Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1831 del 28/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 28/01/2021, (ud. 14/10/2020, dep. 28/01/2021), n.1831

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE X

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31509 – 2018 R.G. proposto da:

C.M. – c.f. (OMISSIS) – (in proprio e quale erede di

S.S.), rappresentata e difesa in virtù di procura speciale a

margine del ricorso dall’avvocato Clemente Natale ed elettivamente

domiciliata in Roma, alla via Muzio Clementi, n. 9, presso lo studio

dell’avvocato Raguso Giuseppe;

– ricorrente –

contro

V.V. – c.f. (OMISSIS) – CA.LU. – c.f. (OMISSIS) –

CA. AN. c.f. (OMISSIS) – (tutti quali eredi legittimi di

C.P.), elettivamente domiciliati, con indicazione

dell’indirizzo p.e.c., in Foggia, al viale XXIV Maggio, n. 33,

presso lo studio dell’avvocato di Cicco Vincenzo che li rappresenta

e difende in virtù di procura speciale su foglio separato allegato

in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1390 dei 8/25.9.2017 della Corte d’Appello di

Bari;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 ottobre

2020 dal consigliere Dott. Abete Luigi.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con atto del 31.1.2002 C.P. citava a comparire dinanzi al Tribunale di Foggia, sezione distaccata di Manfredonia, S.S..

Esponeva che con contratto in data 13.5.1988 il convenuto aveva promesso di vendergli ed egli attore aveva promesso di acquistare l’alloggio ed il terreno antistante in (OMISSIS) (in catasto al fol. (OMISSIS), part. (OMISSIS), sub (OMISSIS)); che il prezzo era stato pattuito, rispettivamente, in lire 250.000.000 ed in lire 35.000.000.

Esponeva che aveva di seguito appreso che l’alloggio era stato costruito in virtù di convenzione L. n. 865 del 1971, ex art. 35 stipulata dal promittente venditore con il Comune di Vieste; che alla stregua della convenzione il prezzo di cessione dell’immobile non poteva esser superiore a quello stabilito dal Comune di Vieste, ossia a lire 1.414.850 al mq.

Esponeva che non si era addivenuti alla stipula del definitivo, siccome il promittente venditore non aveva inteso ridurre il prezzo della vendita.

Chiedeva pronunciarsi sentenza ex art. 2932 c.c. idonea a trasferirgli la proprietà dei cespiti al prezzo indicato nella convenzione siglata con il Comune di Vieste, con condanna del promittente venditore alla restituzione delle somme pagate in eccedenza.

2. Si costituiva S.S..

Instava per il rigetto delle avverse domande.

3. Con sentenza non definitiva n. 58/2008 il Tribunale di Foggia, sezione distaccata di Manfredonia, in accoglimento della domanda attorea, pronunciava sentenza ex art. 2932 c.c.; con separata ordinanza disponeva per l’ulteriore corso istruttorio in ordine alla pretesa restitutoria.

4. Avverso la sentenza n. 58/2008 S.S. proponeva appello. Resisteva C.P..

5. Con sentenza definitiva n. 96/2012 il Tribunale di Foggia, sezione distaccata di Manfredonia, in accoglimento della domanda attorea, condannava S.S. a pagare, tra l’altro, a C.P. la somma di Euro 59.260,36.

6. Avverso la sentenza n. 96/2012 S.S. del pari proponeva appello. Resisteva parimenti C.P..

7. Con sentenza n. 434/2014 la Corte d’Appello di Bari, in riforma della sentenza non definitiva n. 58/2008, accertata l’integrale nullità del contratto preliminare in data 13.5.1988, rigettava la domanda ex art. 2932 c.c. esperita in prime cure da C.P..

8. Con sentenza n. 1390/2017 la Corte d’Appello di Bari, in parziale riforma della sentenza definitiva n. 96/2012, determinava nel minor ammontare di Euro 56.113,96 il debito di S.S. e pronunciava condanna dell’appellante al pagamento del medesimo importo in favore degli eredi, V.V., Ca.Lu. ed C.A., C.P..

Esplicitava la Corte di Bari che la propria sentenza n. 434/2014 non era atta a travolgere la statuizione definitiva n. 96/2012 del Tribunale di Foggia, nella parte in cui recava condanna alla restituzione delle somme che l’originario attore, promissario acquirente, aveva versato indebitamente, siccome maggiori rispetto al prezzo che avrebbe dovuto corrispondere in forza della convenzione L. n. 865 del 1971, ex art. 35 stipulata dall’originario convenuto, promittente venditore, con il Comune di Vieste.

