Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18306 del 25/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 25/07/2017, (ud. 25/05/2017, dep.25/07/2017),  n. 18306

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15437-2013 proposto da:

C.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NAZARIO

SAURO 16, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO PISTILLI,

rappresentata e difesa dall’avvocato STEFANIA REHO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA, – C.F. (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7327/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/05/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY.

Fatto

RILEVATO

1. che la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Viterbo, rigettò la domanda proposta da C.D. che chiedeva accertarsi l’illegittimità del termine apposto ai plurimi contratti a termine intercorsi quale docente alle dipendenze del Ministero dell’istruzione Università e ricerca del comparto Scuola pubblica e la condanna del Ministero al risarcimento dei danni;

2. che la Corte territoriale, escluso il carattere abusivo del ricorso al rapporto termine in relazione a tutti i contratti stipulati antecedentemente alle 10 luglio 2001, ossia al termine concesso agli Stati membri per adeguare il diritto interno alle disposizioni della direttiva 1999/70/CE, atteso che l’eventuale illegittimità non poteva che discendere dalla violazione del diritto dell’unione e quindi presupponeva che potesse essere configurato l’inadempimento dello Stato rispetto agli obblighi imposti dall’ordinamento comunitario, rilevava che nel caso, successivamente alla data su indicata, la C. era stata assunta, in istituti scolastici sempre diversi, con incarichi tutti riconducibili o alla supplenza temporanea di cui alla L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 3 o alla supplenza temporanea fino al termine delle attività didattiche disciplinata dal secondo comma del richiamato art. 4, e che quindi si trattava di tipologie rispetto alle quali doveva essere esclusa l’abusività del ricorso al rapporto a termine, essendo sorrette le singole assunzioni da ragioni oggettive di carattere temporaneo quali la necessità di assicurare l’espletamento del servizio scolastico nei casi di momentanea assenza del docente titolare della cattedra (ipotesi di cui al comma 3) e la copertura di cattedre non vacanti e quindi solo momentaneamente disponibili (ipotesi di cui al D.M. n. 201 del 2000, art. 4, comma 2 e art. 1, lett. b). Solo uno degli incarichi era riconducibile alla supplenza annuale per copertura di posti dell’organico di diritto prevista dall’art. 4, comma 1 e quindi era collegato ad un’ esigenza non temporanea, ma, in assenza di reiterazione degli incarichi, non era possibile applicare la direttiva e quindi dichiararne l’illegittimità;

3. che per la cassazione della sentenza C.D. ha proposto ricorso, affidato a cinque motivi (erroneamente rubricati come quattro) cui ha resistito con controricorso il Ministero dell’istruzione, università e ricerca;

4. che la C. ha depositato anche memoria (cumulativa con altri ricorrenti) ex art. 380 bis c.p.c., comma 2;

5. che il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

1. che con il primo motivo la ricorrente denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e sostiene, in contrasto con quanto ritenuto dalla Corte di merito, di avere stipulato contratti sino al 31 agosto (e quindi su posto vacante) dall’anno scolastico 2008/2009 fino all’anno scolastico 2011/2012, come allegato e documentato in secondo grado. Erroneamente pertanto la Corte territoriale avrebbe rigettato la domanda affermando che vi è un unico contratto al 31 agosto;

2. che con il secondo motivo la parte ricorrente, denunciando la violazione della direttiva europea 1999/70/CE e dell’Accordo quadro alla stessa allegato, nonchè di plurime disposizioni del D.Lgs. n. 368 del 2001 e della L. 4 giugno 1999, n. 124, art. 4 rileva che le supplenze nel settore scolastico sono volte a soddisfare esigenze permanenti sia nella ipotesi in cui attengano a vacanze sul cosiddetto organico di diritto, sia qualora si riferiscano a posti disponibili di fatto, atteso che solo i contratti a termine previsti dal richiamato art. 4, comma 3 presuppongono una ragione effettivamente temporanea e transitoria, essendo per lo più stipulati nei casi di sostituzione di personale assente. Sostiene che la normativa speciale, in quanto in insanabile contrasto con le previsioni del D.Lgs. n. 368 del 2001, è stata da quest’ultimo abrogata, in forza della norma di chiusura dettata dall’art. 11 stesso decreto e comunque il sistema del reclutamento del personale a termine della scuola viola la direttiva richiamata in rubrica, perchè consente la reiterazione del contratto a tempo determinato in assenza di ragioni oggettive, non potendosi ritenere tali le esigenze di contenimento della spesa pubblica, e senza porre alcun limite al numero dei rinnovi o alla durata massima dei contratti;

