Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18285 del 19/09/2016


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Cassazione civile sez. II, 19/09/2016, (ud. 21/04/2016, dep. 19/09/2016), n.18285

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2361/2012 proposto da:

R.T. (OMISSIS), P.U. (OMISSIS), nella qualità di

eredi del geom. P.A., elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA LOTARIO 6, presso lo studio dell’avvocato TAGLIENTE SILVIA,

rappresentati e difesi dagli avvocati PIETRO MASSAROTTO, MARIO

DOMENICO CICCARELLI;

– ricorrenti –

contro

COOPERATIVA EDIFICATRICE LOMBARDA SRL (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA S. TOMMASO D’AQUINO 75, presso lo studio

dell’avvocato MARIO LACAGNINA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato JOELLE ROSANNA LIDIA PICCININO;

– controricorrente –

e contro

COSPA COSTRUZIONI EDILI CIVILI E INDUSTRIALI SRL,

C.A.M., M.W.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3243/2010 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 25/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/04/2016 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato MASSAROTTO Pietro, difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato LACAGNINA Mario, difensore della resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.A.M. e M.W., assegnatari di un alloggio della Cooperativa Edilizia Jonica a r.l., sito in (OMISSIS), per il quale avevano già corrisposto più dei due terzi del prezzo, lamentando difetti di costruzione dell’immobile (che avevano determinato formazione di muffe e macchie di umidità) agivano nei confronti di detta cooperativa affinchè fosse condannata a eliminarli e a risarcire il danno sofferto.

Nel resistere in giudizio la Cooperativa Edilizia Jonica a r.l. chiamava in garanzia impropria l’impresa costruttrice, Cospa s.r.l., e il direttore dei lavori, geom. P.A..

Costituendosi in giudizio, entrambi eccepivano la decadenza della cooperativa dalla garanzia e contestavano, nel merito, la loro responsabilità. Inoltre, la Cospa s.r.l., per l’ipotesi di soccombenza, chiedeva di essere “manlevata” dal P..

Con sentenza non definitiva n. 7309/02 l’adito Tribunale di Milano rigettava dette eccezioni preliminari e con sentenza definitiva n. 13000/05 condannava la cooperativa al pagamento in favore degli attori della somma di Euro 47.000,00, la Cospa s.r.l. a tenere indenne la cooperativa, mentre rigettava le domande proposte dalla cooperativa e da detta società nei confronti del P..

Domande che la Corte d’appello di Milano, adita in via principale dalla Cospa s.r.l. e in via incidentale dalla Cooperativa Edificatrice Lombarda a r.l. (nuova denominazione della Cooperativa Edilizia Jonica a r.l.) accoglieva, invece, riformando in parte qua la sentenza di primo grado.

Osservava la Corte territoriale, limitatamente a quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, che mentre il primo c.t.u. (geom. Mu.) nominato aveva concluso nel senso di una corretta tecnica costruttiva, il secondo c.t.u. (ing. Co.) aveva invece ascritto la formazione delle muffe e delle macchie di umidità ad un’errata valutazione in fase progettuale degli scambi igrotermici tra l’ambiente esterno e quello interno, e all’assenza di un corretto isolamento termico e/o alla totale assenza di materiale isolante nelle zone di discontinuità costruttiva, poichè nel calcolo di progetto dell’isolamento termico non era stato mai inserito uno strato di isolante termico, polistirene, polistirolo o lana di vetro. Ciò posto, alla responsabilità della società appaltatrice, che non aveva rilevato e segnalato alla cooperativa committente tali errori di progettazione, doveva aggiungersi in pari misura quella del direttore dei lavori, per non aver sorvegliato che le opere fossero realizzate senza difetti costruttivi e per non essersi reso conto dell’errore di progettazione.

Pertanto, la Corte territoriale, pur avendo nella motivazione qualificato inammissibile, perchè proposto con comparsa di costituzione tardiva, l’appello incidentale svolto dalla cooperativa anche per ottenere, in subordine, la condanna dei terzi chiamati a tenerla indenne della soccombenza verso i M.- C., nel dispositivo della sentenza “in accoglimento dell’appello proposto” dichiarava e condannava ” P.A., nella sua qualità di direttore dei lavori, a tenere indenne, in solido con Cospa s.r.l., la Cooperativa Edilizia Jonica, di tutto quanto dovrà corrispondere a titolo di risarcimento agli attori M. C. a titolo di risarcimento”.

Per la cassazione di tale sentenza R.T. e P.U., quali eredi di P.A., propongono ricorso, affidato a tre motivi.