Esplicitava che l’acclarata, in virtù della propria sentenza n. 434/2014 – integrale – nullità del preliminare, comportante l’obbligo, a titolo di indebito oggettivo, per il promittente venditore di restituzione delle somme tutte ricevute quale corrispettivo, non era inconciliabile con la domanda – oggetto del gravame – di restituzione dei minori importi versati in eccedenza, domanda del pari fondata sulla nullità – parziale – del preliminare.

9. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso C.M., in proprio e quale erede di S.S.; ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con vittoria di spese.

V.V., Ca.Lu. ed C.A., eredi di C.P., hanno depositato controricorso; hanno chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore – con distrazione – delle spese del giudizio e con condanna della ricorrente ai sensi dell’art. 96 c.p.c..

10. Il relatore ha formulato proposta di manifesta infondatezza del ricorso ex art. 375 c.p.c., n. 5), il presidente ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

11. La ricorrente ha depositato memoria.

12. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 2 e 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 336 c.p.c.; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

Deduce che il trasferimento ex art. 2932 c.c. è venuto meno a seguito della declaratoria di integrale nullità del preliminare – per difetto dei requisiti soggettivi per l’accesso all’edilizia agevolata – di cui alla sentenza n. 434/2014 della Corte di Bari; che l’originario attore “non ha mai promosso domande basate sulla nullità integrale del contratto preliminare di vendita” (così ricorso, pag. 11); che conseguentemente la corte barese avrebbe dovuto dar atto che non vi era più da decidere in ordine a domande restitutorie circa presunte differenze di prezzo e disporne il rigetto.

Deduce ulteriormente che la Corte di Bari ha in sostanza operato la conversione della domanda di riduzione e restituzione del prezzo correlata alla nullità parziale del preliminare in domanda di restituzione di somme correlata a domanda, mai formulata, di nullità dell’intero preliminare.

Deduce quindi che la Corte di Bari è incorsa nel vizio di ultrapetizione ed ha omesso l’esame del fatto decisivo ovvero del sopravvenuto riscontro – ad opera della sentenza n. 434/2014 – del difetto dei requisiti soggettivi per accedere all’edilizia agevolata.

13. Il motivo di ricorso è destituito di fondamento.

14. Questa Corte spiega che la disciplina di cui alla L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 35, in tema di determinazione dei prezzi di cessione degli alloggi in materia di edilizia convenzionata, si correla sia al disposto dell’art. 1339 c.c., a tenor del quale la prefigurazione legislativa circa il prezzo di un dato bene si inserisce di diritto nel contratto pur in sostituzione delle clausole difformi concordate dalle parti, sia al disposto dell’art. 1419 c.c., comma 2, a tenor del quale la nullità – parziale – di una singola clausola contrattuale, per violazione di disposizioni imperative, non importa nullità dell’intero contratto, allorchè la clausola nulla è sostituita di diritto dall’imperativa prefigurazione legislativa (cfr. Cass. 10.2.2010, n. 3018).

15. Questa Corte, altresì, spiega da tempo che la restituzione delle somme pagate in esecuzione di un contratto nullo va ricondotta allo schema dell’indebito oggettivo (cfr. Cass. 22.8.1977, n. 3833. L’indebito oggettivo si verifica o perchè manca la causa originaria giustificativa del pagamento (“conditio indebiti sine causa”) o perchè la causa originaria del rapporto originariamente esistente è poi venuta meno in virtù di eventi successivi che hanno posto nel nulla o reso inefficace il rapporto medesimo (“conditio ob causam finitam”): cfr. Cass. 1.7.2005, n. 14084).

16. In questi termini è fuor di dubbio che la domanda con la quale, in prime cure, C.P. ebbe a sollecitare la condanna di S.S. al rimborso “della somma dovuta quale differenza tra il prezzo dovuto per convenzione e quanto realmente pagato” (al riguardo cfr. ricorso, pag. 3), rinvenisse il proprio titolo, la propria causa petendi nell’indebito oggettivo – “conditio indebiti sine causa”- da correlare alla dedotta nullità parziale del contratto in data 13.5.1988.

