Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18314 del 05/08/2010

Cassazione civile sez. II, 05/08/2010, (ud. 27/04/2010, dep. 05/08/2010), n.18314

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 24722-2008 proposto da:

P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ACQUA DONZELLA

27, presso lo studio dell’avvocato GRECO SALVINO, rappresentato e

difeso dall’avvocato CANTO ANTONIO, giusta procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.G.G., PI.GI., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CAPODISTRIA 18, presso lo studio

dell’avvocato MICELI SERENA, rappresentati e difesi dall’avvocato

SIRACUSA VINCENZO, giusta mandato in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 881/2007 della CORTE D’APPELLO di PALERMO del

21/07/06, depositata il 26/09/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato Canto Antonio, difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti;

è presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. DOMENICO

IANNELLI che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso ed in

subordine per il rigetto.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte d’appello di Palermo con sentenza del 26 settembre 2007, in parziale riforma della sentenza resa dal tribunale di Termini Imerese il 22 settembre 2003, ha rigettato la domanda di reintegrazione nel possesso formulata da P.L. avverso gli odierni resistenti, volta alla reintegrazione nel possesso di una porzione del terreno sito in (OMISSIS), limitrofa a un fondo degli appellanti.

P.L. ha proposto due motivi di ricorso per cassazione.

D.G.G. e Pi.Gi. hanno resistito con controricorso.

Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio. Nessuna delle parti ha depositato memoria.

La relazione depositata e comunicata alle parti ex art. 380 bis c.p.c. ha evidenziato i profili di inammissibilità del primo motivo di ricorso. Con esso è denunciata violazione dell’art. 2697 c.c. in reazione all’art. 345 c.p.c., nonchè tutti i possibili vizi di motivazione su “un punto decisivo della controversia”.

La proposizione congiunta dei vizi di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, sulla cui ammissibilità v’è contrasto tra le sezioni di questa Corte (Cass 976/’08 e 7261/09 favorevoli, Cass. 24722/08 9470/08 e 20355/08 contrarie) esige che nel caso previsto dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 3 il motivo sia illustrato con un quesito di diritto e, nel caso previsto dal n. 5, che l’illustrazione contenga la chiara indicazione del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume che sia omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza la renda inidonea a giustificare la decisione (in tal senso va interpretata SU 7770/09).

Nel caso di specie il motivo non contiene un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, per consentire una pronta identificazione delle questioni da risolvere (SU n. 20603/07; Cass 4309/08; 16528/08), ma lascia al giudicante di sceverare dalle argomentazioni accumulate, relative alla asseritamente errata valutazione dei mezzi di prova, quali siano le ragioni del vizio di motivazione, senza alcuna specificazione sintetica. Tale omissione è sanzionata dall’art. 366 bis c.p.c. con l’inammissibilità della censura. Va aggiunto che il motivo è carente anche sotto il profilo della violazione del principio di autosufficienza, in quanto: a) non viene riportato il testo integrale della prova testimoniale sollecitata, necessario per stabilirne la decisività (il che rileva anche ai fini del profilo successivamente esaminato, v. Cass 17904/03); b) non vengono riportate integralmente le deposizioni assunte al fine di permettere di ripercorrere il ragionamento del giudice di merito per stabilire se vi sia stato errore di valutazione; c) non vengono riprodotte adeguatamente le altre risultanze istruttorie cui fa cenno in più punti il motivo di ricorso.

Quanto al quesito, che lamenta la mancata ammissione di una prova nuova in appello, esso muove dal presupposto indimostrato – che nell’esercizio del potere di cui all’art. 345 c.p.c. il giudice di appello goda di “ampia discrezionalità” e che la prova richiesta fosse risolutiva ai fini della decisione finale. Entrambi i presupposti sono errati, giacchè secondo l’art. 345 c.p.c. i nuovi mezzi di prova sono ammessi solo se il collegio li ritiene “indispensabili” per la decisione o se vi è stata causa non imputabile: orbene, dalla sentenza impugnata si apprende invece (pag.

9) che la Corte la ritenne inammissibile, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., lasciando “a parte ogni questione sulla sua conducenza”, espressione che evidentemente presuppone che non fosse stato dato scrutinio favorevole sulla rilevanza e indispensabilità del mezzo istruttorio, ditalchè detta decisività doveva essere in questa sede specificamente dedotta e dimostrata. In ogni caso il quesito, già configuratosi inammissibile, si risolve nella richiesta alla Corte di stabilire se il giudice d’appello può negarne l’ammissione “senza alcuna motivazione in ordine alla sua rilevanza e/o conducenza”. A tale quesito va data comunque risposta contraria a quella attesa dal ricorrente, posto che “in tema di ammissibilità di nuove prove nel giudizio d’appello, a norma dell’art. 345 c.p.c., comma 2, il collegio è tenuto a motivare esclusivamente l’indispensabilità che ne giustifica l’ammissione, in deroga alla regola generale che invece ne prevede il divieto, ma non anche la mancata ammissione delle prove ritenute non indispensabili, che si conforma alla predetta regola generale” (Cass 16971/09).

Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 1168 c.c., ma il quesito è del tutto inconferente, perchè pone una questione nuova, non oggetto del giudizio di appello e come tale inammissibile in sede di legittimità. Valorizzando un contratto preliminare prodotto in causa e ritenuto dalla Corte territoriale un elemento inidoneo a fornire la prova del possesso, cioè di una relazione materiale con la cosa, potendo solo valere “ad colorandam possessionem”, il ricorrente deduce ora che si doveva desumerne che egli era detentore qualificato, come tale soggetto ad oneri probatori attenuati. E’ palese la novità di tale qualificazione giuridica, ora sollecitata sulla base di accertamenti in fatto da verificare (la rilevanza della scrittura), con la conseguente inammissibilità della censura.

Quest’ultima, peraltro, è stata impropriamente rassegnata quale violazione di legge; sottende invece (come la relazione preliminare ha evidenziato), in ipotesi, una critica alla motivazione della sentenza, basata su una lettura di una risultanza processuale, il contratto preliminare relativo al terreno, che parte ricorrente reputa inadeguata. Tuttavia, anche in questa prospettiva, il motivo risulta inammissibile, giacchè non viene riportata per intero la scrittura predetta, sicchè, quand’anche si ritenesse possibile esaminare il motivo sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (nonostante la contraria indicazione del ricorso), la Corte non sarebbe in grado di apprezzare e controllare la decisività del documento per stabilire se fosse vero il presupposto di fatto (passaggio della detenzione qualificata del bene) che risulterebbe dal documento.

Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione in favore dei resistenti, in solido tra loro, delle spese di lite, liquidate in Euro 2.500 per onorari, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 27 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2010

 

 

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