Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18312 del 19/09/2016


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Cassazione civile sez. lav., 19/09/2016, (ud. 25/05/2016, dep. 19/09/2016), n.18312

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

T.A.E., c.f. (OMISSIS), domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la cancelleria della Corte di Cassazione,

rappresentata e difesa dall’avvocato SILVIA SCOTA, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

MACCORP ITALIANA S.P.A., C.F. (OMISSIS) in persona

dell’Ammionistratore e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VITTORIO BACHELET 12, presso

lo studio dell’avvocato MARCO DALLA VEDOVA, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati ADELAIDE MANGANARO, PAOLO

GIUCASTRO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 386/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 13/03/2015 R.G.N. 1019/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/05/2016 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

udito l’Avvocato ROSSI STEFANO per delega Avvocato GIUCASTRO PAOLO e

Avvocato MANGANARO ADELAIDE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso L. n. 92 del 2012, ex art. 1, commi 47 e ss. depositato nella cancelleria del Tribunale di Bologna il 9 aprile 2013, la Sig.ra T. deduceva di essere stata dipendente della Maccorp Italiana S.p.A. dal (OMISSIS), allorquando la Maccorp Italiana aveva comunicato alla lavoratrice il licenziamento per giusta causa, impugnato dalla ricorrente in via stragiudiziale il (OMISSIS).

La T. conveniva quindi in giudizio la Maccorp Italiana S.p.A. affinchè venisse accertata la nullità e/o l’annullabilità e/o l’inefficacia del licenziamento irrogato in quanto posto in essere in violazione della L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 7 e dell’art. 227 del c.c.n.l. Commercio e che comunque ne venisse dichiarata l’illegittimità in quanto non sorretto da giusta causa e/o giustificato motivo con tutte le conseguenze di legge; la ricorrente domandava altresì che venisse accertata la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale della Società convenuta in ordine ai pregiudizi (biologici, esistenziali e morali) patiti dalla lavoratrice a causa del licenziamento con conseguente condanna della convenuta al risarcimento del danno; la Sig.ra T. domandava, infine, che venisse accertata e dichiarata la nullità e/o l’infondatezza della sanzione disciplinare della multa comminata dalla Maccorp in data (OMISSIS) con tutte le conseguenze di legge.

Si costituiva in giudizio la Maccorp Italiana S.p.A. eccependo – in via preliminare – l’inefficacia dell’impugnazione del licenziamento per tardivo deposito del ricorso. In particolare, la convenuta deduceva la violazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, commi 1 e 1 bis, per avere la Sig.ra T. depositato il ricorso successivamente allo spirare del termine di 270 giorni (decorrente dall’impugnazione stragiudiziale del licenziamento); la Società convenuta eccepiva altresì in via preliminare l’inammissibilità e/o improcedibilità, per violazione della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 48, delle domande svolte dalla T. per l’accertamento della nullità e/o invalidità della sanzione disciplinare della multa, per il risarcimento del danno (biologico, esistenziale, morale) conseguente al licenziamento e per la condanna della Maccorp al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso; la società convenuta chiedeva infine – nel merito – il rigetto del ricorso e di tutte le domande proposte dalla T..

Con ordinanza L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 49 del (OMISSIS), il Tribunale di Bologna, in accoglimento dell’eccezione preliminare di inefficacia dell’impugnazione del licenziamento per intervenuta decadenza L. n. 183 del 2010, ex art. 32, commi 1 e 1 bis, rigettava il ricorso condannando altresì la ricorrente ala rifusione delle spese di lite.

Avverso la predetta ordinanza, la T. proponeva opposizione L. n. 92 del 2012, ex art. 1, commi 51 e ss..

Con sentenza n. 922/2014 il Tribunale di Bologna rigettava il ricorso in opposizione proposto dalla lavoratrice, ritenendo essere spirato il termine di decadenza di 270 giorni per il deposito dell’originario ricorso giudiziale (avvenuto il (OMISSIS)).

Avverso la suddetta sentenza La Sig.ra T. proponeva reclamo L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 58 davanti alla Corte d’appello di Bologna.

Resisteva la società. La T. inoltre, in data 17.2.2015, depositava in giudizio memoria con allegato certificato storico di residenza della stessa, al maggio 2012, nel Comune di San Pietro in Casale (Bo), comune terremotato nel sisma del (OMISSIS), unitamente alle copie: del D.M. 1 giugno 2012, inerente la sospensione, ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 9, comma 2, dei termini per l’adempimento degli obblighi tributari a favore dei contribuenti colpiti dal sisma del (OMISSIS), verificatosi nelle province di (OMISSIS); il D.L. 6 giugno 2012, n. 74, art. 6 e dell’allegato alla L. 7 dicembre 2012, n. 213.

