Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18325 del 05/08/2010

Cassazione civile sez. II, 05/08/2010, (ud. 27/04/2010, dep. 05/08/2010), n.18325

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

I.S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

FRANCESCO MICELI PICARDI 4, presso lo studio dell’avvocato TONY

FREDIANO IRACI SARERI, rappresentato e difeso da se stesso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore Centrale pro tempore,

elettivamente domiciliata in 3543 ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI NICOSIA, SERIT SICILIA SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 117/2008 del TRIBUNALE di NICOSIA, depositata

il 03/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

e’ presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. DOMENICO

IANNELLI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il giudice di pace di Nicosia ha parzialmente accolto l’opposizione proposta da I.S.G. avverso una cartella di pagamento notificatagli il 17 gennaio 2007 dalla Serit Sicilia spa. Ha annullato la cartella nella parte relativa alla somma di Euro 770,70 – fatta iscrivere a ruolo dal Comune di Nicosia e ha dichiarato il difetto di giurisdizione nella parte in cui l’opponente impugnava una pretesa dell’Agenzia delle Entrate. Ha affermato la sussistenza in materia della giurisdizione della Commissione tributaria. Ha compensato le spese di lite.

L’opponente ha impugnato questo ultimo capo della pronuncia avanti il tribunale di Nicosia, che, con sentenza 3 giugno 2008, ha ravvisato la mancanza di motivazione sulla compensazione delle spese, ma ha ritenuto giusta la statuizione e ha rigettato il gravame. I. S.G. ricorre per cassazione con tre motivi. Si e’ costituita l’Agenzia delle entrate, con controricorso depositato dalla Avvocatura dello Stato. Il comune di Nicosia e la SERIT Sicilia spa sono rimasti intimati. Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio. Il ricorrente ha depositato memoria.

Come osservato nella relazione depositata ex art 380 bis c.p.c. il ricorso presenta aspetti di inammissibilita’, relativi alla formulazione dei motivi e in particolare di quanto previsto dall’art. 366 bis c.p.c..

Il primo motivo denuncia congiuntamente, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 violazione dell’art. 112 c.p.c. “erronea ricostruzione dei fatti di causa” e “mancanza assoluta di motivazione”. Il primo profilo e’ articolato coerentemente tra svolgimento del motivo e quesito di diritto, con il quale si vuoi negare, invocando l’art. 112 c.p.c. che il tribunale potesse sostituirsi al giudice di primo grado nel motivare la compensazione delle spese disposta da quest’ultimo.

La censura e’ manifestamente infondata, giacche il carattere sostitutivo dell’appello (Cass 3655/04), che e’ mezzo di impugnazione a critica illimitata, comporta che il giudice d’appello, ove ravvisi nella sentenza impugnata il vizio denunciato e’ tenuto a riformulare il giudizio sul punto controverso, potendo confermare il dispositivo della sentenza di primo grado sulla scorta di una differente motivazione (v. Cass. 255/03).

Quanto al vizio di motivazione, l’omessa formulazione del fatto controverso rende inammissibile il profilo di impugnazione. Va infatti ribadito che nella norma dell’art. 366 bis cod. proc. civ, nonostante la mancanza di riferimento alla conclusivita’ (presente, invece, per il quesito di diritto), il requisito concernente il motivo di cui al n. 5 del precedente art. 360 – cioe’ la “chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione della sentenza impugnata la rende inidonea a giustificare la decisione” – deve consistere in una parte del motivo che si presenti a cio’ specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non e’ possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attivita’ di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366-bis, che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione e’ conseguentemente inidonea sorreggere la decisione. Il secondo motivo espone falsa ed erronea applicazione dell’art. 92 c.p.c. “erronea ricostruzione dei fatti di causa” e “mancanza assoluta di motivazione”. Anche in questo caso la censura e’ prospettata in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, ma riguardo a questo secondo profilo e’ inammissibile, perche’ e’ assente la chiara indicazione del fatto controverso, cioe’ un momento di sintesi a cio’ specificamente e riassuntivamente destinato (Cass 16002/07).

