Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18309 del 03/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/09/2020, (ud. 21/07/2020, dep. 03/09/2020), n.18309

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7023-2019 proposto da:

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PALESTRO 78,

presso lo studio dell’avvocato ANDREA RANIERI, rappresentata e

difesa dall’avvocato LUIGI ELEFANTE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1605/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA

DE FELICE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

C.E., in qualità di orfana di C.A. vittima del dovere, aveva proposto domanda al Tribunale di Velletri per sentir dichiarare il proprio diritto all’adeguamento dell’assegno vitalizio di cui al D.P.R. n. 243 del 2006, art. 4, comma 1, lett. b), n. 1, all’importo sì come rivalutato, ai sensi della L. n. 407 del 1998, in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata;

a sostegno della domanda deduceva che la L. n. 266 del 2005 (art. 1, comma 563) aveva esteso (dall’1 gennaio 2006) le prestazioni in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata alle vittime del dovere ed equiparati e che ciò comportava l’estensione a queste ultime di tutti i diritti riconosciuti alle prime, ivi compresa la rivalutazione dell’assegno vitalizio;

il Tribunale di Velletri aveva accolto la domanda di C.E., riconoscendo in capo alla stessa il diritto all’adeguamento incrementale dell’assegno nella misura prevista dalla L. n. 407 del 1998 in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata;

la Corte d’appello di Roma, adita dal Ministero dell’Interno, richiamandosi alla giurisprudenza di legittimità, ha confermato la pronuncia di prime cure, valorizzando l’intento perequativo della disciplina assurto ormai al rango di “diritto vivente”;

ha inoltre stabilito l’infondatezza dell’eccezione di prescrizione proposta dal Ministero, affermando che la domanda di rivalutazione ha ad oggetto crediti non ancora posti in pagamento perchè oggetto di contestazione nell’an, e che pertanto, come afferma la consolidata giurisprudenza di legittimità, trattandosi di crediti non liquidi si applica la prescrizione decennale, nel caso in esame non ancora decorsa;

la cassazione della sentenza è domandata dal Ministero dell’Interno sulla base di un unico motivo;

C.E. ha resistito con tempestivo controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo il Ministero ricorrente deduce “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., dell’art. 2948c.c., dell’art. 2946 c.c., della L. n. 266 del 2005, art. 1, commi 562, 563, 564, 565; del D.P.R. n. 243 del 2006, artt. 1, 3 e 4, della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 105; del D.L. n. 159 del 2007, art. 34, convertito in L. n. 222 del 2007, del R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 129 e del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295, art. 2”;

denuncia l’errore della motivazione circa la durata decennale della prescrizione per le somme dovute quale rivalutazione dei ratei già corrisposti, e chiede di dichiarare prescritti i crediti vantati per il periodo anteriore al quinquennio antecedente alla notificazione del ricorso di primo grado;

il motivo è infondato;

la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che nelle prestazioni previdenziali o assistenziali il diritto sulle somme pretese a titolo di rivalutazione sulla componente di indennità per danni – nel caso in cui le stesse non siano state poste in riscossione ovvero messe a disposizione dell’avente diritto – è soggetto alla prescrizionale ordinaria decennale, e non a quella quinquennale (in tal senso, ex multis cfr. Cass. n. 2583 del 2016; n. 7885 del 2014; n. 1891 del 2005; n. 5143 del 2004, n. 13089 del 2003);

quest’ultima presuppone, infatti, la liquidità del credito, da intendere, non secondo la nozione comune desumibile dall’art. 1282 c.c., ma quale effetto del completamento del procedimento amministrativo di liquidazione della spesa;

il Ministero ricorrente non prospetta argomenti che possano indurre a disattendere l’orientamento sopra richiamato, al quale va data continuità, poichè le ragioni indicate a fondamento dei principi affermati, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., sono integralmente condivise dal Collegio (corre l’obbligo di segnalare un’unica recente pronuncia di legittimità in contrasto con l’orientamento accolto. Cfr. Cass. n. 11655 del 2020);

in definitiva, il ricorso va rigettato;

le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

si dà atto che non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del Ministero dell’Interno, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il Ministero dell’Interno al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre spese e accessori di legge.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 21 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2020

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