Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18287 del 05/08/2010

Cassazione civile sez. lav., 05/08/2010, (ud. 13/07/2010, dep. 05/08/2010), n.18287

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MELICONI S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore

Rag. M.P., elettivamente domiciliata in Roma, Via di

Ripetta n. 22, presso lo studio dell’Avv. Vesci Gerardo, che la

rappresenta e difende, unitamente e disgiuntamente, con l’Avv.

Stefano Faldella e l’Avv. Germano Dondi del foro di Bologna come da

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

G.R., elettivamente domiciliato in Roma, Piazzale

Clodio n. 32, (Studio Ciabattini), rappresentato e difeso dall’avv.

TOSI Paolo del foro come da procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

per la cassazione della sentenza n. 933/05 della Corte di Appello di

Bologna del 17.11.2005/21.08.2006 nella causa n. 1046 R.G. 2002;

Udita la relazione della causa svolte nella pubblica udienza del

13.07.2010 dal Cons. Dott. DE RENZIS Alessandro;

udito l’Avv. Lorenzo Massari, per delega dell’Avv. Gerardo Vesci, per

la ricorrente;

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. FEDELI Massimo, che

ha concluso per l’accoglimento del primo motivo del ricorso ed

assorbimento degli altri motivi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con atto, notificato il 18.11.1987, G.R. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Bologna la S.p.A. MELICONI per sentirla condannare al risarcimento del danno in suoi favore derivante da ingiustificato recesso dal contratto autonomo avente ad oggetto assistenza commerciale e marketing ai fini dello sviluppo della vendita di linea di prodotti della societa’ convenuta e per il procacciamento di affari, concluso tra le parti nel giugno 1987.

Instauratosi il contraddittorio con la costituzione della societa’ convenuta, il Tribunale di Bologna con sentenza del 1.12.1999, rilevato che il rapporto dedotto in giudizio rientrava tra quelli previsti dall’art. 409 c.p.c., n. 3, dichiarava la propria incompetenza a favore del giudice del lavoro.

Riassunta la causa ex art. 50 c.p.c. da parte del G. con ricorso depositato il 15.01.2001, il Tribunale di Bologna – Giudice del Lavoro con sentenza n. 134 del 14.03.2002, in accoglimento dell’eccezione sollevata dalla societa’ Meliconi, dichiarava l’estinzione de processo per mancata riassunzione del giudizio oltre il termine di sei mesi, decorrente dalla comunicazione della sentenza l 12.1 999, eseguita in data 23.12.1999 al procuratore del G. da parte del cancelliere.

La Corte di Appello di Bologna, investita con appello del G., con sentenza n. 933 del 2005 ha accolto il primo motivo del gravame e per l’effetto ha rimesso la causa dinanzi al primo giudice.

Secondo il giudice di appello il Tribunale erroneamente aveva declinato la propria competenza a favore del Giudice del lavoro, il quale in ogni caso non avrebbe dovuto dichiarare l’estinzione del processo, ponendosi nel caso di specie un problema di rito e non di competenza, in ordine al quale non avrebbe potuto trovare applicazione l’art. 50 c.p.c..

Sul punto il giudice di appello ha precisato che al momento del deposito della prima sentenza (1.12.1999) del GOA del Tribunale di Bologna era gia’ entrata in vigore la riforma di ci al D.Lgs. n. 51, che aveva soppresso l’Ufficio del Pretore con attribuzione della relativa competenza al tribunale in funzione di Giudice del lavoro, sicche’, non essendo la Sezione Lavoro un organo distinto dal Tribunale, l’attribuzione ad essa di una causa di lavoro da parte di altra sezione non dava luogo ad incompetenza, ma ad un semplice mutamento di rito.

La stessa Corte territoriale ha aggiunto che, anche a voler seguire l’assunto della sentenza impugnata, la soluzione non sarebbe stata diversa, giacche’ il ricorso in riassunzione del G. in data 15.01.2001 doveva essere qualificato non come prosecuzione dell’originario processo, ma come instaurazione di un nuovo giudizio, avendo il ricorrente riformulato la narrativa e con cio’ proposto una mutatio libelli con indicazione di nuovi capitoli di prova e di nuovo testi.

La conclusione della Corte di Appello e’ pertanto nel senso che il termine di riassunzione ex art. 50 c.p.c. non doveva essere rispettato.

