Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18309 del 19/09/2016


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Cassazione civile sez. lav., 19/09/2016, (ud. 19/05/2016, dep. 19/09/2016), n.18309

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. VENUTI Pietro – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 435/2014 proposto da:

SIGMA S.P.A. C.E. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA D’ARA COELI 1,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIO COSIMO CUPPONE, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

T.D.;

Nonchè da:

T.D. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato BARBARA

AQUILANI, rappresentato e difeso dall’avvocato GABRIELE RAPALI,

giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

SIGMA S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA D’ARA COELI 1,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIO COSIMO CUPPONE, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 569/2013 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 23/09/2013 R.G.N. 624/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/05/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE BRONZINI;

udito l’Avvocato CUPPONE ANTONIO COSIMO;

udito l’Avvocato AQUILANI BARBARA per delega Avvocato RAPALI

GABRIELE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

T.D. esponeva al Tribunale di Fermo di aver lavorato come apprendista per la Sigma S.p.a.; deduceva che il contratto si era trasformato in rapporto a tempo indeterminato non essendo stata comunicata la disdetta entro il termine di preavviso. Pertanto impugnava l’intimato licenziamento e comunque allegava anche l’inadempimento dell’obbligo formativo. La società convenuta contestava la fondatezza della domanda; il Tribunale rigettava il ricorso. La Corte di appello di Ancona con sentenza del 23. 6.2013 in parziale accoglimento dell’appello principale e con assorbimento di quello incidentale annullava il licenziamento (così qualificata la disdetta tardiva) e condannava la società appellata al pagamento in favore della parte appellante del risarcimento del danno commisurato a 5 mensilità dl retribuzione globale di fatto nonchè a 15 mesi In sostituzione della reintegrazione nel posto dl lavoro, detratto quanto versato per indennità sostitutiva del preavviso oltre accessori e condanna la società al pagamento della somma di Euro 156,79 per lavoro straordinario. La Corte territoriale osservava che la prova espletata aveva dimostrato l’adempimento da parte della Sigma agli obblighi formativi posto che gli apprendisti avevano effettivamente partecipato ai corsi di formazione professionale seguiti dal tutor aziendale. Il mancato svolgimento di corsi da parte della Provincia dl Ascoli Piceno, oltre a non poter essere ascritto alla società, non aveva determinato una lesione significativa al programma formativo. Il contratto di apprendistato doveva tuttavia considerarsi ormai convertito in un rapporto a tempo indeterminato in quanto non era stato disdettato ex art. 2118 c.c., e L. n. 25 del 1955, art. 55, nel termine previsto dalle norme collettive posto che la disdetta era intervenuta un giorno prima della scadenza, mentre il termine contrattuale di preavviso era di un mese e mezzo. Spettava quindi Il risarcimento del danno nella misura minima e l’indennità sostitutiva della reintegrazione. Provato era anche lo svolgimento del lavoro straordinario nella misura di cui alla sentenza alla stregua della documentazione prodotta e delle dichiarazioni del teste Rossi, mentre non spettava l’inquadramento superiore dedotto.

Per la cassazione di tale decisione la società propone ricorso con un motivo corredato da memoria; resiste controparte con controricorso che ha proposto anche ricorso incidentale con un motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il motivo del ricorso “si allega la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 25 del 1955, art. 19, del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 49, e dell’art. 2118 c.c.; nessuna delle norme indicate espressamente prevedeva che la disdetta del contratto di apprendistato dovesse rispettare il periodo di preavviso contrattuale; il legislatore solo con la norma di cui al D.Lgs. n. 167 del 2011, art. 7, ha inteso correlare la disdetta al periodo di preavviso, ma tale previsione è inapplicabile alla fattispecie perchè successiva. Era comunque applicabile il capoverso dell’art. 2118 c.c., che stabilisce solo l’obbligo di pagare una indennità In caso di mancato rispetto del periodo di preavviso: la disdetta risultava comunicata prima della scadenza del contratto di apprendistato e, quindi, il rapporto non si era trasformato in contratto a tempo indeterminato.

Il motivo appare infondato. Lo stessa parte ricorrente deduce che la L. n. 25 del 1995, art. 55, è stato abrogato solo dal D.Lgs. n. 167 del 2011, art. 7, e quindi dopo la conclusione del rapporto di apprendistato, cosi come era applicabile al momento della disdetta il D.Lgs. n. 276 del 2000, art. 49: entrambe le norme prevedono per il datore di lavoro la possibilità di recedere al termine del rapporto di apprendistato alla stregua di quanto disposto dall’art. 2118 c.c.. Il quale a sua volta stabilisce al suo comma 1, che il recesso deve essere manifestato nel rispetto del termine e nel modi stabiliti dalle norme collettive, dagli usi o secondo equità, il che non è pacificamente avvenuto in quanto non è stato rispettato il termine previsto dal contratto collettivo essendo stata la disdetta esercitata il giorno prima la conclusione del rapporto di apprendistato (quindi senza il rispetto del termine di preavviso contrattuale). Appare ovvio che il riferimento compiuto dalle norme sull’apprendistato sia al solo l’art. 2318 c.c., comma 1, posto che si vuole stabilire le modalità del recesso da un contratto di apprendistato per relationem ad una disciplina codicistica penale mentre il secondo comma regola l’Istituto del preavviso in un rapporto di durata a tempo indeterminato, irrilevante per regolare Il diverso istituto dell’apprendistato. Pertanto appare corretto il precedente dl questa Corte, per quanto risalente, di cui a Cass. n. 6034/1983. L’argomento per cui solo nel 2011 si sarebbe chiarito il rapporto tra cessazione del rapporto di apprendistato e rispetto del termine di preavviso è chiaramente ambivalente potendosi ritenere che il legislatore nel 2011 abbia inteso chiarire un punto sul quale la giurisprudenza di legittimità era intervenuta solo saltuariamente conferendo maggiore certezza ai diritti dell’apprendista. Pertanto essendo chiare le norme applicabili ed univoco il riferimento all’art. 2118 c.c. primo comma) non sussistono ragioni per discostarsi dal detto precedente cui, pertanto, deve darsi continuità.

Con il motivo del ricorso incidentale si allega il vizio di omessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione in relazione alla presunta prova dell’adempimento da parte della società datrice di lavoro degli obblighi formativi e delle regole dell’apprendistato professionalizzante, nonchè la violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 49.

Il motivo appare inammissibile in quanto solleva censure di merito prospettando una carenza o contraddittorietà della motivazione, doglianze non più prospettabili alla luce della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, applicabile ratione temporis. Va ricordato sul punto l’orientamento di questa Corte che si condivide e cui si intende dare continuità secondo il quale “l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame dl un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non Integra, dl per sè, Il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. SSUU n. 8053/2014). Il “fatto” di cui si discute è già stato ampiamente esaminato dai Giudici di appello che hanno ritenuto che, nonostante alcune attività formative non fossero state svolte, nel suo complesso l’obbligo formativo fosse stato adempiuto nella sua sostanza. La violazione prospettata dl diritto nell’ultima parte dei motivo in realtà reitera le censure dl fatto alla motivazione della sentenza impugnata.

Stante la soccombenza reciproca devono compensarsi tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

La Corte al sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente in via principale e del ricorrente in via incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e del ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

La Corte ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente in via principale e del ricorrente in via incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e del ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2016

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