Resiste con controricorso la Cooperativa Edificatrice Lombarda a r.l. (nuova denominazione della Cooperativa Edilizia Jonica a r.l.).

C.A. e M.W. e la Cospa s.r.l. sono rimasti intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Preliminarmente va esaminata l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, che sarebbe stato notificato oltre il termine di cui all’art. 327 c.p.c., (nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche apportate dalla L. n. 69 del 2009).

1.1. – L’eccezione è infondata.

Pubblicata il 25.11.2010, la sentenza d’appello doveva essere impugnata, considerato il periodo di sospensione feriale in allora vigente, pari a 46 gg., entro il 10.1.2012. Ed in tale data, infatti, il ricorso è stato inoltrato all’UNEP presso la Corte d’appello di Milano per la notifica.

2. – Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 1669 e 2236 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Sostiene parte ricorrente che il principio di diritto richiamato nella sentenza impugnata, secondo cui il direttore dei lavori è tenuto a svolgere la sua attività per assicurare che l’opera sia realizzata in maniera conforme al capitolato e alle regole tecniche, è stato applicato oltre i suoi confini naturali. Affermare che il direttore dei lavori non progettista debba valutare anche la correttezza tecnica del progetto predisposto da altro professionista a ciò specificamente abilitato e incaricato, costituisce un’erronea interpretazione dell’art. 1669 c.c.. Infatti, il direttore dei lavori nominato dal committente è figura deputata alla sorveglianza delle opere conformemente a un progetto cui, però, egli resta estraneo e della cui correttezza non è chiamato a rispondere. Richiama, al riguardo Cass. n. 3051/80 (sui compiti del direttore dei lavori) e conclude che dei difetti dell’opera il direttore dei lavori può essere ritenuto responsabile solo per omessa vigilanza, non quando, come nello specifico, essi siano ascrivibili a un vizio di progettazione.

3. – Il secondo motivo lamenta il vizio d’insufficienza motivazionale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Dalla sentenza impugnata non emergerebbero i motivi in base ai quali la Corte d’appello ha deciso di discostarsi dalle valutazioni del giudice di primo grado. Pur richiamando le medesime valutazioni espresse dal c.t.u. e richiamate dal Tribunale, la Corte distrettuale è pervenuta a conclusioni del tutto diverse, senza esplicitare le ragioni del dissenso.

4. – Analogamente col terzo motivo è dedotta la contraddittorietà della motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, lì dove la sentenza impugnata da un lato ha accolto e fatto proprie le conclusioni del c.t.u. sulla responsabilità dell’impresa appaltatrice e del progettista, e dall’altro, però, se ne è discostata quanto alla posizione del direttore dei lavori.

5. – Il primo motivo è fondato.

Come esattamente sostiene parte ricorrente, questa Corte ha avuto modo di affermare che negli appalti di opere edilizie, la figura del direttore dei lavori per conto dell’appaltatore è diversa da quella del direttore dei lavori per conto del committente: mentre il primo, quale collaboratore professionale dell’imprenditore, ha il dovere di provvedere, dal punto di vista tecnico, all’esecuzione dell’opera, organizzando e vigilando che essa si svolga in modo non pericoloso per gli addetti ai lavori ed i terzi, il secondo ha soltanto il compito di controllare la corrispondenza dell’opera al progetto, rispondendo dell’adempimento di tale obbligo solo verso il committente a norma dell’art. 2236 c.c., e, pertanto, ove abbia esercitato il compito suddetto, non può essere ritenuto responsabile con l’appaltatore dei danni derivati al committente dalla difettosa esecuzione dell’opera e dall’imprudente svolgimento dei lavori diretti al compimento di essa (Cass. n. 3051/80).

Non sostiene, a ben leggere, cosa diversa Cass. n. 15124/01, secondo cui il direttore dei lavori è tenuto, in virtù delle competenze tecniche di cui deve essere in possesso per l’incarico affidatogli, ad una diligentia quam in concreto, da esplicare per l’accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, con la conseguenza che egli non si sottrae a responsabilità ove ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonchè di controllarne l’ottemperanza da parte dell’appaltatore ed, in difetto, di riferirne al committente.

Nell’un caso come nell’altro, e sia pure sotto diversi angoli visuali, i suddetti precedenti lasciano intendere la medesima conclusione, vale a dire che il direttore dei lavori per conto del committente non risponde insieme con l’appaltatore del risultato finale, costituito dall’opus oggetto dell’appalto, diverso e più limitato essendo il suo ambito di responsabilità.