3. che con il terzo motivo la parte ricorrente, lamentando la violazione del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 36 oltre che della direttiva eurounitaria e del già richiamato D.Lgs. n. 368 del 2001, sostiene che, una volta accertata la illegittimità della reiterazione, dovrebbe essere disposta la trasformazione del rapporto a termine in contratto a tempo indeterminato, in quanto il personale da immettere definitivamente nei ruoli del Ministero viene individuato sulla base della posizione rivestita nelle graduatorie permanenti, utilizzate anche per il conferimento delle supplenze annuali. Argomenta che nell’ambito scolastico, alla pronuncia di conversione non risulta ostativo il principio costituzionale del pubblico concorso, giacchè il reclutamento, anche nella sua forma ordinaria, prescinde da quest’ultimo e che, in ogni caso, deve essere riconosciuto il risarcimento del danno in misura congrua e con finalità anche sanzionatorie;

4. che con il quarto motivo, denunciando la violazione della direttiva 1999/70/CE nonchè dell’art. 6 della CEDU, sostiene che il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 10,comma 4 bis introdotto dal D.L. n. 70 del 2011, non può avere natura interpretativa, perchè così qualificato violerebbe il richiamato art. 6, e comunque si pone in contrasto con la clausola di non regresso prevista dall’art. 8 dell’accordo quadro;

5. che con il quinto motivo (erroneamente rubricato come quarto) la ricorrente si duole della condanna alle spese, liquidate nell’importo di Euro 1.850,00, trattandosi di questione dibattuta che avrebbe legittimato una compensazione, in assenza di violazione del dovere di lealtà e probità;

6. che la difesa formula infine richiesta di avvio, ai sensi dell’art. 267 TFUE, della procedura di rinvio pregiudiziale dinanzi alla CGUE, sulla dedotta contrarietà con la clausola 5, punti 1 e 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 1999/70/CE 1999, e della clausola 4 dello stesso accordo quadro, e sull’ipotizzato contrasto del principio di uguaglianza e non discriminazione del diritto UE, del trattamento previsto nel nostro ordinamento rispettivamente per i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con la pubblica amministrazione, in particolare nel Comparto Scuola, e per i contratti a termine stipulati con gli enti pubblici economici e con i datori di lavoro privati, là dove il legislatore nazionale avrebbe escluso i primi dalla tutela rappresentata dalla costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeteiminato, in caso di applicazione delle regole interne di recepimento della suindicata direttiva 1999/70/CE, emanate in attuazione dell’art. 117 Cost., comma 1, senza prevedere alcuna sanzione effettiva, proporzionale, preventiva, dissuasiva neanche sotto il profilo del risarcimento del danno;

7. che il primo motivo non è ammissibile in quanto non rispetta i requisiti di specificità desumibili dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, nell’interpretazione che ne ha in più occasioni ribadito questa Corte, secondo la quale qualora il ricorrente per cassazione si dolga dell’omessa od erronea valutazione di un documento da parte del giudice del merito, per rispettare il principio di specificità dei motivi del ricorso – da intendere alla luce del canone generale “della strumentalità delle forme processuali” – ha l’onere di indicare nel ricorso medesimo il contenuto rilevante del documento stesso, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali: ciò allo scopo di porre il Giudice di legittimità in condizione di verificare la sussistenza del vizio denunciato, senza compiere generali verifiche degli atti (v. Cass. S.U. 3 novembre 2011 n. 22726, Cass. Sez. L, n. 17168 del 2012, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 1391 del 2014, Sez. L, Sentenza n. 3224 del 2014). Nel caso invece la ricorrente, per confutare la precisa ricostruzione dei contratti intercorsi operata dalla Corte territoriale, inammissibilmente si limita a richiamare atti che assume di avere prodotto nel giudizio di merito, senza riportarne il contenuto nè indicarne la collocazione in atti, peraltro erroneamente individuando nel corpo del motivo il proprio nome come P. (anzichè C.);

8. che il secondo, terzo e quarto motivo non sono fondati. Questa Corte, con le sentenze pronunciate all’udienza del 18.10.2016 (dal n. 22552 al n. 22557 e numerose altre conformi, tra cui da ultimo Cass. 7/4/2017 n. 9042), ha affrontato tutte le questioni che qui vengono in rilievo e, dopo avere ricostruito il quadro normativo e dato atto del contenuto delle pronunce rese dalla Corte di Giustizia (sentenza 26 novembre 2014, Mascolo e altri, relativa alle cause riunite C-22/13; C-61/13; C-62/13; C-63/13; C-418/13), dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 187 del 20.7.2016) e dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 5072 del 15.3.2016) ha affermato i seguenti principi di diritto:

A) la disciplina del reclutamento del personale a termine del settore scolastico, contenuta nel D.Lgs. n. 297 del 1994, non è stata abrogata dal D.Lgs. n. 368 del 2001, essendone stata disposta la salvezza dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 70, comma 8, che ad essa attribuisce un connotato di specialità;