Con sentenza depositata il 13 marzo 2015, la Corte d’appello di Bologna respingeva il reclamo.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la T., affidato a cinque motivi, poi illustrati con memoria.

Resiste la società Maccorp Italiana con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione della L. n. 604 del 1966, art. 6, comma 2, come modificato dalla L. n. 183 del 2010, art. 32.

Lamenta la ritenuta applicabilità del termine decadenziale per la proposizione del ricorso giudiziale, di cui all’art. 6, comma 2, citato, ai licenziamenti intimati, come nella specie ((OMISSIS)), prima dell’entrata in vigore della L. n. 183 del 2010 ((OMISSIS)), ed anche impugnati stragiudizialmente prima di tale data (nella specie il (OMISSIS)).

1.1- Il motivo è infondato.

La questione all’esame è se l’onere di far seguire nei 270 giorni dall’impugnazione stragiudiziale (proposta entro i 60 giorni) il deposito del ricorso o della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, posto a pena di decadenza dalla L. n. 604 del 1966, art. 6, comma 2 nel testo modificato dalla L. n. 183 del 2010, art. 32 (poi ulteriormente modificato dalla L. n. 92 del 2012), sia applicabile ai recessi intimati anteriormente all’entrata in vigore del c.d. Collegato lavoro ((OMISSIS)) e peri quali, come nel caso in esame, l’impugnazione stragiudiziale sia stata proposta anch’essa prima del (OMISSIS).

1.2- Il quadro normativo di riferimento è il seguente:

la L. 183 del 2010, art. 32, comma 1 ha così sostituito i primi due commi della L. n. 604 del 1966, art. 6:

“Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch’ essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. L’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di duecentosettanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo”.

Il D.L. n. 225 del 2010, n. 225, cd. “milleproroghe”, convertito con modificazioni dalla L. 26 febbraio 2011, n. 10, ha poi disposto, con l’art. 2, comma 54, l’introduzione del comma 1-bis, che dispone che “In sede di prima applicazione, le disposizioni di cui alla L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 6, comma 1 come modificato dal comma 1 del presente articolo, relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento, acquistano efficacia a decorrere dal 31 dicembre 2011”. Tale differimento, come ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte con riferimento al contratto di lavoro a tempo determinato nella sentenza 14.3.2016, n. 4913, è stato introdotto per evitare che l’immediata decorrenza di un termine decadenziale, prima non previsto, potesse pregiudicare chi, intenzionato a contestare la cessazione del rapporto di lavoro o le altre tipologie di atti datoriali indicati nell’art. 32, si potesse trovare ad incorrere inconsapevolmente nella decadenza. La L. n. 92 del 2012 ha ulteriormente disposto, con l’art. 1, commi 38 e 39, la modifica dell’art. 6, comma 2, sostituendo, per i licenziamenti intimati dopo la sua entrata in vigore, il termine di 270 giorni con quello di 180.

1.2- Come questa Corte ha già rilevato con la sentenza n. 9203 del 2014 e successive altre conformi (v. Cass. n. 14406 del 10/07/2015, Cass. n. 10545/16) l’ambito di novità determinato dal suddetto art. 32 riguarda non solo l’estensione dell’onere di impugnativa stragiudiziale a casi in precedenza non previsti, ma anche il fatto che la stessa impugnazione stragiudiziale divenga inefficace se non seguita dal deposito del ricorso giudiziale nel termine disposto dalla L. n. 604 del 1966, art. 6, comma 2, novellato, e quindi il diretto contestuale collegamento tra impugnazione stragiudiziale e decorrenza del termine (parimenti di decadenza) per il deposito del ricorso giudiziale (o le procedure conciliative od arbitrali, anch’esse ridisegnate dall’art. 31 dello stesso Collegato Lavoro), sicchè l’art. 6, commi 1 e 2 novellati vengono a costituire, integrandosi fra loro, una disciplina unitaria, articolata – e qui sta appunto l’elemento generalizzato di novità – nella previsione di due successivi e tra loro connessi termini di decadenza. Da tale collegamento tra i due momenti impugnatori (stragiudiziale e giudiziale o arbitrale), questa Corte ha fatto discendere che il differimento previsto dal comma 1 bis (D.L. n. 225 del 2010, convertito) deve intendersi riferito anche alla decadenza di cui al comma 2, la cui operatività viene fatta parimenti decorrere dal 31.12.2011 (cfr. Cass sez un. 14.3.16 n. 4913; Cass. n. 10545 /16, Cass. n. 25103 del 2015 ed altre).

