Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18292 del 19/09/2016


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Cassazione civile sez. II, 19/09/2016, (ud. 15/06/2016, dep. 19/09/2016), n.18292

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1116-2014 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NOVENIO

BUCCHI 7, presso lo studio dell’avvocato BRIGIDA TROTTO,

rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO MARIA ANTONIO TOPI;

– ricorrente –

contro

S.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POSTUMIA 3,

presso lo studio dell’avvocato ANGELA ORLANDO, rappresentata e

difesa dall’avvocato GIUSEPPE VITTORIO CENTOLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 595/2013 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 18/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/06/2016 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito l’Avvocato RESSE Francesca Romana, con delega depositata

dell’Avvocati TOPI Francesco M.A. difensore della ricorrente che si

riporta agli atti e chiede l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione 23.12.1994 A.A., premesso che con scrittura privata (OMISSIS) S.A. aveva promesso di venderle un terreno in Foggia contrada Masseria Recca di are 40 da distaccarsi dalla particella (OMISSIS) del fg. (OMISSIS) per il prezzo di Lire 48.000.000 di cui 25.000.000 versate in acconto alla firma del preliminare; che a seguito del frazionamento il terreno era riportato in catasto alla partita (OMISSIS) f. (OMISSIS) ptc. (OMISSIS); che nel dicembre 1993 le parti avevano rinviato la stipula al (OMISSIS) ed aveva versato ulteriori Lire 15.000.000; che il 27 luglio 1994 il notaio T. aveva rifiutato la stipula per timore delle iniziative della Procura della Repubblica di Foggia che, nel caso di terreni inferiori all’ettaro, ravvisava il reato di lottizzazione abusiva e nessun notaio era disposto a rogare atti del genere; che il contratto andava risolto ed a fronte del rifiuto della S. a restituire la somma di Lire 40.000.000 aveva ottenuto sequestro conservativo; ciò premesso conveniva la S. davanti al Tribunale di Foggia per la declaratoria di nullità del preliminare, la restituzione della somma di Lire 40.000.000 oltre interessi, svalutazione e spese.

La convenuta chiedeva rigettarsi la domanda ed in via riconvenzionale dichiararsi trasferita la proprietà con condanna dell’attrice ai danni.

Il Tribunale rigettava la riconvenzionale ed, in accoglimento della domanda principale, dichiarava risolto il contratto per impossibilità sopravvenuta condannando la convenuta alla restituzione di Lire 40.000.000 oltre interessi dalla data dei pagamenti e spese, la Corte di appello rigettava il gravame della S. ma questa Corte di Cassazione, con sentenza 16.3.2009 n. 6408, accoglieva il primo e secondo motivo, dichiarava assorbito il terzo rinviando ad altra sezione della Corte di appello di Bari.

Questa, con sentenza 12.6.20913, richiamando la decisione dei giudici di legittimità che avevano cassato perchè il giudice di merito aveva omesso la indicazione della normativa secondo la quale la stipula del contratto avrebbe realizzato una lottizzazione abusiva, specie alla luce dell’orientamento di questa S.C., statuiva che le risultanze istruttorie escludevano ricorressero i requisiti della lottizzazione abusiva, era pacifico che il promissario acquirente era bracciante agricolo e non era rilevante il prezzo indicato.

Andava accolta la riconvenzionale per il trasferimento con fissazione del termine di 30 giorni dal passaggio in giudicato per il pagamento del residuo prezzo di Lire 8.000.000 oltre interessi legali dalla domanda.

Ricorre A. con un motivo variamente articolato, resiste S. che ha anche presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Si denunziano violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, vizio di ultrapetizione e vizi di motivazione anche in relazione all’omesso esame di atti e documenti perchè la sentenza è illegittima nella parte in cui attribuisce alla S. gli interessi dalla domanda al soddisfo pur in assenza di espressa richiesta posto che si era domandato il saldo del prezzo oltre spese e danni non riconosciuti perchè non provati, come da conclusioni indicate e si invoca Cass. 4.3.2004 n. 4423 sulla necessità di espressa domanda, censurando anche la statuizione sulle spese.

Controparte oppone che i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto ed invoca Cass. 11.5.2007 n. 10884, Cass. n. 3944/199 etc.

Ciò premesso, si osserva:

Va rilevata, in via preliminare la apparente promiscuità della censura nel duplice riferimento a vizi di motivazione ed a violazione di norme processuali.

