Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18328 del 06/08/2010

Cassazione civile sez. un., 06/08/2010, (ud. 22/06/2010, dep. 06/08/2010), n.18328

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente di sezione –

Dott. DI NANNI Luigi Francesc – Presidente di sezione –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

E.ON PRODUZIONE S.P.A. (già ENDESA ITALIA S.P.A.) ((OMISSIS)),

in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MARZIO 3, presso lo studio

dell’avvocato IZZO RAFFAELE, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MARRAMA CHIARA, per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.T.I. 3 UMBRIA (già AATO UMBRIA 3), in persona del Presidente pro-

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI 3, presso

lo studio dell’avvocato MARIANI MARCO, che la rappresenta e difende,

per delega a margine del controricorso;

REGIONE UMBRIA ((OMISSIS)), in persona del Presidente della Giunta

Regionale pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIA

CRISTINA 8, presso lo studio dell’avvocato GOBBI GOFFREDO,

rappresentata e difesa dagli avvocati TARANTINI GIOVANNI, MANUALI

PAOLA, per delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

PROVINCIA DI PERUGIA, AUTORITA’ DI AMBITO TERRITORIALE OTTIMALE UMBRA

1, AUTORITA’ DI AMBITO TERRITORIALE OTTIMALE UMBRIA 2, PROVINCIA DI

TERNI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 83/2009 del TRIBUNALE SUPERIORE CELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 14/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/06/2010 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;

uditi gli avvocati Chiara MARRAMA, Marco MARIANI, Giovanni TARANTINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società Endesa Italia s.p.a. adiva il TSAP chiedendo l’annui Lamento della Delib. n. 120 del 2007 del Consiglio Regionale Umbro, con cui era stato approvato il “Piano Regolatore regionale degli, acquedotti”, in quanto asseritamente illegittimo nella parte in cui disponeva il vincolo per uso idropotabile di risorse idriche in danno della società medesima, che veniva in tal modo privata della possibilità di usare parte delle acque pubbliche, già concesse a scopo idroelettrico, senza possibilità di indennizzo.

Il TSPA riteneva il ricorso inammissibile per carenza d’interesse.

La E.ON Produzione s.p.a. (già Endesa Italia s.p.a.) propone ricorso per cassazione a mezzo di quattro motivi. Rispondono con. controricorso l’ATI 3 Umbria e la Regione Umbria. Quest’ultima e la ricorrente hanno depositato memorie per l’udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Primo motivo: error in indicando. La sentenza impugnata avrebbe ritenuto erroneamente la carenza d’interesse della ricorrente, che è invece esposta da subito alla privazione del diritto all’indennizzo per sottensione, dovuto R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, ex artt. 45 ss., per quei volumi di acqua riservati dal Piano, il cui prelievo potabile è già in atto. Inoltre, il solo inserimento dei volumi d’acqua nel P.R.R.A., già di per sè cagionerebbe alla società ricorrente un danno attuale e concreto: non si tratterebbe, infatti, della mera apposizione di un vincolo, ma della immediata autorizzazione alla prosecuzione dei prelievi potabili già in atto, senza alcuna previsione del rispetto delle concessioni già esistenti; inoltre, le future concessioni avrebbero natura di atto dovuto, in quanto i relativi volumi idrici sono già previsti dal P.R.R.A..

Secondo motivo: violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3 (L. n. 241 del 1990, artt. 3 e 7 ss. e dei principi della partecipazione al procedimento amministrativo). Un’attenta lettura della L. n. 241 del 1990, art. 13 e dell’art. 21 octies, ed una corretta applicazione alla fattispecie concreta (nella quale come detto il P.R.R.A. Umbria, per effetto della L. R. n. 5 del 2006, ha in realtà natura ed effetti sostanzialmente provvedi mentali, perchè direttamente lesivi degli interessi della società racchiusi nel procedimento) imponeva all’Amministrazione un diretto coinvolgimento della ricorrente. Inoltre, l’autorità di bacino del Tevere aveva imposto alla regione Umbria di prevedere procedure di rinegoziazione con i soggetti già titolari di concessioni, che potevano trovarsi in condizione di sottensione, per effetto dei prelievi già esistenti o ai nuovi eventuali prelievi con particolare riguardo agli usi idroelettrici. Tra l’altro lo strumento delle “osservazioni” non faceva venir meno l’onere dell’amministrazione di col rivolgere i concessionari nel procedimento, e, tanto meno, la mancata presentazione di osservazioni faceva venir meno l’interesse ad impugnare l’atto lesivo.

