Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1832 del 28/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 28/01/2021, (ud. 14/10/2020, dep. 28/01/2021), n.1832

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2475 – 2019 R.G. proposto da:

V.P.A. – c.f. (OMISSIS) – + ALTRI OMESSI,

rappresentati e difesi in virtù di procure speciali su fogli

allegati in calce al ricorso dall’avvocato Santi Pappalardo ed

elettivamente domiciliati in Roma, alla via Ernesto Nathan, n. 102,

presso lo studio dell’avvocato Trionfetti Federica;

rappresentati e difesi in virtù di procure speciali su fogli

allegati in calce al ricorso dall’avvocato Santi Pappalardo ed

elettivamente domiciliati in Roma, alla via Ernesto Nathan, n. 102,

presso lo studio dell’avvocato Trionfetti Federica;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO della GIUSTIZIA – c.f. (OMISSIS) – in persona del Ministro

pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,

domicilia per legge;

– controricorrente- ricorrente incidentale –

avverso il decreto n. 3704/2018 della Corte d’Appello di Catania;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 ottobre

2020 dal consigliere Dott. Abete Luigi.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con ricorso ex lege L. n. 89 del 2001 depositato il 23.11.2017 i ricorrenti indicati in epigrafe adivano la Corte d’Appello di Catania.

Esponevano che avevano intrapreso dinanzi alla Corte d’Appello di Caltanissetta con ricorso dell’11.3.2011 un giudizio ex lege “Pinto” definito dalla corte nissena con decreto del 18.6.2013, con il quale era stata liquidata a ciascun ricorrente a titolo di equo indennizzo la somma di Euro 750,00.

Esponevano che nondimeno unicamente in data 23.11.2017, all’esito della nomina da parte del T.A.R. Sicilia del commissario ad acta, avevano ottenuto il pagamento della somma di Euro 750,00 a ciascuno di essi liquidata.

Esponevano che nelle more del giudizio ex lege “Pinto” intrapreso dinanzi alla Corte di Caltanissetta avevano con ricorso alla Corte d’Appello di Catania chiesto la liquidazione di un equo indennizzo per l’eccessiva durata del giudizio pendente dinanzi alla corte nissena.

Esponevano che la corte etnea, con decreto del 13.11.2014, limitatamente alla durata compresa tra l’11.3.2011 ed il 18.6.2013 del giudizio ex lege “Pinto” pendente dinanzi alla corte nissena, aveva liquidato a ciascun ricorrente a titolo di equo indennizzo la somma di Euro 500,00.

Chiedevano quindi alla Corte d’Appello di Catania che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrisponder loro un equo indennizzo ulteriore a ristoro del danno non patrimoniale sofferto con riferimento all’ulteriore irragionevole durata del giudizio ex lege “Pinto” intrapreso dinanzi alla Corte d’Appello di Caltanissetta.

2. Con decreto in data 13.2.2018 il consigliere designato determinava in quattro anni, due mesi e sei giorni la complessiva durata irragionevole del giudizio ex lege “Pinto” “presupposto” svoltosi innanzi alla Corte di Caltanissetta, quantificava il “moltiplicatore” annuo in Euro 400,00, specificava tuttavia che a ciascun ricorrente non poteva esser riconosciuto un indennizzo superiore a quello (Euro 750,00) riconosciuto nel giudizio ex lege “Pinto” “presupposto” ed ingiungeva al Ministero della Giustizia di pagare a ciascun ricorrente, al netto della somma di Euro 500,00 già liquidata dalla corte etnea con decreto del 13.11.2014, la somma di Euro 250,00.

3. I ricorrenti indicati in epigrafe proponevano opposizione limitatamente alla quantificazione in Euro 250,00 dell’equo indennizzo.

Il Ministero della Giustizia non si costituiva e veniva dichiarato contumace.

4. Con decreto n. 3704 dei 16.7/21.8.2018 la Corte d’Appello di Catania rigettava l’opposizione e condannava ciascun ricorrente, attesa la manifesta infondatezza del ricorso, a pagare alla Cassa delle Ammende la somma di Euro 1.000,00.

Evidenziava la corte che il ricorso ex lege “Pinto” era stato depositato il 23.11.2017, allorchè era già vigente la previsione della L. n. 89 del 2001, art. 2-bis, u.c., , alla cui stregua “la misura dell’indennizzo, anche in deroga al comma 1, non può in ogni caso essere superiore al valore della causa o, se inferiore, a quello del diritto accertato dal giudice”.

