Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18285 del 03/09/2020

Cassazione civile sez. II, 03/09/2020, (ud. 24/09/2019, dep. 03/09/2020), n.18285

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 08875/2018 R.G. proposto da:

A.B., + ALTRI OMESSI, rappresentati e difesi dalli Avv.

Pietro L. Frisani, con domicilio eletto in Roma, P.za del Popolo n.

18, presso il suo studio;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, rappresentata e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma,

via dei Portoghesi n. 12, presso la medesima Avvocatura Generale

dello Stato;

– intimato –

avverso il decreto della Corte di appello di Perugia n. 3230

depositata il 28 novembre 2017;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 settembre

2019 dal Consigliere Dott. Milena Falaschi.

 

Fatto

OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO

Ritenuto che:

– la Corte di appello di Perugia, con decreto n. 3230 del 2017, accogliendo il ricorso L. n. 89 del 2001, ex art. 3 ha condannato il Ministro dell’economia e delle finanze al pagamento in favore dei ricorrenti A.B., + ALTRI OMESSI della somma di Euro 1.500,00 ciascuno, oltre agli interessi dalla data della domanda, nonchè al rimborso in favore dei ricorrenti delle spese processuali che venivano liquidate in Euro 405,00 per compenso professionale ed accessori;

– avverso il decreto della Corte di appello di Perugia A., + ALTRI OMESSI propongono ricorso per Cassazione, fondato su un unico motivo, con il quale denunciano la violazione e la falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., dell’art. 2233 c.c. e del D.M. n. 55 del 2014. I ricorrenti espongono che la liquidazione delle spese processuali operata dalla Corte d’appello di Perugia sia inferiore ai minimi dettati dalla Tabella 12 del D.M. n. 55 del 2014 (indicando le singole attività e fasi ed i relativi importi tariffari);

– il Ministero dell’economia e delle finanze è rimasto intimato.

Atteso che:

– l’unico motivo di ricorso è fondato e va, pertanto, accolto.

Questa Corte ha già precisato come il procedimento per l’equa riparazione del pregiudizio derivante dalla violazione del termine di ragionevole durata del processo – di cui alla L. n. 89 del 2001 vada considerato, ai fini della liquidazione dei compensi spettanti all’avvocato, quale procedimento avente natura contenziosa, con la conseguenza che, nel caso in esame, trova applicazione la tabella 12 allegata al D.M. 10 marzo 2014, n. 55 (cfr. Cass. 10 aprile 2018 n. 8818 del 2018; Cass. 28 febbraio 2018 n. 4689; Cass. 14 novembre 2016 n. 23187; Cass. 17 ottobre 2008 n. 25352).

Peraltro, è stato anche chiarito come, in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al D.M. n. 55 del 2014 (che detta i criteri da applicare nel regolare le spese di causa, mentre il D.M. n. 140 del 2012 regola la materia dei compensi tra professionista e cliente: Cass. 17 gennaio 2018 n. 1018), non sussistendo più il vincolo legale della inderogabilità dei minimi tariffari, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica standard del valore della prestazione professionale; pertanto, il giudice è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, fermo restando che il superamento dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione incontra il limite dell’art. 2233 c.c., comma 2, il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione.

La liquidazione disposta dalla Corte di appello Perugia in complessivi Euro 405,00, è stata operata, invece, senza dare alcuna adeguata motivazione, con una globale determinazione dei compensi, in misura notevolmente inferiore a quelli minimi di cui alla tabella 12 allegata al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, tenuto conto del valore della causa (da Euro 1.101,00 ad Euro 5.200,00), pur applicata la riduzione massima in ragione della speciale semplicità dell’affare D.M. n. 55 del 2014, ex art. 4 (Cass. 15 dicembre 2017 n. 30286; Cass. 31 gennaio 2017 n. 2386; Cass. 16 settembre 2015 n. 18167).

Del resto è irrilevante la circostanza che con unico provvedimento sia stata disposta la liquidazione delle spese per numerosi ricorsi, riuniti solo in sede di pronuncia, raggruppandoli per difensore, trattandosi comunque di attività processuale già completata da ciascun mandatario al momento della riunione.

Pur applicando la massima riduzione ai singoli importi per ciascuna voce, ai sensi dell’art. 4, comma 1 citato D.M., la somma totale liquidabile sarebbe di Euro 1.198,50, così computata: Euro 255,00 per la fase di studio della controversia (a fronte di Euro 510,00 come importo medio ordinario); Euro 255,00 per la fase introduttiva del giudizio (a fronte di Euro 510,00 quale importo medio ordinario); Euro 238,50 per la fase istruttoria (per effetto della riduzione del 70%, applicabile per tale voce, rispetto alla somma ordinaria prevista in tabella di Euro 945,00); Euro 405,00 per la fase decisionale (a fronte di Euro 810,00 quale importo medio ordinario).

Ne consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione del decreto impugnato, limitatamente alla posizione degli assistiti dell’Avv. Frisani.

Sussistendone le condizioni, è possibile decidere la causa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con liquidazione del complessivo compenso del difensore in Euro 1.198,50 (spese generali, IVA e CPA) e con condanna dell’Amministrazione alla rifusione del predetto importo, con liquidazione in favore dell’avvocato Pietro L. Frisani, che ne ha fatto richiesta, dichiarandosi antistatario.

Anche le spese legali del giudizio di legittimità debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi, sempre con distrazione, siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività espletate.

PQM

La Corte accoglie il ricorso;

cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di merito in favore degli odierni ricorrenti nell’importo complessivo di Euro 1.198,50 oltre spese generali ed accessori, con distrazione in favore dell’avvocato Pietro L. Frisani, che si è dichiarato antistatario;

condanna il Ministero dell’economia e delle finanze alla rifusione, in favore di parte ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che, distratte in favore dello stesso avvocato Pietro L. Frisani, dichiaratosi antistatario, liquida in Euro 900,00 per compensi, oltre spese generali ed accessori.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2020

 

 

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