La Meliconi S.p.A. propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.

Il G. resiste con controricorso, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 342 c.p.c., per avere l’impugnata sentenza argomentato su un motivo diverso da quello proposto dall’appellante, quindi sulla base di un petitum diverso, mai allegato dall’appellante quale motivo specifico di gravame.

Il motivo e’ infondato.

Il giudizio dinanzi alla Corte di Appello di Bologna riguarda gli stessi fatti oggetto della demanda dell’appellante G., incentrata sulla questione della tardivita’ del ricorso depositato dallo stesso davanti al Tribunale di Bologna. In tale ambito la Corte ha proceduto ad interpretare la domanda giudiziale dando una qualificazione diversa da quella del primo giudice e ritenendo, come gia’ detto, non violato il principio di ultrapetizione e del divieto dello ius novorum in appello.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa i applicazione degli artt. 50, 13 1, 132, 134, 279 e 426 c.p.c., per avere l’impugnata sentenza implicitamente affermato che il provvedimento del GOA non avrebbe natura di sentenza, ma solo valore di ordinanza.

La questione come posta non e’ rilevante ai fini del giudizio, tanto piu’ che nella sentenza impugnata manca qualsiasi qualificazione del provvedimento in questione in termini di sentenza o di ordinanza.

3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 307 e 297 c.p.c. e vizio di motivazione, per non avere l’impugnata sentenza considerato che era trascorso piu’ di un anno tra la data del provvedimento del GOA e quella della proposizione del ricorso dinanzi al Giudice del Lavoro, da che l’estinzione per inattivita’ delle parti.

Il motivo non coglie nel segno e va disatteso.

Le norme invocate dalla ricorrente non trovano applicazione alla fattispecie. Invero la prima norma (art. 307 CPC) riguarda l’ipotesi dell’estinzione del processo per inattivita’ delle parti, conseguente a cancellazione della causa dal ruolo e mancata riassunzione nel temine di un anno (comma 1) e l’ipotesi di mancato rinnovo della citazione – prosecuzione o riassunzione o integrazione del giudizio in un termine legale da uno a sei mesi (comma 3). La seconda norma (art. 297 c.p.c.) disciplina la diversa fattispecie della fissazione di udienza dopo la sospensione, che nel caso in esame non e’ mai intervenuta.

4. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 25 disp. att. c.p.c., per non avere l’impugnata sentenza considerato che l’atto in questione non avrebbe potuto incardinare un nuovo giudizio, giacche’ ha rispettato i requisiti prescritti dalla richiamata norma per la riassunzione.

Il motivo e’ infondato, giacche’ il giudice di appello, come gia’ evidenziato in sede di esame del primo motivo, ha interpretato e qualificato, dandone adeguata e ragionevole spiegazione, il ricorso del G., giungendo alla conclusione che non si trattasse di ricorso in riassunzione, dal che l’irrilevanza del richiamo all’art. 125 disp. att. c.p.c..

5. Con il quinto motivo la ricorrente deduce vizio di motivazione circa piu’ punti decisivi della controversia, in particolare laddove il giudice di appello sostiene di avere accolto il primo motivo di appello del G., che pero’ da parte sua non aveva con tale motivo chiesto l’estinzione dell’originario processo ne’ che il ricorso in riassunzione fosse qualificato come atto introduttivo di un nuovo giudizio. Dal che discende, da un lato, che la sentenza impugnata sarebbe affetta da vizio di non corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c. e, dall’altro lato, da contraddittorieta’, in quanto ritiene, che anche considerando la pronuncia del GOA come una sentenza ad applicando alla fattispecie l’art. 50 c.p.c., il primo motivo di appello meriterebbe ugualmente di essere accolto stante l’instaurazione di un nuovo giudizio.

Le esposte censure come formulate sono generiche ed in ogni caso possono ritenersi assorbite in conseguenza di quanto precisato in sede dei precedenti motivi.

6. In conclusione il ricorso e’ destituito di fondamento e va rigettato.

Ricorrono giustificate ragioni per compensare le spese del giudizio di cassazione, stante la particolarita’ e la delicatezza dei profili di diritto in discussione.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e compensa le spese.

Cosi’ deciso in Roma, il 13 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2010

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