Evidenziava altresì che era manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 2-bis, u.c., sollevata dagli opponenti con riferimento all’art. 111 Cost. ed all’art. 6 C.E.D.U., par. 1; che invero la censurata disposizione legislativa doveva reputarsi ragionevole, siccome volta a correlare il quantum dell’equo indennizzo al valore economico della pretesa azionata nel giudizio “presupposto” e quindi siccome finalizzata ad evitare il rischio di sovracompensazioni del danno.

5. Avverso tale decreto hanno proposto ricorso i ricorrenti indicati in epigrafe; ne hanno chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione in ordine alle spese.

Il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso contenente ricorso incidentale articolato in un unico motivo; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso ed accogliersi il ricorso incidentale, con il favore delle spese del giudizio di legittimità.

6. Il relatore ha formulato ex art. 375 c.p.c., n. 5), proposta di manifesta infondatezza dei motivi di ricorso principale, assorbita in tal guisa la disamina del ricorso incidentale; il presidente ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

7. I ricorrenti hanno depositato memoria.

8. Con il primo motivo i ricorrenti principali denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la falsa applicazione dell’art. 5 quater della L. n. 89 del 2001.

Deducono che ha errato la corte di merito a condannarli al pagamento della sanzione pecuniaria di Euro 1.000,00.

Deducono che presupposto ineludibile per l’applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 5-quater è la reiezione della domanda di equa riparazione per inammissibilità o per manifesta infondatezza.

Deducono che viceversa l’opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5-ter era stata esperita unicamente e limitatamente alla quantificazione dell’equo indennizzo operata dal consigliere designato, sicchè la domanda di equa riparazione doveva reputarsi già accolta con riferimento all'”an debeatur”.

Deducono che d’altra parte, qualora si ritenga che il decreto collegiale si sovrapponga al decreto monocratico, la Corte di Catania, nel rigettare l’opposizione, avrebbe dovuto confermare per i profili non impugnati il decreto del consigliere designato, sicchè, in difetto, il decreto collegiale è inficiato dalla violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

9. Con il secondo motivo i ricorrenti principali denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 5-quater.

Deducono che la L. n. 89 del 2001, art. 5-quater rimette alla valutazione della corte d’appello la condanna al pagamento della sanzione pecuniaria, sicchè l’irrogazione della sanzione pecuniaria non è un effetto automatico della reiezione del ricorso per manifesta infondatezza.

Deducono quindi che la corte distrettuale avrebbe dovuto enunciare le ragioni, ulteriori rispetto a quelle per le quali ha reputato il ricorso manifestamente infondato, idonee a giustificare l’irrogazione della sanzione pecuniaria, viepiù che la sanzione irrogata è pari al quadruplo dell’indennizzo riconosciuto e superiore all’indennizzo – Euro 750,00 – nel complesso liquidato.

10. Con il terzo motivo i ricorrenti principali prospettano l’illegittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 2-bis, comma 3.

Deducono che la L. n. 89 del 2001, art. 2-bis, comma 3, è costituzionalmente illegittimo, per contrasto con gli artt. 111 e 117 Cost. e con l’art. 6 C.E.D.U., par. 1, nella parte in cui limita il quantum dell’equo indennizzo, correlandolo ad una circostanza che non ha alcun collegamento con l’effettiva consistenza del pregiudizio non patrimoniale sofferto per l’eccessiva durata del giudizio “presupposto”.

Deducono che in tal guisa viene snaturata la funzione dell’equo indennizzo, volto a garantire il diritto al giusto processo.

11. Con l’unico motivo il ricorrente incidentale denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 3 e dell’art. 75 c.p.c..

Deduce che il giudizio “presupposto” si è in parte svolto, sub specie di giudizio di ottemperanza, dinanzi al T.A.R. Sicilia ai fini della nomina del commissario ad acta.

Deduce dunque che, con riferimento alla summenzionata frazione temporale del giudizio “presupposto”, la legittimazione passiva sarebbe spettata al Ministero dell’Economia e delle Finanze e non già al Ministero della Giustizia.

12. Il primo motivo del ricorso principale è fondato e meritevole di accoglimento; il suo buon esito assorbe e rende vana la disamina del secondo motivo dello stesso ricorso.

