Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18310 del 19/09/2016


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Cassazione civile sez. lav., 19/09/2016, (ud. 19/05/2016, dep. 19/09/2016), n.18310

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. VENUTI Pietro – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 823-2014 proposto da:

T. S.P.A., (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27,

presso lo studio dell’avvocato SALVATORE TRIFIRO’, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

N.G.;

– intimato –

Nonchè da:

N.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA MARIA ADELAIDE 8, presso lo studio dell’avvocato PAOLA TANFERNA,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO MOTTA

NASINI, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

T. S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE

TRIFIRO’, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 384/2013 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 26/09/2013 R.G.N. 294/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/05/2016 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO;

udito l’Avvocato ZUCCHINALI PAOLO per delega orale Avvocato TRIFIRO’

SALVATORE;

udito l’Avvocato TANFERNA PAOLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale assorbito il ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Brescia, in riforma della sentenza n. (OMISSIS) del Tribunale di Cremona, con la pronuncia qui impugnata dichiarava l’illegittimità del licenziamento per giusta causa intimato in data (OMISSIS) da T. s.p.a. nei confronti di N.G., con gli effetti reintegratori e risarcitori sanciti dalla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18 nella versione di testo applicabile ratione temporis.

A fondamento del decisum, in estrema sintesi, la Corte territoriale osservava che le mancanze addebitate al dipendente erano consistite: a) nella presentazione in servizio, il giorno (OMISSIS), con quaranta minuti di ritardo, e nella contestuale alterazione del registro presenze; b) nell’allontanamento dal servizio, in data (OMISSIS) alle ore 12 invece che alle 13,18 come dovuto, con pari alterazione del registro presenze.

Rilevava, tuttavia, il giudice dell’impugnazione, che tali addebiti – pur risultati comprovati nella loro obiettività all’esito della espletata attività istruttoria – non rivestivano quei profili di gravità desumibile dalla loro portata oggettiva e soggettiva, dalle circostanze nelle quali erano stati commessi nonchè dall’intensità dell’elemento intenzionale, che avrebbero giustificato l’irrogazione della massima sanzione disciplinare.

Avverso tale decisione interpone ricorso per Cassazione la società T. affidato a due motivi. Resiste con controricorso il lavoratore che propone ricorso incidentale condizionato, avverso il quale la società ha notificato controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2119 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c.

Critica la sentenza impugnata per aver ritenuto – nonostante fosse stata accertata la fondatezza dei fatti addebitati – non proporzionata la sanzione espulsiva a tali fatti, sulla scorta di erronea valutazione del materiale probatorio acquisito in giudizio.

In particolare, stigmatizza la statuizione del giudice dell’impugnazione con cui si era affermato che le indicazioni degli orari apposte sul registro presenza anche dagli altri dipendenti, non erano in perfetta sequenza cronologica, dovendo interpretarsi tale elemento quale dato significativo della frequenza con cui venivano indicati orari diversi da quelli effettivamente osservati. La società si duole infine che la Corte abbia ritenuto non rilevanti gli effetti della soppressione del treno merci conseguente al ritardo del N. registrato in data (OMISSIS), adducendo un accordo sul rinvio della consegna fra il cliente e la società, che non aveva in realtà avuto luogo.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2106 e 2119 c.c. nonchè dell’art.59 c.c.n.l. 16/4/2003.

Si critica la statuizione con la quale i giudici dell’impugnazione hanno ritenuto la condotta posta in essere dal N. non ascrivibile alle ipotesi di licenziamento per giusta causa previste dall’art. 59 c.c.n.l. 16/4/2003. Si deduce che in detta materia, le fattispecie indicate in sede collettiva hanno una valenza meramente esemplificativa, non idonea ad esaurire ogni possibile mancanza del lavoratore suscettibile di essere sanzionata con la massima sanzione disciplinare.

Si osserva che, in ogni caso, la fattispecie ben poteva essere inserita nell’ipotesi prevista dalla lett. m) del di settore alla cui stregua il licenziamento senza preavviso è comminato in relazione a fatti o atti dolosi, commessi in occasione del rapporto di lavoro anche nei confronti dei terzi, di gravità tale da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro. Si lamenta, quindi, che la corte territoriale, in violazione delle disposizioni innanzi citate, abbia “omesso di effettuare una valutazione complessiva delle mancanze del sig. N., limitando tale valutazione alla falsificazione del registro delle presenze e non anche alle conseguenze derivanti da tale condotta” (erogazione dello straordinario in favore del sostituto e soppressione di un treno merci), in tale contesto non assumendo rilievo, ai fini del giudizio di proporzionalità della sanzione, la circostanza, pur rimarcata dalla Corte di merito, della mancanza di precedenti disciplinari in capo al dipendente.

In sintesi, la ricorrente si duole che l’iter motivazionale percorso dalla Corte distrettuale sia affetto da lacunosità ed omessa valutazione di circostanze rilevanti e decisive al fine della qualificazione della condotta assunta dalla lavoratrice nell’ambito del ricordato giudizio di proporzionalità della sanzione irrogata, rimarcando che la mancanza addebitata al dipendente era da ritenersi di tale gravità da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro, come sancito in via generale dall’art.2119 c.c. ed in particolare dal ricordato art. 59, lett. m) del c.c.n.l. 16/4/2003.