5.1. – Lungo questa medesima linea argomentativa va ulteriormente ribadito – ai fini che qui rilevano – che il direttore dei lavori esercita in luogo del committente quei medesimi poteri di controllo sull’attuazione dell’appalto che questi ritiene di non poter svolgere di persona. La connotazione precipuamente tecnica di tale obbligazione di vigilanza non lo rende, però, corresponsabile della fattibilità dell’opera insieme con l’appaltatore, il quale soltanto ne risponde in base ai (e nei limiti dei) noti principi elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte, anche quando il progetto da realizzare sia stato redatto da terzi (cfr. ex multis, Cass. nn. 1981/16 e 12995/06). Una cosa, infatti, è l’obbligo vigilare affinchè l’opera sia realizzata in maniera conforme alle regole dell’arte, al progetto e al capitolato d’appalto; altra è l’obbligo di rilevare le eventuali carenze o i possibili difetti da cui sia affetto lo stesso progetto. Attività, quest’ultima, non riferibile al direttore dei lavori così come non si riferisce al committente, essendone specificamente onerato il solo appaltatore. Con la differenza che mentre il committente si auto-responsabilizza solo se, edotto delle carenze o degli errori del progetto, ne richieda egualmente l’esecuzione, riducendo così l’appaltatore a proprio mero nudus minister, il direttore dei lavori risponde della fattibilità e dell’esattezza tecnica del progetto solo se ed in quanto sia stato espressamente incaricato dal committente di svolgere anche tale attività di verifica, aggiuntiva rispetto a quella costituente l’oggetto della sua normale prestazione professionale.

Ne scaturisce il seguente principio di diritto: “il direttore dei lavori esercita in luogo del committente quei medesimi poteri di controllo sull’attuazione dell’appalto che questi ritiene di non poter svolgere di persona. La connotazione precipuamente tecnica di tale obbligazione di sorveglianza lo obbliga a vigilare affinchè l’opera sia eseguita in maniera conforme al progetto, al capitolato e alle regole della buona tecnica, ma non lo rende per ciò solo corresponsabile con l’appaltatore per i difetti dell’opera derivanti da vizi progettuali, salvo egli sia stato espressamente incaricato dal committente di svolgere anche l’attività, aggiuntiva rispetto a quella costituente l’oggetto della sua normale prestazione, di verificare la fattibilità e l’esattezza tecnica del progetto”.

5.2. – Nulla di tutto ciò è stato accertato o ad ogni modo dedotto nella presente controversia. La Corte d’appello, infatti, ritenuto che la causa esclusiva degli inconvenienti lamentati dagli attori dovesse ravvisarsi in un’erronea progettazione dell’isolamento termico, ha esteso in automatico al direttore dei lavori la medesima responsabilità dell’appaltatore per tali difetti del progetto, supponendo implicitamente che il primo ne dovesse rispondere al pari del secondo, sia pure in ragione del diverso rapporto contrattuale con la medesima cooperativa committente. Di qui la denunciata violazione del (solo) art. 2236 c.c..

6. – L’accoglimento del suddetto motivo assorbe l’esame delle restanti censure, che nel criticare le basi logiche dell’accertamento operato in punto di fatto dalla Corte territoriale suppongono configurabile in astratto ciò che si è appena escluso.

7. – In conclusione, la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito, rigettando la domanda di condanna di P.A. proposta dalla Cooperativa Edificatrice Lombarda a r.l.

8. – Le spese dei due gradi merito e del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della suddetta cooperativa.

8.1. – Per l’effetto espansivo interno della presente sentenza di cassazione (art. 336 c.p.c., comma 1) è caducata anche la pronuncia di condanna del geom. P. alle spese in favore della Cospa s.r.l..

8.2. – Nulla per le spese quanto alle altre parti, dovendosi limitare la relativa condanna alla sola Cooperativa, che ha provocato la chiamata in causa del geom. P.A..

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda di condanna di P.A. proposta dalla Cooperativa Edificatrice Lombarda a r.l.; condanna quest’ultima al pagamento in favore dei ricorrenti delle spese dei due gradi merito e del presente giudizio di cassazione, che liquida per il primo grado in 4.000,00, di cui 2.000,00 per diritti, 1.800,00 per onorari ed il resto per esborsi, per il secondo grado in Euro 4.200,00, di cui 1.700,00 per diritti, 2.300,00 per onorari ed il resto per esborsi, e per il giudizio di cassazione in Euro 3.700,00, di cui 200,00 per esborsi, il tutto oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2016

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