La censura con la quale alla sentenza impugnata s’imputino i vizi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 deve essere intesa a far valere, a pena d’inammissibilità comminata dall’art. 366 c.p.c., n. 4 in difetto di loro puntuale indicazione, carenze o lacune nelle argomentazioni, ovvero illogicità nell’attribuire agli elementi di giudizio un significato fuori dal senso comune, od ancora mancanza di coerenza tra le varie ragioni esposte per assoluta incompatibilità razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi; non può, per contro, essere intesa a far valere la non rispondenza della valutazione degli elementi di giudizio operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte ed, in particolare, non si può con essa propone un preteso migliore e più appagante coordinamento degli elementi stessi, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’iter formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della norma stessa; diversamente, il motivo di ricorso per cassazione si risolverebbe – com’è, appunto, per quello in esame – in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice del merito, id est di nuova pronunzia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di legittimità.

La censura ex art. 112 c.p.c., invece, dev’essere, anzi tutto, fatta valere dal ricorrente per cassazione esclusivamente attraverso la deduzione del relativo error in procedendo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 e non già con la denunzia della violazione di differenti norme di diritto processuale o di norme di diritto sostanziale ovvero del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. 22.11.06 n. 24856, 14.2.06 n. 3190, 19.5.06 n. 11844, 27.01.06 n. 1755, ma già 24.6.02 n. 9159, 11.1.02 n. 317, 27.9.00 n. 12790, 28.8.00 n. 11260, 10.4.00 n. 4496, 6.11.99 n. 12366).

Il Collegio ritiene, tuttavia di superare tale apparente promiscuità in quanto l’unico motivo di ricorso contiene in effetti tre censure: a) violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. per avere la Corte di appello attribuito gli interessi sul saldo del corrispettivo in difetto di domanda di parte; b) omessa pronunzia sulla richiesta della S. di determinazione delle modalità per il pagamento del residuo prezzo; c) mancata compensazione delle spese degli altri gradi di giudizio, essendo state compensate solo quelle di primo grado.

La prima di dette censure è fondata.

In tema di obbligazioni pecuniarie gli interessi, contrariamente a quanto avviene nell’ipotesi di somma di denaro dovuta a titolo di risarcimento del danno, di cui essi integrano una componente necessaria, hanno fondamento autonomo rispetto alo debito al quale accedono sicchè gli stessi, siano corrispettivi, compensativi o moratori, possono essere attribuiti soltanto su espressa domanda (Cass. 4.3.2004 n. 4423, Cas.19.2.2000 n. 1913, Cass. 4.2.1999 n. 977).

Donde la cassazione della sentenza sul punto e la decisione nel merito non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto.

La seconda censura è inammissibile per carenza di interesse (Cass. 9.5.2013 n. 11012.

In ogni caso la Corte di appello ha provveduto stabilendo che il pagamento deve essere effettuato entro 30 giorni dal passaggio in giudicato.

La censura sulla mancata compensazione delle spese è infondata essendo rimessa alla discrezionalità del giudice di merito.

La Corte di appello ha ritenuto equa la compensazione delle spese di primo grado avuto riguardo alle circostanze di fatto da cui aveva preso origine la vicenda ed alla situazione di incertezza a seguito della istruttoria mentre ha ritenuto la sostanziale soccombenza della odierna ricorrente per il primo giudizio di appello, per il giudizio di cassazione e per quello di rinvio, statuizione che va mantenuta.

L’accoglimento solo parziale del presente ricorso giustifica la compensazione delle spese di legittimità.

Non sussistono le condizioni per il versamento dell’ulteriore contributo unificato ex D.P.R. n. 115 del 2002.

PQM

La Corte accoglie per quanto in motivazione il ricorso, cassa la sentenza in relazione alla censura accolta e, decidendo nel merito, dichiara non dovuti gli interessi sul saldo del prezzo.

Condanna la A. alle spese del primo giudizio di appello in Euro 3000 di cui 300 borsuali, del precedente giudizio di cassazione in Euro 2200 di cui 200 borsuali e del giudizio di rinvio in Euro 1980 di cui 180 borsuali.

Compensa le spese del presente giudizio di legittimità e dichiara non sussistere le condizioni ex D.P.R. n. 115 del 2002per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2016

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