Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18327 del 06/08/2010

Cassazione civile sez. un., 06/08/2010, (ud. 22/06/2010, dep. 06/08/2010), n.18327

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente di sezione –

Dott. DI NANNI Luigi Francesc – Presidente di sezione –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.A.M. ((OMISSIS)), L.G., S.

M., C.A., P.S., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 110, presso lo studio

dell’avvocato DAMADEI MICHELA, rappresentati e difesi dall’avvocato

GIANTIN MARIO, per delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

CONSORZIO DI BONIFICA BACCHIGLIONE BRENTA ((OMISSIS)), in persona

del Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ANTONIO GRANISCI 9, presso lo studio degli avvocati MARTINO CLAUDIO,

GUZZO ARCANGELO, che lo rappresentano e difendono, per delega a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1298/2008 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 06/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/06/2010 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;

uditi gli avvocati Mario GIANTIN, Arcangelo GUZZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluse per l’inammissibilità,

in subordine rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’Appello di Venezia, con sentenza 6 ottobre 2008, ha rigettato l’appello, proposto dagli attuali ricorrenti C., G., P., S. e L., avverso la sentenza con cui il “Tribunale di Padova (in data 28 aprile 2004) aveva respinto la loro (e quella di altri non appellanti) domanda di accertamento dell’inesistenza di obbligazioni dei medesimi verso il Consorzio di Bonifica Bacchiglione Brenta a titolo di contributi consortili: tali privati, in quanto proprietari di fondi asseritamente non destinatari di alcun beneficio diretto e specifico ritraibile dalle opere di bonifica eseguite dal Consorzio, avevano invero domandato anche la restituzione degli importi pagati a tale titolo, oltre agli accessori. Il Consorzio aveva resistito sollevando l’eccezione di difetto di giurisdizione dell’AGO, quanto ad ogni contestazione circa l’esercizio del potere impositivo (e perciò la determinazione del quantum), oltre che l’infondatezza della pretesa, per essere i menzionati. privati proprietari di fondi siti nei vari bacini del comprensorio di bonifica. La predetta domanda era stata da un lato ritenuta oggetto della giurisdizione adita, perchè diretta a far valere il diritto soggettivo degli attori al non pagamento dei contributi per difetto dei presupposti e, nel merito, disattesa, per La riscontrata ritrazione dei benefici dalle attività del Consorzio.

I ricorrenti deducono quattro motivi. Il Consorzio resiste con controricorso. Ambedue le parti hanno depositato memorie per l’udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Primo motivo: risulterebbero violati l’art. 860 cod. civ., R.D. n. 215 del 1933, artt. 1-3, 10-11 quale conseguenza di un malgoverno delle regole sull’onere probatorio, gravante sui Consorzi, nel giudizio di contestazione del contributo consortile di notifica, avendo il giudice d’appello sovrapposto il riparto probatorio in materia di indebito oggettivo e soggettivo. Inoltre, vi sarebbe stata confusione tra il perimetro consortile, come area di operatività del consorzio e il perimetro di contribuenza, oggetto di necessaria – e non provata – delimitazione, sia con atto amministrativo di tipo classificatorio che con adeguate forme pubblicitarie, essenziali ai fini della sua opponibilità ai privati, mentre nel caso ha fatto difetto proprio la trascrizione di tale vincolo.

Secondo motivo: viene dedotta la violazione delle stesse norme, oltre al R.D. n. 215 del 1933, art. 12, il D.P.R. n. 947 del 1962, art. 8D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, in relazione all’errata ammissione di c.t.u., in difetto di congrua allegazione dell’ente e con violazione dello stretto legame tra contributo e spesa di vantaggio affrontata dal consorzio in favore dell’immobile, ma non dimostrata, con ciò giustificandosi il conseguente quesito dubitativo della stessa natura di diritto soggettivo della posizione soggettiva avanzata dai ricorrenti, quale oggetto di osarne in AGO. Terzo motivo: viene dedotta la violazione di un complesso di norme che, aggiungendosi a quelle già citate del R.D. n. 215 del 1933, individuano il beneficio consortile, tra cui il R.D. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 133, 134 e 137, L. n. 319 del 1976, art. 91, con indicazione invero di tutte le disposizioni oltre che in particolare di taluni articoli della legislazione sui lavori pubblici (D.P.C.M. 4 marzo 1996, DM LLPP 1.8.1996, D.Lgs. n. 152 del 1999) così travisando la distinzione tra recapito fognario (cui sono preposte le reti di smaltimento degli enti territoriali) e quello refluo delle acque meteoriche (affidate ai consorzi di bonifica), compreso nel più ampio refluo urbano, non considerando che i servizi pubblici di fognatura già sono pagati dagli utenti agli enti territoriali ed un eventuale collegamento con la rete consorziale (per l’adduzione al recapito finale delle acque fognarie) istituisce solo un rapporto tra le due categorie di enti, territoriali e dei consorzi di bonifica, non dei privati con questi ultimi; nè in tal modo deriva ai privati alcun beneficio di scolo, in quanto esso già è addotto dagli immobili attraverso le condutture della rete fognaria, capienti anche pei il residuo idrico.

