Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18296 del 03/09/2020

Cassazione civile sez. II, 03/09/2020, (ud. 22/07/2020, dep. 03/09/2020), n.18296

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 1857-2017 proposto da:

2D SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAIO MARIO 27, presso

lo studio dell’avvocato FRANCESCO ALESSANDRO MAGNI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIA CARMELA

CARBONARO giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

N.E., R.F., elettivamente domiciliate in ROMA,

VIA SALVIUCCI N. 2, presso lo studio dell’avvocato MARIA GENTILE

RUGGERO, rappresentate e difese dall’avvocato LAMBERTO FERRARA in

virtù di procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

DI GI EDIL DI G.D.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 660/2016 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 15/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/07/2020 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Lette le memorie depositate dalle parti.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO

R.F. e N.E. convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Genova la 2D S.r.l. affermando di essere proprietarie di un fabbricato per civile abitazione sito in (OMISSIS), confinante tramite strada con un lotto edificabile costituito da un volume per box e soprastanti posti auto scoperti, che era stato interessato da rilevanti interventi di ristrutturazione eseguiti dalla convenuta, al fine di realizzare un edificio residenziale con annessi box e posti auto per un parcheggio pubblico.

Lamentavano che dall’esecuzione di tali lavori erano derivati danni al loro immobile ed evidenziavano altresì che la costruzione della convenuta era collocata a distanza inferiore rispetto a quella prescritta dal D.M. n. 1444 del 1968 ed a quella indicata dal locale PRG. Chiedevano, quindi, il risarcimento del danno subito e l’arretramento o la demolizione del fabbricato della convenuta, sino ad assicurare il ristoro delle distanze minime di legge.

Si costituiva la società che rilevava che in realtà erano le stesse attrici ad avere posto in essere degli interventi edilizi e che i danni lamentati erano da attribuire alla loro stessa condotta.

Aggiungeva di avere affidato i lavori di cui all’atto di citazione all’impresa appaltatrice DIGI Edil di D.G. nei cui confronti spiegava quindi domanda di garanzia, essendo in ogni caso la stessa unica responsabile dell’accaduto.

In merito alle distanze rilevava che tra i due fabbricati esisteva una strada pubblica, il che escludeva l’applicazione delle disposizioni di cui al D.M. n. 1444 del 1968, nè poteva invocarsi la disciplina del codice della strada che non prevede l’osservanza di una distanza minima dal confine per le strade di tipo F, quale era quella che divideva i due fondi.

In via riconvenzionale chiedeva il risarcimento del danno derivante dall’iniziativa giudiziaria delle attrici, che aveva determinato l’interruzione delle trattative volte a collocare sul mercato gli immobili realizzati.

Nella contumacia della terza chiamata, il Tribunale con sentenza non definitiva n. 59 del 2013 condannava la convenuta ad arretrare il proprio manufatto sino alla distanza di cui al D.M. n. 1444 del 1968, art. 9 nonchè al risarcimento dei danni subiti dalle attrici da quantificare in corso di causa; inoltre condannava la terza chiamata a tenere indenne la convenuta dalle conseguenze derivanti dall’accoglimento della domanda attorea.

Avverso tale sentenza proponeva appello la 2D S.r.l. e nella resistenza delle attrici e della terza chiamata, che proponeva appello incidentale quanto all’accoglimento della domanda di garanzia, la Corte d’Appello di Genova con la sentenza n. 660 del 15/6/2016 rigettava sia l’appello principale che quello incidentale, confermando integralmente la sentenza gravata.

In primo luogo, riteneva irrilevante la circostanza che le opere della convenuta fossero state realizzate in virtù di un titolo edilizio convenzionato, finalizzato alla realizzazione ed alla cessione al Comune di un’area di mq. 824 adibita a parcheggio pubblico, in quanto, anche a voler ammettere che l’approvazione del progetto avesse comportato una variante al PRG, ciò non consentiva di derogare ai parametri di cui al D.M. n. 1444 del 1968, che sono destinati anche a prevalere sulle contrarie previsioni degli strumenti urbanistici locali, come affermato anche dalla giurisprudenza di legittimità.

L’art. 9 citato D.M. dispone poi che le distanze minime tra fabbricati operano anche nel caso in cui risultino interposte delle strade pubbliche, secondo quanto dettato dal comma 3, così che, avendo la (OMISSIS), interposta tra i due edifici, una larghezza inferiore a metri 3, la distanza doveva corrispondere a quella della sede stradale maggiorata di metri 5.

Avendo il Tribunale fatto riferimento a tale prescrizione normativa alla medesima occorreva fare riferimento al fine di specificare il contenuto del dispositivo.

Inoltre, non poteva escludersi l’applicazione del D.M. n. 1444 del 1968 per il fatto che i due edifici si trovano in zone urbanistiche diverse (e precisamente quello delle attrici in zona B e quello della convenuta in zona B1), atteso che la distanza de qua opera anche se le costruzioni a confine con la strada ricadono in zone territoriali diverse.

