Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18319 del 25/07/2017
Cassazione civile, sez. VI, 25/07/2017, (ud. 02/02/2017, dep.25/07/2017), n. 18319
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 239-2016 proposto da:
S.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE REGINA
MARGHERITA 262-264, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE TAVERNA
che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente
all’avvocato ANNA STEFANINI;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente –
e contro
MINISTERO ECONOMIA FINANZE;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2998/21/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di ROMA, depositata il 27/05/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 02/02/2017 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO
MANZON;
disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del
Presidente e del Relatore.
Fatto
RILEVATO
che:
Con sentenza in data 14 aprile 2015 la Commissione tributaria regionale del Lazio respingeva l’appello proposto da S.D. avverso la sentenza n. 571/11/13 della Commissione tributaria provinciale di Roma che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento IRPEF, IVA ed altro 2009. La CTR osservava in particolare che il contribuente non aveva adeguatamente assolto al proprio onere di provare l’inerenza dei costi de quibus, anche in considerazione della estrema genericità delle relative fatture.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione il contribuente deducendo due motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Diritto
CONSIDERATO
che:
In via preliminare va rilevata ex officio l’inammissibilità del ricorso nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze, dovendosi ribadire che “In tema di contenzioso tributario, a seguito del trasferimento alle agenzie fiscali, da parte del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 57, comma 1, di tutti i “rapporti giuridici”, i “poteri” e le competenze” facenti capo al Ministero dell’Economia e delle Finanze, a partire dal primo gennaio 2001 (giorno di inizio di operatività delle Agenzie fiscali in forza del D.M. 28 dicembre 2000, art. 1), unico soggetto passivamente legittimato è l’Agenzia delle Entrate, sicchè è inammissibile il ricorso per cassazione promosso nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze” (Sez. 5, Sentenza n. 1550 del 28/01/2015, Rv. 634617 – 01).
Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – il ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione dell’art. 109 TUIR, poichè la CTR non ha tenuto conto dei principi di diritto fissati dalla giurisprudenza di legittimità in relazione a tale disposizione legislativa. La censura è inammissibile ed in ogni caso infondata.
Va infatti ribadito che “Il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta la necessità dell’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e dell’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione; ne consegue che tali requisiti difettano quando il ricorrente si limiti alla mera riproduzione di pronunce della Corte di cassazione che affermi essere pertinenti alla decisione impugnata” (Sez. 3, Sentenza n. 20652 del 25/09/2009, Rv. 609721).
Il mezzo in esame è redatto in modo chiaramente confliggente con tale principio di diritto, posto che a seguire di una serie di citazioni giurisprudenziali non vi è poi alcuna specifica, diretta e puntuale critica alla sentenza impugnata.
Peraltro va notato che la stessa ha fatto corretta applicazione del principio di inerenza al caso di specie, rilevando il difetto di precisione negli elementi contabili correlativi ai costi oggetto della ripresa fiscale in oggetto.
Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – il ricorrente si duole di violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21,artt. 2697 e 2700 c.c., poichè la CTR ha ritenuto non sufficientemente specifiche le fatture documentanti i costi in oggetto. La censura è inammissibile e comunque infondata.
Anzitutto il mezzo non coglie la ratio decidendi del giudice di appello, nient’affatto basata sulla “inesistenza” delle fatture in questione.
In secondo luogo va comunque notato che il passaggio motivazionale della sentenza impugnata relativo alle fatture medesime esclusivamente finalizzato alla argomentazione della asserzione di non inerenza dei costi in esse indicati.
Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, a favore dell’Agenzia delle entrate controricorrente.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze; rigetta il ricorso nei confronti dell’Agenzia delle entrate; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 5.600 oltre spese prenotate a debito, a favore dell’Agenzia delle entrate controricorrente. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2017