1.3 – Osserva dunque il Collegio che solo tale disciplina transitoria – diretta ad evitare l’immediata decorrenza di un termine decadenziale (prima non previsto) in grado di pregiudicare irreversibilmente chi, intenzionato a contestare la cessazione del rapporto di lavoro o le altre tipologie di atti datoriali indicati nell’art. 32 cit., si trovi ad incorrere inconsapevolemente ed incolpevolemente (si pensi ad un licenziamento intimato ed impugnato ben prima del cd. collegato lavoro, allorquando al (OMISSIS) il nuovo termine decadenziale sia in teoria già spirato) nella nuova decadenza, in contrasto col principio di eguaglianza e di ragionevolezza (cfr. Cass. sez. un. n. 4913/2016) – consente di applicare, con il calcolo del nuovo termine a partire dal (OMISSIS) (comportante una sostanziale rimessione in termini), la decadenza sostanziale inerente il deposito del ricorso giudiziale (tanto più in materia sensibile inerente la perdita o meno del posto di lavoro) ai licenziamenti intimati precedentemente alla data di entrata in vigore della L. n. 183 del 2010, ed in particolare ai licenziamenti già intimati e già impugnati stragiudizialmente sotto il vigore di una legge che non prevedeva altri adempimenti e tanto meno una decadenza dall’esercizio dell’azione, così da indurre dottrina e questa stessa Corte, in precedenti ma non risalenti pronunce, ad escludere, in via generale, l’applicazione di tale nuova decadenza ai licenziamenti ed impugnative stragiudiziali compiute sotto il vigore della vecchia disciplina (cfr. Cass. 4.11.2015 n. 22534, Cass. ord. 8.2.2016 n. 2462 -con riferimento ai contratti a termine in somministrazione- Cass. 10.7.2015 n. 14406).

Del resto, come osservato da Cass. ord. n. 2462/16, la norma del decreto “mille proroghe” (D.L. n. 225 del 2010) “non si limita a prevedere un differimento del termine di entrata in vigore della legge, ma usa un’espressione più radicale, disponendo che quelle norme acquistano efficacia a decorrere dal 31 dicembre 2011. Il legislatore ha in tal modo azzerato i termini maturati in precedenza ed alla normativa in questione ha assegnato una nuova data di acquisto di efficacia, abrogando implicitamente con efficacia ex tunc la disposizione previgente in materia di entrata in vigore. Ne consegue che, come affermato da Cass. 2494/2015, anche eventuali decadenze già maturate sulla base del testo originario, dopo questa innovazione voluta dal legislatore, non producono effetti”.

Nello stesso senso Cass. n. 14406/15, secondo cui è decisivo il rilievo che il legislatore (D.L. n. 225 del 2010, conv. in L. n. 10 del 2011) non ha testualmente limitato la proroga dell’efficacia dell’art. 6, comma 1 novellato, alle ipotesi in precedenza non contemplate (di cui non è del resto fatto testualmente cenno), ma “ha disposto il differimento dell’entrata in vigore del comma 1 dando per presupposto che la disposizione novellata abbia, in linea generale, una sua prima applicazione (letteralmente, del resto, si dice “In sede di prima applicazione” e non già, ad esempio, “nei casi di sua prima applicazione” o altra similare)”, con la conseguenza che, attraverso il differimento “In sede di prima applicazione” della L. n. 604 del 1966, art. 6, comma 1, il legislatore ha inteso, con ciò stesso, differire anche il termine a partire dal quale decorre la decadenza di cui al comma 2, che diviene quindi a sua volta non applicabile anteriormente al (OMISSIS).

In questo contesto le più recenti decisioni di questa Corte in materia (Cass. sez. un. n. 4913/16, Cass. n. 10545/16, Cass. n. 14406/15), che hanno applicato il nuovo regime decadenziale ai licenziamenti pregressi sulla base della disciplina di cui al D.L. n. 225 del 2010, conv. con mod. dalla L. n. 10 del 2011, e la conseguente rimessione in termini (con cui sono state risolte le relative questioni inerenti lo ius fitigatoris))senza affermare la generalizzata ed astratta applicabilità del regime decadenziale introdotto dalla L. n. 183 del 2010 (e modificato, solo quanto alla riduzione del termine di 270 giorni a 180, dalla L. n. 92 del 2012) anche ai licenziamenti intimati ed impugnati prima del (OMISSIS). Al riguardo le sezioni unite (sent. n. 4913 /16) hanno esattamente affermato che la rimessione in termini risponde alla “ratio legis” di risolvere, in chiave costituzionalmente orientata, le conseguenze legate all’introduzione “ex novo” del suddetto e ristretto termine di decadenza.

Analoga disciplina “transitoria” risulta del resto prevista, in conformai del principio di ragionevolezza costituzionalmente tutelato, peri contratti a tempo determinato, dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 4, lett. b) sempre al fine di evitare al lavoratore, il cui contratto sia cessato antecedentemente al (OMISSIS), di incorrere in una decadenza prima non prevista.

