Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18286 del 08/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 08/07/2019, (ud. 03/04/2019, dep. 08/07/2019), n.18286

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21176-2016 proposto da:

MINISTERO DELLA SALUTE (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

M.V., elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZALE CLODIO

14, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO DI CELMO, rappresentata e

difesa dall’avvocato MARIA IRENE ROTELLA;

– controricorrente –

contro

REGIONE CALABRIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 141/2016 della CORTE D’APPELLO DI CATANZARO,

depositata il 15/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consigli() non

partecipata del 03/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ADRIANA

DORONZO.

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza pubblicata in data 15/3/2016, la Corte d’appello di Catanzaro ha dichiarato improcedibile l’appello proposto dal Ministero della Salute contro la sentenza del Tribunale di Catanzaro, emessa nel contraddittorio con M.V., che, in accoglimento della domanda di questa, aveva condannato il Ministero a corrisponderle le somme derivanti dalla rivalutazione annuale dell’indennità integrativa speciale prevista dalla L. n. 210 del 1992, art. 2;

a fondamento del decisum la Corte territoriale ha rilevato che il ricorso in appello, con il decreto presidenziale di fissazione dell’udienza di discussione, era stato notificato alla parte appellata il 19/3/2015, a fronte di una udienza fissata per la discussione del 26/3/2010, oltre il termine di dieci giorni previsto dall’art. 435 c.p.c., comma 2, ed in violazione dell’art. 435 c.p.c., comma 3, che assegna un termine minimo a comparire per l’appellato non inferiore a venticinque giorni, e che tanto giustificava l’improcedibilità del gravame.

Il Ministro propone ricorso per cassazione, illustrato da memoria.

Resiste la M. con controricorso.

La proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è stata notificata alle parti, unitamente al decreto presidenziale di fissazione dell’adunanza camerate non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con l’unico motivo di ricorso il Ministero denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 435 c.p.c., nonchè degli artt. 291,163 bis e 359 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il motivo è fondato.

Non è contestato che il decreto del presidente della corte d’appello ha fissato l’udienza collegiale per 26/3/2015; il ricorrente ha provveduto a notificare il ricorso in data 19/3/2015; tra la notificazione del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione dell’udienza di discussione e l’udienza stessa non è decorso il termine minimo a comparire, fissato dall’art. 435 c.p.c., comma 3.

L’ormai giurisprudenza pacifica che il termine di dieci giorni previsto per la notifica del ricorso dall’art. 435 c.p.c., comma 2, è un termine ordinatorio, sicchè dalla sua inosservanza non può discendere la decadenza dall’impugnazione (cfr., Cass. 29 febbraio 2016, n. 3959; Cass. ord. 16 ottobre 2013, n. 23426; Cass. 31 maggio 2012 n. 8685; Cass. 30 dicembre 2010 n. 2649; Cass. 15 ottobre 2010 n. 21358).

Tale interpretazione ha trovato avallo anche nella giurisprudenza della Corte costituzionale (Corte Cost. n. 60/2010).

Altrettanto pacifico è il principio secondo cui nel rito del lavoro, la violazione del termine non minore di venticinque giorni che, a norma dell’art. 435 c.p.c., comma 3, deve intercorrere tra la data di notifica dell’atto di appello e quella dell’udienza di discussione, non comporta l’improcedibilità dell’impugnazione, come nel caso di omessa o inesistente notificazione, bensì la nullità di quest’ultima, sanabile ex tunc per effetto di spontanea costituzione dell’appellato o di rinnovazione, disposta dal giudice ex art. 291 c.p.c., comma 3 (Cass. del 17/04/2018, n. 9404). Con riferimento al giudizio di appello, si è precisato che l’impugnazione sia ha per proposta fin dal deposito del ricorso in appello e la giurisprudenza di questa Corte si e consolidata nel senso che l’omessa o giuridicamente inesistente notificazione degli atti introduttivi è motivo di improcedibilità dell’appello (Cass. 2 settembre 2016, n. 19191; Cass. 22 gennaio 2015, n. 1175, tutte sulla scia di Cass. SS.UU., 30 luglio 2008, n. 20604), purchè l’appellante sia giunto a conoscenza del decreto di Fissazione dell’udienza (Cass. 28 settembre 2016, n. 19176) ed a condizione che la predetta inesistenza non derivi da causa non imputabile al ricorrente, nel qual caso opera la regola generale della possibile rimessione in termini ai sensi dell’art. 184-bis, c.p.c..

Viceversa, qualora ricorra una mera nullità della vocatio in ius il vizio è sanabile nelle varie forme a tal fine regolate dalla legge.

Nel caso di specie, è incontestato tra le parti che la notifica non è stata omessa nè è inesistente, bensì è stata effettuata senza il rispetto del termine a comparire: in tal caso il giudice è tenuto a disporne la rinnovazione (Cass., 19 aprile 2016, n. 10775; Cass. 2 agosto 2013, n. 19818; analogamente, rispetto al rito di cui agli artt. 47 ss. 1.. 92/2012, Cass., 29 dicembre 2016, n. 27395; Cass. 1 febbraio 2017, n. 2621).

Ne consegue raccoglimento del ricorso con la cassazione della sentenza ed il rinvio della causa dinanzi alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, affinchè esamini la fattispecie alla luce del principio di diritto su enunciato e provveda altresì al regolamento delle spese di questa fase.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 3 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2019

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