposizione di

cui al secondo coma dell’art. 1227 c.c. implichi soltanto che
il danneggiato si comporti secondo l’ordinaria diligenza, ma non
già che si accolli notevoli spese”.
Il quesito è inammissibile perché generico, astratto e comunque
inidoneo a sintetizzare la questione giuridica sottoposta al
giudizio della Corte di cassazione.
Il quesito di diritto deve essere formulato in modo da
consentire al giudice di legittimità di enunciare una
iuris

regula

suscettibile di applicazione anche in casi ulteriori

rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata.
Esso deve cioè contenere:

a)

l’esposizione degli elementi di

fatto sottoposti all’esame del giudice di merito;

b)

la

sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel

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dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., sotto il profilo dei vizi

giudice;

c)

la diversa regola di diritto che – ad avviso del

ricorrente – si sarebbe dovuta applicare.
Il quesito – quindi – non deve risolversi in una enunciazione di
carattere generico e astratto, priva di qualunque indicazione
sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla

utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente.
Né è consentito desumere il quesito dal contenuto del motivo, o
integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale
abrogazione della norma dell’art. 366bis cod. proc. civ. (cfr.
da ultimo Cass. civ. Sez. 3, 14 marzo 2013 n. 6549 e precedenti
ivi cit.).
5.- Il quarto motivo – che denuncia violazione dell’art. 2043
cod. civ. quanto alla responsabilità per colpa degli enti
previdenziali – si conclude con il seguente quesito:

“Se anche

per gli enti previdenziali sia configurabile una responsabilità
per illecito civile ex art. 2043 c.c. essendo necessario
soltanto che il danneggiato fornisca la prova del dolo o della
colpa_e che sussiste il nesso causale tra fatto ed evento, come
avvenuto nel caso di specie”.
Il quesito è inammissibile perché non congruente con le ragioni
poste a fondamento della sentenza impugnata, che – pur
prospettando il dubbio sull’applicabilità dell’art. 2043 cod.
civ. agli enti previdenziali – non ha fondato la sua decisione
su questa argomentazione, bensì sul fatto che, nel caso deciso,

7

fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta

deve escludersi che sia addebitabile all’ente una qualunque
colpa o negligenza.
6.- Il ricorso non può che essere dichiarato inammissibile.
7.- Le spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo,
seguono la soccombenza.

La Corte di cassazione dichiara inammissibile il ricorso e
condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di
cassazione, liquidate complessivamente in C 3.500,00, di cui C
200,00 per spese ed C 3.500,00 per compensi; oltre agli
accessori previdenziali e fiscali di legge.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013
L’

P.Q.M.

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