13. Questa Corte spiega che, se il ricorso di equa riparazione per durata irragionevole del processo è accolto solo in parte e il ricorrente propone opposizione al collegio, questo, ove rigetti l’opposizione, non può condannare l’opponente al pagamento della sanzione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 5-quater, atteso che tale sanzione può essere applicata solo quando la domanda di equa riparazione è dichiarata inammissibile o manifestamente infondata (cfr. Cass. 13.3.2015, n. 5122; Cass. 29.9.2015, n. 19346).

In questi termini è innegabile che i ricorrenti indicati in epigrafe avevano esperito l’opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5-ter solo e “limitatamente alla parte in cui l’ingiunzione di pagamento era stata (…) contenuta nei limiti di Euro 250,00 per ciascuno” (così ricorso, pag. 7).

14. Il terzo motivo del ricorso principale è destituito di fondamento.

15. E’ sufficiente ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c. il riferimento all’insegnamento n. 14047 dell’8.7.2016 di questa Corte, a tenor del quale, in tema di equa riparazione da eccessiva durata processuale, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale per irragionevolezza della L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 3, in quanto tale norma, garantendo una più stretta relazione tra il significato economico della domanda giudiziale e il patema d’animo che la parte subisce in attesa della definizione, persegue la “ratio” di evitare sovracompensazioni.

16. Il ricorso incidentale è inammissibile.

17. Il Ministero della Giustizia, rimasto contumace in sede di opposizione, non ha dunque provveduto, a sua volta, ad esperire l’opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5-ter avverso il decreto del consigliere designato, nella parte in cui il medesimo decreto aveva determinato in quattro anni, due mesi e sei giorni la durata irragionevole del giudizio “presupposto” e quindi aveva in tal guisa implicitamente riconosciuto la legittimazione a resistere del Ministero della Giustizia pur in rapporto alla frazione dello stesso giudizio svoltasi dinanzi al T.A.R. Sicilia ai fini della nomina del commissario ad acta.

18. In questi termini il ricorso incidentale veicola in questa sede questione del tutto “nuova”, siccome del tutto estranea alla materia del contendere oggetto del giudizio di opposizione ex art. 5 ter della L. n. 89 del 2001.

Ne è perciò preclusa la disamina.

E parimenti “nuovo” – ed analogamente precluso – in questa sede è l’ulteriore correlato rilievo del ricorrente incidentale, secondo cui il ricorso proposto il 23.11.2017 dai ricorrenti principali innanzi alla Corte di Catania era generico ed indeterminato, siccome non recante specificazione della frazione temporale del giudizio “presupposto” da riconnettere al giudizio di ottemperanza.

19. In accoglimento e nei limiti del primo motivo del ricorso principale il decreto n. 3704/2018 della Corte d’Appello di Catania va dunque cassato.

Nulla osta, giacchè non si prospetta la necessità di ulteriori accertamenti di fatto, a che la causa, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, u.p., sia decisa nel merito e quindi a che sia espunta dall’anzidetto decreto della Corte di Catania la condanna di ciascuno dei ricorrenti nominativamente indicati in epigrafe al pagamento ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5-quater della sanzione pecuniaria di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

20. Permane impregiudicata la regolamentazione delle spese (“nulla spese”) del giudizio di opposizione svoltosi dinanzi alla Corte di Catania e definito con il decreto n. 3704/2018.

Invero in quella sede l’opposizione ex art. 5 ter della L. n. 89 del 2001 era stata comunque respinta ed il Ministero della Giustizia – opposto – era rimasto contumace (sicchè non aveva sopportato “spese”).

21. L’accoglimento solo parziale del ricorso principale e la declaratoria di inammissibilità del ricorso incidentale ovvero la reciproca soccombenza giustificano l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

22. In ogni caso, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex lege L. n. 89 del 2001. Il che rende inapplicabile il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, (cfr. Cass. sez. un. 28.5.2014, n. 11915).

PQM

La Corte così provvede:

accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbita la disamina del secondo motivo del ricorso principale;

cassa in relazione e nei limiti dell’accolto motivo del ricorso principale il decreto n. 3704/2018 della Corte d’Appello di Catania e, decidendo nel merito, espunge dall’anzidetto decreto – impregiudicato in ogni altra sua parte – la condanna di ciascuno dei ricorrenti nominativamente indicati in epigrafe al pagamento ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5-quater della sanzione pecuniaria di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende;

rigetta il terzo motivo del ricorso principale;

dichiara inammissibile il ricorso incidentale;

compensa integralmente le spese del presente giudizio di legittimità.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2021

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