Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18328 del 19/09/2016
Cassazione civile sez. VI, 19/09/2016, (ud. 24/06/2016, dep. 19/09/2016), n.18328
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 2797-2015 proposto da:
M.A., quale erede di M.F., elettivamente
domiciliata in Roma, via Crescenzio 41/A, presso l’Agenzia Esse di
M.S., rappresentato e difeso, per procura in calce al ricorso,
dagli Avvocati Cosimo Lovelli e Daniele Oliverio;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro
tempore;
– intimato –
avverso il decreto della Corte d’appello di Roma, depositato il 7
agosto 2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24
giugno 2016 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti;
udito l’Avvocato Federica Manzi, per delega dell’Avvocato Daniele
Oliviero.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che, con ricorso in riassunzione presso la Corte d’appello di Roma, Morta Angelina, in proprio e nella qualità di erede di M.F., chiedeva la condanna del Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento di un indennizzo per la irragionevole durata di un giudizio pensionistico svoltosi innanzi alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale della Campania, iniziato dal suo dante causa, dichiarato interrotto e da lei riassunto nella qualità di erede di M.F., deceduto il (OMISSIS); giudizio iniziato dal suo dante causa nel 1971 e definito nel 2007;
che l’adita Corte d’appello rigettava il ricorso rilevando, quanto alla domanda proposta a titolo ereditario, che la ricorrente si era limitata ad asserire che il giudizio era stato iniziato dal suo dante causa nel 1971, senza che di tale affermazione potesse desumersi alcun riscontro dalla sentenza della Corte dei conti intervenuta in quel giudizio, unici elementi rilevabili essendo quelli del decesso del dante causa avvenuto nel 1985 e della interruzione del giudizio presupposto nel luglio 2006; che, quanto alla domanda proposta in proprio, la Corte d’appello rilevava che la ricorrente aveva riassunto il giudizio, a seguito di interruzione, nel 2007 e cioè nello stesso anno in cui il giudizio stesso è stato deciso dalla Corte dei conti;
che per la cassazione di questo decreto propone ricorso M.A., quale erede di M.F., sulla base di un unico motivo;
che l’intimato Ministero non ha svolto difese.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione semplificata nella redazione della sentenza;
che con l’unico motivo di ricorso la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 5, dolendosi del fatto che la Corte d’appello abbia rigettato la domanda senza dare corso alla richiesta, tempestivamente formulata nel ricorso introduttivo, di acquisizione degli atti del giudizio presupposto;
che il ricorso è fondato;
che questa Corte ha infatti affermato il principio, che il Collegio condivide, per cui “in tema di equa riparazione, per la violazione del termine ragionevole di durata del processo, ove la parte si sia avvalsa della facoltà – prevista dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 3, comma 5, – di richiedere alla corte d’appello di disporre l’acquisizione degli atti del processo presupposto, il giudice non può addebitare alla mancata produzione documentale, da parte dell’istante, di quegli atti la causa del mancato accertamento della addotta violazione della ragionevole durata del processo; difatti la parte ha un onere di allegazione e di dimostrazione, che però riguarda la sua posizione nel processo, la data iniziale di questo, la data della sua definizione e gli eventuali gradi in cui si è articolato, mentre (in coerenza con il modello procedimentale, di cui all’art. 737 c.p.c. e ss., prescelto dal legislatore) spetta al giudice – sulla base dei dati suddetti, di quelli eventualmente addotti dalla parte resistente e di quelli acquisiti dagli atti del processo presupposto – verificare, in concreto e con riguardo alla singoli fattispecie, se vi sia stata violazione del termine ragionevole di durata, tenuto anche conto che nel modello processuale della L. n. 89 del 2001 sussiste un potere d’iniziativa del giudice, che gli impedisce di rigettare la domanda per eventuali carenze probatorie superabili con l’esercizio di tale potere” (Cass. n. 16367 del 2011; da ultimo, Cass. n. 5354 del 2016);
che la Corte d’appello, all’evidenza, si è discostata da tale principio, atteso che ha omesso di considerare che la ricorrente aveva adempiuto il proprio onere di allegazione riferendo i dati necessari ai fini della individuazione della domanda proposta dal suo dante causa, e richiedendo, come la normativa ratione temporis vigente consentiva, l’acquisizione di ufficio dei documenti relativi al procedimento presupposto;
che il ricorso va quindi accolto, con conseguente cassazione del decreto impugnato e con rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, perchè proceda a nuovo esame della domanda e perchè provveda alla regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte accoglie il ricorso; CaSSa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 24 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2016