B) per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11 e in applicazione della Direttiva 1999/70/CE 1999 è illegittima, a far tempo dal 10.07.2001, la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11 prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, sempre che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa, superiore a trentasei mesi;

C) ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 (originario comma 2, ora comma 5) la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione;

D) elle ipotesi di reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, comma 1 realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, con il personale docente, per la copertura di cattedre a posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la misura della stabilizzazione prevista nella citata L. n. 107 del 2015, attraverso il piano straordinario destinato alla copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, relativamente al personale docente, sia nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego, nel tempo compreso fino al totale scorrimento del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 70, comma 8, che ad essa attribuisce un connotato di specialità;

E) nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi dal 10.07.2001 e prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la stabilizzazione acquisita dai docenti e dal personale ausiliario, tecnico ed amministrativo, attraverso l’operare dei pregressi strumenti selettivi- concorsuali;

F) nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello ausiliario, tecnico ed amministrativo, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve affermarsi, in continuità con i principi affermati dalle SS.UU di questa Corte nella sentenza 5072 del 2016, che l’avvenuta immissione in ruolo non esclude la proponibilità di domanda per risarcimento dei danni ulteriori e diversi rispetto a quelli esclusi dall’immissione in ruolo stessa, con la precisazione che l’onere di allegazione e di prova grava sul lavoratore, in tal caso non beneficiato dalla agevolazione probatoria di cui alla menzionata sentenza;

G) nelle predette ipotesi di reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1 avveratasi a far data da 10.07.2001, ai docenti ed al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario che non sia stato stabilizzato e che non abbia (come dianzi precisato) alcuna certezza di stabilizzazione, va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella già richiamata sentenza delle SSUU di questa Corte n. 5072 del 2016;

H) nelle ipotesi di reiterazione di contratti a termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su “organico di fatto” e per le supplenze temporanee non è in sè configurabile alcun abuso ai sensi 4dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva, fermo restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola reiterazione ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima;

9. che la decisione impugnata è conforme alle conclusioni alle quali questa Corte è pervenuta, quanto alla ritenuta specialità della normativa di settore ed alla giuridica impossibilità di convertire in rapporto a tempo indeterminato il contratto a termine, anche se abusivamente reiterato;

10. che nella fattispecie, inoltre, il carattere abusivo della reiterazione non può neppure essere affermato quale conseguenza della dichiarazione di illegittimità costituzionale della L. n. 124 del 1999, art. 4, commi 1 e 11, perchè sono a ciò ostativi i principi di diritto di cui alle lettere B e H, in quanto l’abuso sussiste solo a condizione che le supplenze abbiano riguardato l’organico di diritto e si siano protratte per oltre trentasei mesi;

11. che l’inapplicabilità del D.Lgs. n. 368 del 2001 al settore scolastico è stata affermata da questa Corte sulla base del quadro normativo vigente al momento dell’introduzione del giudizio di primo grado e si è precisato, ai punti 36 e 37 delle richiamate sentenze, che il legislatore è intervenuto con norme che non possono essere qualificate di interpretazione autentica e che, conseguentemente, non violano l’art. 6 della CEDU perchè, senza vincolare per il passato l’interprete, esplicitano un precetto già desumibile dal sistema previgente;

12. che detti principi devono essere ribaditi, per le ragioni tutte indicate nella motivazione delle sentenze sopra richiamate, da intendersi qui trascritte ex art. 118 disp. att. c.p.c., neppure apportando validi elementi in senso contrario il contenuto della memoria depositata;

13. che vanno poi richiamate le considerazioni esposte da Cass. n. 22552 del 2016 ai punti da 104 a 116 in merito all’ insussistenza di profili di illegittimità costituzionale e alla non necessità di un nuovo rinvio pregiudiziale, giacchè sul concetto di equivalenza la Corte di Giustizia si è più volte pronunciata e proprio su dette pronunce le Sezioni Unite di questa Corte hanno fondato il principio di diritto affermato con la sentenza n. 5072 del 2016;

14. che l’ultimo motivo di ricorso è inammissibile, essendosi la Corte territoriale attenuta ai principi consolidati riguardo al canone legale della soccombenza, in relazione al quale neppure è richiesta una specifica motivazione (Cass. 23/02/2012 n. 2730);

15. che per tali motivi, condividendo il Collegio la proposta del relatore, il ricorso, manifestamente infondato, va rigettato con ordinanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5;

16. che la complessità della questione giuridica, risolta dai recenti arresti di questa Corte sulla base delle pronunce della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia, anch’esse intervenute in corso di causa, giustifica la integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità;

17. che sussistono i requisiti per l’applicazione del raddoppio del contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

 

rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2017

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