Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18309 del 08/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 08/07/2019, (ud. 02/04/2019, dep. 08/07/2019), n.18309

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26785-2018 proposto da:

K.O., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA SAN

SALVATORE IN CAMPO 33, presso lo studio dell’avvocato MUCCIO

NICOLINA GIUSEPPINA, rappresentato e difeso dall’avvocato NAPPI

NOEMI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso IL DECRETO n. 1807/2018 del TRIBUNALE DI LECCE, pubblicato il

25/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 2/4/2019 dal consigliere Dott.ssa Meloni Marina.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Lecce sezione specializzata per la protezione internazionale, con decreto in data 25/7/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Lecce in ordine alle istanze avanzate da K.O., nato in GUINEA il 1/1/1998, volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo proveniente dallo Stato della GUINEA aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Lecce di essere fuggito dal proprio paese in quanto dopo la morte della sua fidanzata deceduta nel dare alla luce un bambino i genitori della ragazza lo avevano minacciato e denunciato incolpandolo della morte e pertanto aveva timore di essere ucciso in caso di suo rientro in patria dal padre della ragazza. Avverso il decreto del Tribunale di Lecce ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3 e del D.Lgs n. 25 del 2008, art. 8, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Tribunale di Lecce ha ritenuto non credibile il suo racconto e violato il dovere di cooperazione istruttoria escludendo così i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e del diritto alla protezione sussidiaria.

Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n.25, art. 35-bis, commi 9, 10 e 11, come modificato dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Tribunale di Lecce, nonostante la espressa istanza del ricorrente, non aveva fissato l’udienza di comparizione delle parti sebbene mancante la videoregistrazione dell’audizione svoltasi davanti alla competente Commissione Territoriale.

Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, lett. g, e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Tribunale di Lecce non ha riconosciuto il diritto alla protezione sussidiaria.

Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente denuncia vizio di motivazione e violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5,comma 6, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Tribunale di Lecce non ha riconosciuto il diritto ad un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Il ricorso è infondato e deve essere respinto in ordine a tutti i motivi.

Il secondo motivo di ricorso, da trattarsi prioritariamente in ordine logico perchè attinente ad una questione di rito, è infondato e deve essere respinto in quanto risulta dal provvedimento impugnato che il Tribunale territoriale, in mancanza della videoregistrazione delle dichiarazioni rese davanti alla competente Commissione Territoriale non eseguita per motivi tecnici, ha fissato e regolarmente tenuto l’udienza di comparizione delle parti in data 10/7/2018. Non sussiste, d’altra parte, alcun automatismo tra la mancanza di videoregistrazione e la rinnovazione dell’ascolto del richiedente (Cass.sez.1 n.17717/18), per cui rettamente il Tribunale, dopo aver adempiuto all’obbligo di disporre l’udienza di comparizione delle parti, ha ritenuto di poter decidere in base ai soli elementi contenuti nel fascicolo, e cioè il verbale

o la trascrizione del colloquio personale (v., in tal senso, Corte di giustizia dell’Unione Europea, 26 luglio 2017, causa C-348/16 Moussa Sacko contro Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano, p. 49); tanto più che, nella specie, il ricorso neppure indica se e quali nuovi elementi fosse indispensabile acquisire.

Gli ulteriori tre motivi di ricorso sono inammissibili in quanto si sostanziano in una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione dalla Corte territoriale, dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni e le fonti del proprio convincimento. Tale richiesta di riesame non è evidentemente deducibile quale motivo di impugnazione in questa sede di legittimità, ancor più in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

In particolare, la sentenza impugnata ha ritenuto anzitutto non credibili le dichiarazioni del ricorrente, esponendo chiaramente le plurime ragioni di tale convincimento; ha poi ritenuto, con motivazione coerente ed esaustiva, l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata

e di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di provenienza del ricorrente. A fronte di tali accertamenti, inammissibile si mostra la censura, espressa in ricorso, circa la mancata attivazione nella specie dei poteri ufficiosi di indagine, tenendo presente: a) che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma. 5, lett. c): tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr.tra molte: Cass.n. 340/19); b)che qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la situazione persecutoria nel Paese di origine prospettata dal richiedente ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (cfr.tra molte: Cass.n. 16925/18; n. 28862/18), ipotesi che nella specie non ricorre; c) che, quanto alla sussistenza nella zona di provenienza del ricorrente di una fattispecie sussumibile nella previsione del D.Lgs. n. 251 del 2007, l’art. 14, lett. c), la Corte di merito ha precisato come il Senegal non risulti dalle indicate fonti reperibili interessata dalla presenza di un conflitto di livello così elevato da comportare per i civili, per la sola presenza nel territorio in questione, il concreto rischio della vita o di un grave danno alla persona.

Del tutto generica, infine, si mostra la doglianza avverso il diniego di protezione umanitaria: il ricorrente invero, a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa dalla Corte di merito (in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità, non ha neppure indicato se e quali ragioni di vulnerabilità avesse allegato, diverse da quelle esaminate nel provvedimento impugnato.

Il ricorso proposto deve pertanto essere respinto. Nulla per le spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della sesta sezione civile della Corte di Cassazione, il 2 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2019

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