Il quesito di diritto, che e’ unico (il che rileva ai fini di escludere l’applicabilita’ dei principi espressi da SU 9770/09) chiede se il tribunale non aveva l’obbligo giuridico di valutare ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2 il comportamento processuale di ciascuna delle parti in causa e la colpa avuta nell’ambito del giudizio e, dunque, ritenere illogica e contraddittoria la motivazione adottata.” Trattasi di quesito inammissibile per difetto di concretezza e di logicita’. Esso infatti, mescolando doglianze proprie del vizio di motivazione a denuncie di violazione di legge, non pone il giudice della legittimita’1 in condizione di comprendere -in base alla sola sua lettura – l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e di rispondere al quesito medesimo enunciando una “regula iuris (SU 2658/08) . Neppure viene esposta una sintesi logico – giuridica della questione (Cass. 8463/09), ne’ viene colta la complessita’ della decisione adottata. Impugnata era infatti la cartella esattoriale emessa dal concessionario per la riscossione, principale convenuto, cui si univano, perche’ chiamati dall’opponente, gli enti per conto dei quali era stata emessa la cartella stessa. Il parziale accoglimento dell’opposizione (relativa a una sola delle due pretese dell’esattore) costituiva pertanto motivazione della compensazione, disposta in fedele applicazione del disposto normativo. Quando la domanda sia stata articolata in piu’ capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri si configura infatti la soccombenza reciproca (Cass. 22381/09; 1906/76).

Questo basilare aspetto della vicenda processuale, relativo alla posizione dell’opposto principale, pur idoneo astrattamente a giustificare il provvedimento impugnato, non e’ oggetto di doglianza e fa ulteriormente comprendere la inadeguatezza del quesito e della censura. Del tutto privo di fondamento, nonche’ malformulato, e’ anche il terzo motivo di ricorso, che denuncia sotto altro profilo la violazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2 e vizi di motivazione. E’ qui criticata la compensazione delle spese relativamente al giudizio di appello, disposta dal tribunale in forza dell’esito della lite, in particolare da un lato del rigetto dell’appello I. sulla liquidazione delle spese di primo grado e dall’altro del rigetto dell’appello incidentale del Comune di Nicosia, dichiarato inammissibile perche’ tardivo. Il ricorrente deduce che le due decisioni sarebbero stato illegittimamente poste sullo stesso piano, perche’ la prima si sostanziava in un “appello fondato”, ancorche’ “rigettato con motivazione approntata ex officio inammissibile o quanto meno dubbia” (cosi’ testualmente il quesito). Quanto soprarilevato a proposito del primo motivo, e’ sufficiente a spiegare che anche in questo caso e’ stata posta a base della censura una realta’ diversa da quella risultante dagli atti processuali, cosi’ proponendo un quesito inammissibile per difetto nella conferenza di esso alla specie (Cass. 14385/07; 23860/08). La decisione di compensazione delle spese assunta dal primo giudice e resa oggetto dell’appello e’ stata infatti confermata, sia pur rivedendo la motivazione, da parte del giudice di secondo grado. Vi era quindi non un “appello fondato”, ma una sentenza di rigetto (e non accoglimento) dell’appello, che giustificava la mancata condanna di qualsivoglia parte al ristoro delle spese in favore dell’appellante; sussisteva inoltre la “soccombenza reciproca” nei confronti del Comune, in questo caso da intendere nell’accezione di rigetto di domande contrapposte. Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso. Va disposta la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo, in favore dell’Avvocatura dello Stato, indotta a costituirsi e a resistere in giudizio dalla notifica del ricorso.

Tale atto, pur sollecitando una decisione di merito della Corte con la condanna del Comune alla refusione delle spese dei tre gradi di giudizio, non esponeva i motivi per i quali la notifica veniva fatta anche all’amministrazione costituitasi. Ove essi fossero stati esposti e la Corte avesse ritenuto insussistente un’ipotesi di litisconsorzio ex art. 331 c.p.c. la chiamata dell’amministrazione sarebbe stata evitata. Ragioni di cautela processuale, analoghe a quelle che hanno indotto parte ricorrente a notificare l’impugnazione, giustificavano la resistenza dell’amministrazione, incerta sul possibile esito della ridiscussione sul regime delle spese dei giudizi di merito; visto l’esito del ricorso, si impone quindi la condanna alla refusione delle spese di questo grado.

PQM

LA CORTE rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite in favore della parte costituita, liquidate in Euro 400,00 per onorari, 200,00 per esborsi, oltre rimborso delle spese prenotate a debito.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione seconda civile, il 27 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2010

 

 

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