17. Ebbene, allorquando, con la statuizione n. 1390/2017 in questa sede impugnata, ha confermato la condanna restitutoria di S.S. – seppur per il minor importo di Euro 56.113,96 – disposta dal Tribunale di Foggia con la sentenza definitiva n. 96/2012, la Corte d’Appello di Bari ha, sì, raccordato la condanna alla sopraggiunta – in dipendenza della propria sentenza n. 434/2014 – nullità integrale del contratto in data 13.5.1988 e, tuttavia, non ha in tal guisa modificato la causa petendi dell’iniziale istanza restitutoria, ancorata inizialmente, rimasta ancorata poi – comunque – ad una situazione di indebito oggettivo “sine causa”.

18. Non si configura quindi il denunciato vizio di “ultrapetizione”.

19. Del resto questa Corte spiega non solo che il vizio di “ultra” o “extrapetizione” ricorre soltanto quando il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri qualcuno degli elementi obiettivi dell’azione (“petitum” o “causa petendi”), sostituendo (con specifico riferimento alla “causa petendi”) l’azione espressamente o formalmente proposta con una diversa, fondata su fatti diversi o su una diversa “causa petendi”, con la conseguente introduzione nel processo di un nuovo o diverso titolo accanto a quello posto dalla parte a fondamento della domanda, e di un nuovo tema di indagine (cfr. Cass. 12.1.1999, n. 258).

Ma puntualizza inoltre che, ai fini della identificazione della “causa petendi” posta dalla parte a base della domanda non rilevano tanto le ragioni giuridiche addotte a fondamento della pretesa avanzata in giudizio, bensì l’insieme delle circostanze di fatto che la parte pone a base della propria richiesta, sicchè è compito precipuo del giudice la corretta identificazione degli effetti giuridici scaturenti dai fatti dedotti in causa (cfr. Cass. 2.3.2006, n. 4598).

20. Su tale scorta, indubitabilmente, nella fattispecie, la causa petendi della pretesa restitutoria è rimasta in ogni caso ancorata alla situazione di indebito oggettivo (“sine causa”) inizialmente dedotta da C.P..

21. Non vi è margine perchè possa configurarsi un asserito omesso esame di fatto decisivo.

Disconosciuto il vizio di “ultrapetizione”, è, invero, del tutto irrilevante la circostanza per cui alla nullità parziale si fosse correlato dapprima – con la sentenza definitiva n. 96/2012 del Tribunale di Foggia – il riscontro della sussistenza dei requisiti soggettivi ai fini dell’accesso all’edilizia agevolata ed alla nullità integrale si sia correlato poi – con la sentenza n. 434/2014 della Corte di Bari – il riscontro della insussistenza dei medesimi requisiti soggettivi.

Tanto, ben vero, a prescindere dal rilievo per cui il presunto omesso esame risulta irritualmente prospettato con riferimento ad un error – il vizio di “ultra petizione” – in procedendo (cfr. – seppur con riferimento alla omessa motivazione – Cass. (ord.) 2.9.2019, n. 21944, secondo cui, in materia di vizi “in procedendo”, non è consentito alla parte interessata di formulare in sede di legittimità la relativa censura in termini di omessa motivazione, in quanto spetta alla Corte di cassazione accertare se vi sia stato o meno il denunciato vizio di attività, attraverso l’esame diretto degli atti, indipendentemente dall’esistenza o dalla sufficienza e logicità dell’eventuale motivazione del giudice di merito sul punto).

22. In dipendenza del rigetto del ricorso la ricorrente va condannata a rimborsare le spese del presente giudizio di legittimità all’avvocato d.C.V., difensore dei controricorrenti, il quale ha dichiarato di aver anticipato le spese e di non aver riscosso gli onorari.

La liquidazione segue come da dispositivo.

23. Non sussistono i presupposti della mala fede ovvero della colpa grave perchè si possa far luogo – come da richiesta dei controricorrenti – a pronunce di condanna ex art. 96 c.p.c. (cfr. Cass. sez. un. 20.4.2018, n. 9912, secondo cui la responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, a differenza di quella di cui ai primi due commi della medesima norma, non richiede la domanda di parte nè la prova del danno, ma esige pur sempre, sul piano soggettivo, la mala fede o la colpa grave della parte soccombente, sussistente nell’ipotesi di violazione del grado minimo di diligenza che consente di avvertire facilmente l’infondatezza o l’inammissibilità della propria domanda, non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate).

24. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115l, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del citato D.P.r., art. 13, comma 1-bis, se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; rigetta l’istanza di condanna ex art. 96 c.p.c. formulata dai controricorrenti; condanna la ricorrente, C.M., a rimborsare all’avvocato d.C.V., difensore anticipatario dei controricorrenti, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 5.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del citato D.P.R., art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2021

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