Era da reputarsi irrilevante anche la circostanza che la costruzione della convenuta fosse afferente ad un muraglione in pietra che sostiene e delimita la strada, atteso che tale muraglione è un elemento strutturale della stessa strada, emergendo altresì che la nuova costruzione dell’appellante principale supera l’altezza della strada per una misura variabile da 40 a 170 cm.

Del pari privo di rilievo era il richiamo all’art. 28 reg. att. C.d.S., in quanto idoneo, per essere sopravvenuto alle previsioni del D.M. n. 1444 del 1968, a determinarne la tacita abrogazione, in quanto trattasi di norme che assicurano la tutela e la salvaguardia di diversi interessi e non interferiscono tra loro concorrendo entrambe a dettare la disciplina delle distanze.

Passando ad esaminare il motivo di appello che investiva la condanna al risarcimento dei danni, la Corte d’Appello osservava che doveva confermarsi la tesi giurisprudenziale secondo cui, anche nel caso in cui il proprietario abbia affidato l’esecuzione dei lavori eseguiti sul suo fondo ad un appaltatore, dei danni provocati a terzi ne risponde direttamente, anche nel caso in cui non si sia materialmente ingerito nell’attività del materiale esecutore dei lavori.

Era altresì rigettato il motivo di appello che investiva l’accertamento del nesso di causalità, atteso che, ben potendosi affidare tale verifica ad un criterio probabilistico, erano del tutto convincenti le conclusioni alle quali era pervenuta la CTU, che aveva valutato l’incidenza sul quadro fessurativo nell’edificio delle attrici dei lavori posti in essere dalla ditta appaltatrice, anche alla luce dei lavori realizzati dalle stesse attrici.

Doveva poi essere disatteso l’appello incidentale della DIGI Edil, che non poteva addurre a propria esimente l’esistenza di errori progettuali o di erronee indicazioni da parte del direttore dei lavori, posto che avrebbe dovuto contrastare le seconde ed avvedersi dei primi rifiutandone l’esecuzione.

Infine, l’eccezione di decadenza dall’azione di garanzia era tardiva, in quanto avanzata per la prima volta in appello (essendo la terza chiamata rimasta contumace in primo grado) e non essendo applicabile nel caso di comuni azioni contrattuali come quella di regresso contro le azioni di terzi, per le quali opera invece l’ordinaria prescrizione decennale.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la 2D S.r.l. sulla base di cinque motivi.

R.F. e N.E. resistono con controricorso.

La Digi Edil di D.G. non ha svolto difese in questa fase.

Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9.

Infatti, è stata ritenuta irrilevante la presenza di un muraglione in pietra che la sentenza reputa essere un elemento strutturale della strada, rispetto al quale la costruzione della ricorrente è totalmente sottoposta, non avendo la sentenza d’appello correttamente rilevato quanto emergeva dalla CTU.

Si aggiunge poi che, attese le caratteristiche di tale muraglione, allo stesso deve essere attribuita la qualifica di vera e propria costruzione, il che fa sì che il fabbricato delle attrici e quello della ricorrente non possano essere considerati come frontistanti, essendo collocato tra le stesse il detto muraglione.

Inoltre, ha errato la Corte distrettuale nel ritenere applicabile l’art. 9 citato D.M., in quanto, avendo la ricorrente conseguito un titolo di edilizia convenzionata con il Comune, con lo stesso era possibile derogare al parametro della distanza dalle strade, essendo per converso inderogabile solo il parametro afferente alla distanza tra fabbricati.

Osserva il Collegio che nelle more del presente giudizio, come peraltro sottolineato anche dalla difesa di parte ricorrente nelle memorie depositate in prossimità dell’udienza, è intervenuta una novella normativa che ha toccato proprio il D.M. n. 1444 del 1968, art. 9 che così recita:

“Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue:

1) Zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale;

2) Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti;

3) Zone C): è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all’altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12.

Le distanze minime tra fabbricati – tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) – debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di:

ml. 5 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml. 7;

ml. 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml. 7 e ml. 15;

ml. 10 per lato, per strade di larghezza superiore a ml. 15.

Qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all’altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all’altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche.”

Tuttavia a norma del D.L. 18 aprile 2019, n. 32, art. 5, comma 1, lett. b-bis), convertito con modificazioni dalla L. 14 giugno 2019, n. 55, le disposizioni di cui al comma 2, si interpretano nel senso che i limiti di distanza tra i fabbricati ivi previsti si considerano riferiti esclusivamente alle zone di cui al comma 1, n. 3) presente articolo. Ritenuto che tale modifica è potenzialmente destinata ad incidere sulla decisione della controversia e che sussitono i presupposti per sollecitare le osservazioni delle parti e del PM ex art. 384 c.p.c., comma 3.

P.Q.M.

Rinvia la causa a nuovo ruolo assegnando alle parti ed al PM termine di giorni trenta dalla comunicazione della presente ordinanza per formulare osservazioni sulla questione di cui in motivazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 22 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2020

 

 

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