1.4 – Deve dunque concludersi che, in assenza della disciplina contenuta nel D.L. n. 225 del 2010, non potrebbe applicarsi ad un licenziamento intimato ed impugnato ben prima del nuovo regime decadenziale di cui alla L. n. 183 del 2010 (Cass. Cass. n. 10545/16), termine poi ridotto a 180 giorni dalla L. n. 92 del 2012, un regime di decadenza sostanziale solo successivamente previsto dalla legge (cfr. in materia, Cass. n. 14406/15, Cass. n. 4408/14).

1.5. Non può infatti ritenersi, al fine di escludere che la nuova disciplina in tema di decadenza incida sul fatto generatore del diritto ad impugnare, che l’introduzione del termine decadenziale di 270 (quindi ridotti a 180) giorni abbia semplicemente sostituito il preesistente termine quinquennale di prescrizione per la proposizione dell’azione giudiziaria (cfr. al riguardo Cass. ord. n. 20586 del 13/10/2015), con una decadenza dal diritto di azione, trattandosi di istituti affatto differenti. La nuova previsione ha infatti inciso su una situazione sostanziale che determinava la possibilità di soddisfacimento del diritto, che non può ritenersi ancora in fieri per la sola pendenza del termine prescrizionale, proprio di qualunque diritto ai sensi e nei limiti di cui all’art. 2934 c.c. La novella ha invece inciso sulla vicenda impugnatoria del licenziamento e sul diritto, costituzionalmente tutelato, di agire per la declaratoria di illegittimità del recesso, già conclusa sotto il vigore della precedente disciplina.

1.6- Ne consegue che, anche per i licenziamenti intimati ed impugnati prima del (OMISSIS), è applicabile il termine di decadenza sostanziale connesso al deposito del ricorso giudiziario, ma solo con decorrenza dal 1 gennalo 2012, risultando tale disciplina, così integrata dal D.L. n. 225 del 2010, conforme al principio di eguaglianza e di ragionevolezza, costituzionalmente tutelati.

Nella specie anche con riferimento al dies a quo del 1 gennaio 2012, il termine di decadenza di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 6, comma 2 risulta superato, risultando per tale ragione il motivo di ricorso infondato.

2.- Col secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione del D.M. 1 giugno 2012, recante la sospensione, ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 9, comma 2, dei termini per l’adempimento degli obblighi tributari a favore dei contribuenti colpiti dal sisma del (OMISSIS), verificatosi nelle province di (OMISSIS). D.L. 6 giugno 2012, n. 74, art. 6 allegato alla L. 7 dicembre 2012, n. 213. La nullità della sentenza o del procedimento per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto il giudicato interno sul punto.

Il motivo è infondato.

Come affermato dalla sentenza impugnata la questione non venne proposta in primo grado e neppure col reclamo, ma soltanto in successiva memoria dinanzi alla Corte d’appello, e pertanto inammissibilmente, anche per la formazione di giudicato interno implicito sul punto.

3.- Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione della L. n. 604 del 1966, art. 2 per non avere la sentenza impugnata adeguatamente considerato le conseguenze del licenziamento intimato oralmente.

Il motivo è infondato, posto che la sentenza impugnata ha accertato che il licenziamento venne intimato ed impugnato per iscritto, non rilevando peraltro la solo dedotta circostanza che qualche giorno prima del licenziamento scritto -avvenuto, come deduce la ricorrente, con lettera r.a.r. del 26.10.09 – vi sarebbe stato un licenziamento orale, inefficace sino al recesso intimato regolarmente per iscritto.

4.- Il quarto motivo, con cui la ricorrente si duole dell’illegittimità sostanziale del licenziamento, è evidentemente assorbito dalla accertata intervenuta decadenza della sua impugnazione.

5.- Col quinto motivo, la T. censura la sentenza impugnata per averla condannata al pagamento delle spese di lite e per aver ritenuto, in ordine alla condanna di essa ricorrente alle spese inerenti la duplice fase iniziale del giudizio, conclusasi con la sentenza n. 922/14 del Tribunale di Bologna, inammissibile il reclamo sul punto per non avere la questione formato oggetto di specifica doglianza in sede di opposizione e quindi di specifico motivo di gravame, mentre ad avviso della ricorrente lo era stato.

Il motivo, sotto quest’ultimo aspetto, presenta un profilo di inammissibilità per non essere stato prodotto l’atto di reclamo.

Per il resto deve osservarsi che la ricorrente si limita a dedurre che la complessità del quadro normativo e ragioni di equità avrebbero dovuto indurre la Corte di merito a compensare le spese dell’intero processo, mentre il tenore della decisione impugnata non presenta elementi per derogare al principio della soccombenza.

6.-Il ricorso deve essere quindi rigettato.

Il recente consolidamento della giurisprudenza di legittimità in ordine alla questione di cui al primo motivo di ricorso, giustifica la compensazione delle spese del presente giudizio. Non risultando condizioni di esenzione, deve invece provvedersi ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2016

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