Le censure, il cui esame congiunto è consentito dalla connessione che le connota, sono infondate.

Non può sottacersi, che, con detti motivi, sotto il profilo della violazione di legge, la ricorrente tende a pervenire, inammissibilmente, ad una rinnovata considerazione, nel merito, della condotta ascritta al dipendente.

Va infatti, rimarcato che, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa o viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (vedi Cass. 16 luglio 2010 n.16698, cui adde Cass. 18 novembre 2011 n. 24253).

Nella specie ricorre proprio siffatta ultima ipotesi in quanto la violazione di legge viene dedotta mediante la contestazione della valutazione delle risultanze di causa la cui censura è ammissibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetta del vizio di motivazione, che qui non viene denunciato, ma non sotto il profilo della violazione o falsa applicazione di legge.

Esigenze di completezza espositiva, inducono, peraltro, a rimarcare che, per consolidato orientamento di questa Corte, la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (in termini, di recente, Cass. 4 aprile 2014 n.8008, Cass. SS.UU.25 ottobre 2013 n.24148).

Nello specifico, sotto il profilo motivazionale, la sentenza impugnata, per quello che riguarda il richiamato accertamento, appare congrua e formalmente coerente con equilibrio dei vari elementi, con i dati istruttori acquisiti che ne costituiscono la struttura argomentativa.

La Corte distrettuale, nello scrutinare il materiale probatorio acquisito, ha infatti, offerto una lettura dei dati desumibili dal registro presenze tale da non costituire elemento significativo ai fini della qualificazione dell’elemento psicologico sotteso alla condotta addebitata, avendo osservato che l’indicazione degli orari non seguiva una corretta sequenza cronologica, di guisa che taluni lavoratori avevano indicato un orario di ingresso (ad esempio, 14,30) successivo rispetto a quello trascritto dai lavoratori di seguito indicati in registro (ad esempio ad ore 13,12). Ciò era indicativo della frequenza con cui i dipendenti indicavano nel registro, ore diverse da quelle in cui avevano iscritto la propria presenza, di guisa che indubbiamente affievolita doveva ritenersi l’intensità sul piano soggettivo, della mancanza addebitata al ricorrente.

Sotto il medesimo versante si colloca la disamina relativa alle conseguenze connesse all’anticipato allontanamento dal lavoro per il giorno (OMISSIS), in cui gli effetti della soppressione del treno merci – risolti nel differimento di un giorno, della consegna – sono stati riguardati sotto il profilo della mancata interferenza di tale evento, sulla intera programmazione dei convogli merci da parte della società.

Gli approdi ai quali è pervenuta la Corte distrettuale in quanto sorretti da un iter motivazionale coerente sul piano logico, e, per quanto si dirà, corretto sul versante giuridico, non restano scalfiti dalle critiche teste formulate.

Questa Corte ha infatti affermato il principio, che va qui ribadito, alla cui stregua, la valutazione in ordine alla legittimità del licenziamento disciplinare di un lavoratore deve essere in ogni caso effettuata attraverso un accertamento in concreto da parte del giudice del merito della reale entità e gravità del comportamento addebitato al dipendente nonchè del rapporto di proporzionalità tra sanzione e infrazione, anche quando si riscontri la astratta corrispondenza del comportamento del lavoratore alla fattispecie tipizzata contrattualmente, occorrendo sempre che la condotta sanzionata sia riconducibile alla nozione legale di giusta causa, tenendo conto della gravità del comportamento in concreto del lavoratore, anche sotto il profilo soggettivo della colpa o del dolo, con valutazione in senso accentuativo rispetto alla regola generale della “non scarsa importanza” dettata dall’art. 1455 c.c. (vedi cass. 4 marzo 2013 n.5280, Cass. 26 giugno 2013 n.16095 cui aride Cass. 16 ottobre 2015 n. 21017).

Inoltre, non può tralasciarsi di considerare, ai fini dell’applicazione del principio di proporzionalità della sanzione codificato dall’art. 2106 c.c., che si verte in ipotesi di clausola generale in materia di sanzioni, di portata ampia che connatura e condiziona il potere disciplinare, ed il cui scrutinio è devoluto alla discrezionalità del giudice di merito di guisa che, se correttamente motivato, così come nella fattispecie in questa sede delibata, non è suscettibile di scrutinio in sede di legittimità (vedi ex plurimis, Cass. 25 maggio 2012 n.8293).

In definitiva, alla luce delle superiori argomentazioni, il ricorso principale è respinto. Corollario della reiezione del ricorso principale è l’assorbimento del ricorso incidentale spiegato in via condizionata dall’intimato.

Il governo delle spese del presente giudizio di legittimità segue il regime della soccombenza nella misura in dispositivo liquidata.

Occorre, infine, dare atto della sussistenza, a carico del ricorrente principale, delle condizioni richieste dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento a titolo di contributo unificato dell’ulteriore importo pari a quello versato per il ricorso principale.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale. Condanna T. s.p.a. al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1.

Così deciso in Roma, il 19 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2016

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