Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18315 del 05/08/2010

Cassazione civile sez. II, 05/08/2010, (ud. 27/05/2010, dep. 05/08/2010), n.18315

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

F.M., rappresentato e difeso, giusta procura speciale a

margine del ricorso, dagli Avvocati VESCI Gerardo e Mario Giantin,

elettivamente domiciliato in Roma, via di Ripetta n. 22, presso lo

studio del primo;

– ricorrente –

contro

C.M., rappresentato e difeso dagli Avvocati PAGANO Pietro e

Luigi Pagano per procura speciale a margine del controricorso,

elettivamente domiciliato in Roma, via E. Fermi n. 128, presso il

recapito professionale dei difensori (appartamento Pagano –

Muscianisi);

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia, depositata in

data 4 agosto 2008, notificata il 15 dicembre 2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27 maggio 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 4 agosto 2008, la Corte d’appello di Venezia ha rigettato l’appello proposto da F.M. e F. G. avverso la sentenza del Tribunale di Vicenza del 3 febbraio 2003, che aveva accolto la domanda di C.M., di condanna di F.M., F.G. e B.J. al pagamento della somma dovuta per il progetto di fabbricazione su un terreno sito in (OMISSIS), del quale i convenuti erano comproprietari, presentato dai committenti al Comune unitamente alla domanda di concessione edilizia, che peraltro non ebbe poi seguito;

che la Corte territoriale ha rigettato l’appello rilevando che la prospettazione difensiva dei F. era sin dal primo grado volta, come ritenuto dal Tribunale, a contestare solamente l’obbligazione di pagare il corrispettivo per le attivita’ svolte dal C., mentre nessuna contestazione era stata espressa in ordine al conferimento dell’incarico al C. e neppure in ordine all’attivita’ da questi svolta;

che le prove testimoniali assunte, inoltre, non consentivano di ritenere provata la circostanza della gratuita’ dell’incarico conferito, non essendo i testi escussi a conoscenza degli accordi intercorsi tra i F. e il C. relativamente al progetto;

che, per la cassazione di questa sentenza, ricorre F.M. deducendo “nullita’ della sentenza impugnata per insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5”;

che il ricorrente, dopo aver ricordato che la Corte d’appello aveva accolto la richiesta di inibitoria proposta dagli appellanti, sul rilievo che il preteso incarico professionale non appariva comprovato dalle risultanze istruttorie, si duole del fatto che la medesima Corte d’appello, senza svolgere alcuna istruttoria ulteriore, abbia invece rigettato il gravame senza peraltro prendere minimamente in considerazione le argomentazioni indicate nella inibitoria;

che il ricorrente formula quindi il seguente quesito di diritto:

“puo’ la sentenza che chiude il giudizio non contenere motivazione alcuna circa la diversa valutazione di fatti e/o circostanze precedentemente operata in sede di ordinanza istruttoria emessa dal consigliere relatore? Ed ancora puo’ la sentenza stessa non indicare la motivazione del perche’ si e’ ritenuto di non aderire alle ragioni contrarie viceversa contenute nell’ordinanza?”;

che il ricorrente deduce altresi’ che era sempre stato in discussione, perche’ negato dai convenuti, il conferimento al C. dell’incarico professionale, prevedente il pagamento di un compenso, e che, anzi, della gratuita’ dell’incarico i convenuti avevano fornito la prova documentale;

che la Corte d’appello avrebbe quindi errato nel ritenere sussistente un incarico professionale, violando in tal modo le norme sull’onere della prova.

che ha resistito, con controricorso, C.M., il quale ha anche depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.;

che, essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ., e’ stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che e’ stata notificata alle parti e comunicata al pubblico ministero.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il relatore designato, nella relazione depositata il 12 marzo 2010, ha formulato proposta di decisione ritenendo che sussistessero le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio, essendo il ricorso infondato;

che il Collegio condivide la proposta di decisione ora richiamata, alla quale non sono state formulate critiche di sorta;

che, infatti, l’unico motivo di ricorso, pur deducendo un vizio di motivazione, mira, in realta’, ad introdurre un sindacato sulla valutazione delle prove e la ricostruzione del fatto, attivita’ riservate dalla legge al giudice di merito, non consentito al giudice di legittimita’ cui e’ rimesso il solo controllo della logicita’ e completezza della motivazione ove il vizio ne sia puntualmente dedotto ed argomentato;

che, nella specie, non e’ prospettato un tale vizio attraverso la critica delle valutazioni delle risultanze istruttorie effettuata dal giudice a quo, bensi’ una ricostruzione dei fatti operata secondo le difformi soggettive valutazioni della parte in ordine alle risultanze medesime; prospettazione, tra l’altro, inammissibile perche’ non autosufficiente, in quanto non e’ riportato il testo dei documenti dai quali si pretende fosse dimostrata la gratuita’ dell’incarico in discussione, ed incoerente con la pretesa dell’insussistenza stessa di tale incarico;

che, per converso, la motivazione fornita dal detto giudice all’assunta decisione risulta logica e sufficiente, basata com’e’ su considerazioni adeguate in ordine alla valenza oggettiva dei vari elementi di giudizio risultanti dagli atti e su razionali valutazioni di essi; un giudizio operato, pertanto, nell’ambito dei poteri discrezionali del giudice del merito a fronte del quale, in quanto obiettivamente immune dalle censure ipotizzabili in forza dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la diversa opinione soggettiva di parte ricorrente e’ inidonea a determinare le conseguenze previste dalla norma stessa;

che, inoltre, la formulazione del motivo non appare conforme all’orientamento espresso di recente dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 20603 del 2007, secondo cui anche l’enunciazione del motivo che deduce il vizio di motivazione deve contenere un momento di sintesi, omologo al quesito di diritto, che ne circoscriva i limiti in modo da non ingenerare incertezze in sede di esame del ricorso e di valutazione della sua inammissibilita’;

che, ove si volesse ritenere avere il ricorrente individuato quale fatto controverso quello enunciato nel quesito di diritto – consistente nella mancata esplicitazione, nella sentenza impugnata, delle ragioni per le quali non si e’ tenuto conto della ordinanza con la quale era stata disposta la sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado – si deve rilevare che “l’ordinanza, emessa ai sensi dell’art. 283 cod. proc. civ., con la quale venga accolta l’istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza di primo grado, ha carattere provvisorio e cautelare e, pertanto, non pregiudica in nessun caso la decisione definitiva sull’appello, fondata sulla piena cognizione di tutte le acquisizioni processuali, dalla quale e’ destinata ad essere assorbita, con la sua conseguente inidoneita’ ad incidere su diritti soggettivi con efficacia di giudicato” (Cass., n. 4024 del 2007; Cass., n. 4299 del 2005); onde il collegio, con la pronunzia che definisce il giudizio, non e’ tenuto ad esplicitare le ragioni per le quali non ha tenuto conto delle valutazioni sommarie effettuate dal consigliere istruttore in sede di provvedimenti provvisori, dovendo solo fornire – come ha fornito nella specie – motivazione idonea e sufficiente dell’adottata decisione;

che il ricorso deve quindi essere rigettato, perche’ manifestamente infondato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte suprema di cassazione, il 27 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2010

 

 

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