Quarto motivo: ancora si deduce la violazione delle norme del R.D. n. 215 del 1933, negando che la sentenza impugnata abbia fatto corretta applicazione della nozione di vantaggio fondiario diretto e specifico, essendo mancato un chiaro riferimento di esso a ciascun immobile.

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono in parte inammissibili ed in parte infondati.

Sono inammissibili laddove ripropongono questioni di puro fatto, già articolatamente esaminate nella sentenza impugnata e risolte attraverso motivazioni congrue e logiche, così finendo con il chiedere al giudice di legittimità un nuovo esame del merito della controversia.

Per il resto, occorre innanzitutto rilevare che la sentenza impugnata s’è adeguata al consolidato principio in ragione del quale, ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in tema di contributi in favore dei Consorzi di bonifica (che, ai sensi del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215 e successive modificazioni configurano prestazioni patrimoniali di natura pubblicistica, rientranti nella categoria generale dei tributi), spetta al giudice amministrativo (che, in materia è fornito di giurisdizione di merito), ricollegandosi a posizioni di interesse legittimo, la domanda diretta, a denunciare lo scorretto esercizio del potere impositivo del consorzio, dovuto ad errori od abusi nella liquidazione dei contributi ovvero nei piani di classificazione dei beni e di riparto delle spese, posti a fondamento della liquidazione medesima, mentre è devoluta alla cognizione del giudice ordinario la domanda con cui si contesti il potere suddetto, sia sotto il profilo dell’investitura dell’ente impositore, sia sotto il profilo dell’inclusione del soggetto, nei cui confronti viene fatto valere, fra quelli tenuti alla contribuzione, nelle quali ipotesi la domanda è diretta a tutelare il diritto soggettivo dello stesso a non essere obbligato a prestazioni patrimoniali fuori dei casi previsti dalla legge (Cass. SU nn. 9320/2001 – 1192/2000 – 1137/2000 – 877/1984). Principio in base al quale è stata ritenuta la giurisdizione del G.O. nella controversia volta alla cognizione sul diritto soggettivo circa l’esistenza o meno della prestazione patrimoniale e non estesa al concreto esercizio della potestà impositiva del Consorzio o al riparto di spese fra i consorziati.

Quanto agli altri temi trattati nei motivi di ricorso sotto il profilo della violazione di legge e dei vizi della motivazione, va osservato che nè l’una, nè gli altri risultano inficiare la sentenza impugnata, la quale ha correttamente posto in evidenza l’incensurabilità del ricorso da parte del primo giudice alla c.t.u., resa necessaria dal tenore della domanda, gravando a carico degli attori, che agivano in ripetizione dell’indebito, dimostrare il difetto della causa debendi (peraltro presupposta nell’appartenenza dei fondi al perimetro di contribuenza consortile, con ciò derivandone una presunzione del beneficio prediale). Il giudice d’appello ha pure conferito giusto rilievo all’attinenza dei contributi al costo del servizio demandato al Consorzio per lo scolo delle acque meteoriche, a tutela del regime idraulico dell’area di operatività; circostanza idonea a tenere distinti i servizi di depurazione e fognatura invece affidati agli enti territoriali, essendo poi all’origine di un diverso rapporto l’utilizzo da parte di questi ultimi dei canali consortili, per il convogliamento delle acque reflue e di fognatura.

Altrettanto coerentemente risulta osservato che proprio la riscontrata rete dei canali di scolo, oggetto di manutenzione continua da parte del Consorzio, ne giustificava il potere impositivo dei contributi. Quanto invece alle doglianze sull’entità dei contributi, in quanto ricollegate a posizioni di interesse legittimo, esse erano riservate al GA. In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con condanna dei ricorrenti in solido a rivalere la controparte delle spese sopportate nel giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 7200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2010

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