Terzo motivo: violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3 (D.Lgs. n. 152 del 2006, artt. 96, 144, comma 4 e art. 168; R.D. n. 1775 del 1933, artt. 45 ss e D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 12). Non sarebbe pertinente il richiamo al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 144, comma 4, in quanto è una disposizione che afferma un principio generale e non abroga le disposizioni del T.U. acque relative all’indennizzo per sottotensione. In proposito il R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 168, chiarisce che solo per fronteggiare casi di grave emergenza idrica è consentito l’utilizzo di acqua concessa a scopi idroelettrici, senza possibilità di indennizzo per il concessionario. Quarto motivo: violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3 (artt. 3, 41, 42, 43 e 117 Cost., D.P.R. n. 1090 del 1968, art. 2; R.D. n. 1775 del 1933, D.Lgs. n. 79 del 1999 artt. 45, 46 e 47, art. 12; L. n. 36 del 1994, artt. 2 e 25;

D.Lgs. n. 15 del 1999, artt. 22 e 23; D.Lgs. n. 152 del 2006, artt. 94, 164 e 168). Proprio la lesione immediata e diretta dei diritti della ricorrente, conseguenti alle proprie concessioni idroelettriche, renderebbe fondata la questione di legittimità costituzionale. La L. R. Umbria n. 5 del 2006, art. 8, in pretesa applicazione della L. n. 36 del 1994, art. 2, disponendo l’esclusione, per l’utilizzo delle acque riservate, dell’obbligo di corresponsione dell’indennizzo e la possibilità per le province di procedere alla revisione delle concessioni esistenti, di impartire prescrizioni, limitazioni temporali o quantitative ai prelievi in atto, fatta salva l’eventuale riduzione dei canone di concessione, creerebbe un’irragionevole disparità di trattamento tra imprese esercenti servizi di pubblica utilità, mortificherebbe l’iniziativa economica privata e violerebbe la competenza legislativa esclusiva statale.

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati.

La sentenza spiega che l’apposizione di un vincolo su una determinata risorsa idrica (cd. acque riservate) non comporta un danno attuale, in quanto l’effettività della lesione può verificarsi solo nel momento del rilascio a terzi di una concessione per uso idropotabile.

Osserva che, in attuazione della L. R. Umbria n. 5 del 2006, la giunta regionale provvede ad adottare il nuovo P.R.R.A. (piano regolatore regionale acquedotti), di cui da notizia mediante pubblicazione al B.U.R.U. n. 18/2006, affinchè chiunque possa presentare osservazioni entro 30 giorni; successivamente il consiglio regionale lo approva con Delib. n. 120 del 2007, pubblicata nel BUR in data 11.4.2007. Osserva, ancora, che il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 144, comma 4, prevede la possibilità di sfruttare le risorse idriche per usi diversi da quello umano solo nel caso in cui queste risultino sufficienti;

l’art. 8, poi, esclude l’obbligo di corresponsione di un indennizzo a qualsiasi titolo dovuto, così come disciplinato R.D. n. 1775 del 1933, ex artt. 45, 46, 47.

Pertanto, la mancata corresponsione di un indennizzo a fronte di una riduzione della possibilità di derivare acqua da una sorgente destinata ad utilizzo idroelettrico, non può ritenersi lesiva dei principi generali. Il TSAP afferma, altresì, che non siano stati violati i principi di partecipazione al procedimento, atteso che ai sensi della L. n. 241 del 1990, art. 13, gli stessi non si applicano agli atti amministrativi generali e comunque l’interessata poteva presentare osservazioni al piano nella fase della sua adozione.

Infine, vengono ritenute “inammissibili le osservazioni sulla asserita incostituzionalità della richiamata legge regionale, atteso che le questioni dedotte mancano, allo stato, di attualità e potrebbero venire in rilievo solo in caso di revisione delle concessioni esistenti, e, in tal caso, andrebbero comunque valutate con riferimento al richiamato valore primario del consumo dell’acqua per finalità idropotabili”.

Si tratta di motivazione congrua, logica ed immune da vizi giuridici che risolve tutte le questioni poste nei motivi di impugnazione, i quali non contengono rilievi utili ad inficiarla.

Il ricorso deve essere, pertanto, respinto, con condanna della ricorrente a rivalere ciascuna delle resistenti delle spese sostenute nel giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge, in favore di ciascuna parte resistente.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2010

 

 

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