Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18282 del 19/09/2016


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Cassazione civile sez. II, 19/09/2016, (ud. 22/03/2016, dep. 19/09/2016), n.18282

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11854/2011 proposto da:

M.F., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA G. MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato LUCIO NICOLAIS,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA DEL RE;

– ricorrente –

nonchè da:

B.M., (OMISSIS), F.M. (OMISSIS), ENTRAMBI IN

PROPRIO ED ANCHE QUALI RAPPRESENTANTI LEGALI DELLA SNC

B.M. E F.M., elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO

VITTORIO EMANUELE II 18, preuuo lo studio dell’avvocato GIAN MARCO

GREZ, rappresentati e difesi dagli avvocati PAOLO PECCHIOLI,

DONATELLA DE DONNO;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

M.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA G. AZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato LUCIO NICOLAIS,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA DEL RE;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 434/2010 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 23/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/03/2016 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato Nicolais Lucio difensore della ricorrente che si

riporta alle difese in atti;

udito l’Avv. De Donno Donatella difensore dei controricorrenti e

ricorrenti incidentali che si riporta agli atti depositati;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale

e per l’assorbimento o l’inammissibilità del ricorso incidentale

condizionato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

I luoghi di causa sono ubicati in (OMISSIS).

Oggetto della controversia è la lesione delle distanze legali dalle costruzioni lamentata dalla ricorrente M.F., che contesta la realizzazione di un nuovo fabbricato in sostituzione del precedente, o in subordine la sopraelevazione dello stesso da parte dei convenuti B.M. e F.M. e/o della loro omonima snc.

A tutela del diritto di veduta della attrice, il tribunale di Firenze, nel 2005, in parziale accoglimento della domanda, ha condannato i convenuti a ridurre la copertura del primo piano del fabbricato all’altezza preesistente.

Ha respinto la domanda che era volta al rispetto delle distanze legali per le nuove costruzioni. Ha ritenuto che il preesistente fabbricato dei convenuti fosse stato oggetto di ristrutturazione edilizia e che la sopraelevazione non doveva essere arretrata, potendo essere applicata la disposizione del R.E. locale sulle sopraelevazioni di fabbricati esistenti.

1.1) La questione posta con l’appello, e ora in ricorso, è l’applicabilità di questa più favorevole disposizione sulle sopraelevazioni, giacchè secondo parte ricorrente l’intervento edilizio è da qualificare come integrale demolizione e ricostruzione.

La Corte di appello, condividendo il parere espresso dal consulente tecnico, ha ritenuto che trattasi di ristrutturazione del piano terreno preesistente e sopraelevazione. Pertanto con sentenza 23 marzo 2010 ha rigettato il gravame M..

Costei ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 28 aprile 2011, svolgendo sei motivi.

Gli intimati hanno resistito con controricorso e hanno svolto ricorso incidentale condizionato.

Sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2) Il primo motivo di ricorso denuncia insufficienza della motivazione in ordine alla circostanza che la decisione di primo grado sarebbe stata basata su documentazioni burocratiche concessorie acquisite dal ctu senza preventiva autorizzazione. Da questa documentazione il ctu avrebbe tratto la conclusione che il fabbricato sia stato interessato da una ristrutturazione edilizia.

La censura è infondata. La corte di appello ha confermato che l’opera eseguita costituisce ristrutturazione – limitatamente alle opere riguardanti il piano terreno – perchè “immutata è rimasta la perimetrazione del manufatto… e non è certo che il vecchio manufatto sia stato interamente demolito”.

Risulta pertanto irrilevante, nel percorso argomentativo, la documentazione burocratica cui allude il motivo, che va pertanto respinto.

3) Il secondo motivo concerne la demolizione del manufatto preesistente, che secondo la ricorrente sarebbe stata integrale, circostanza che, come si è detto sopra, la Corte di appello ha considerato non provata.

Il motivo deduce che la Corte avrebbe dovuto rivalutare la questione “alla luce della produzione fotografica” e “dell’eventuale ammissione di prove testimoniali sulla circostanza dell’integrale demolizione”.

Nessun’altra specificazione è fornita del contenuto di dette fotografie e delle prove testimoniali. Non viene indicato se le prove suddette siano state tempestivamente dedotte e quale sia stata la valutazione che, sia in sede di ammissione di mezzi istruttori, sia in sede decisoria, ne era stata data dal primo giudice e da quello di appello che ne ha confermato i giudizi.

Trattasi quindi di motivo ai limiti della inammissibilità e comunque infondato, atteso che il vizio di motivazione può essere rilevante solo qualora la parte ricorrente dimostri, con congrua e autosufficiente critica, che le risultanze asseritamente trascurate siano state tempestivamente dedotte e fossero decisive (Cass. 17915/10; 4980/14; 6023/09; 2977/06; 2707/04; 9138/04; 8383/99), cioè tali da imporre una valutazione opposta a quella data dal giudice di merito o comunque da evidenziare una insanabile illogicità o una inadeguata ricostruzione dei fatti esaminati.

4) Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 61 c.p.c. e concerne nuovamente la consulenza tecnica.

Parte ricorrente si duole del fatto che il tribunale abbia chiesto al ctu di “dire se e in che misura le opere edilizie rientrassero nel concetto di ristrutturazione edilizia di cui alla L. n. 457 del 1978”, questione che dovrebbe essere decisa dal giudice e non dal consulente.

Lamenta che la Corte di appello abbia respinto la doglianza.

Anche questo motivo non può essere accolto, atteso che, seppur il giudice abbia usato espressioni improprie nel conferire l’incarico, esso è sempre da intendere nella chiara distinzione dei ruoli, che consente al consulente di fornire elementi utili, alla luce della normativa vigente, (che il ctu deve ovviamente conoscere e che per chiarezza gli può essere comunque indicata) affinchè il giudice stabilisca la qualificazione dei fatti descritti nella relazione tecnica.

Ne consegue che qualora la sentenza recepisca il parere della relazione tecnica, l’eventuale censura deve avere ad oggetto detta qualificazione o i fatti che ad essa sono serviti di base, restando ormai superfluo e irrilevante che il quesito fosse stato posto con impropria formulazione.

Di qui il rigetto anche di questo motivo.

5) Il quarto motivo denuncia violazione della normativa nazionale e locale in tema di distanze.

La tesi sostenuta, come preannunziato in p. 1.1), concerne il tema posto a pag. 31 del ricorso, ove si afferma che “se un manufatto esistente di un solo piano fuori terra, ridotto a sostanziale rudere, viene demolito (integralmente!), e sul perimetro di esso… viene ricostruito un manufatto che si eleva di tre piani fuori terra con diverse destinazioni d’uso e soprattutto una complessiva variazione di sagoma percepibile dall’esterno, di volumetria”… non si “tratta di ristrutturazione edilizia, ma di un organismo edilizio nuovo, una nuova costruzione.” Ne deriverebbe l’applicabilità delle distanze previste per nuove costruzioni.

La censura non può essere accolta, perchè muove da un presupposto di fatto che è stato negato dalla Corte di appello (cfr supra sub p. 2), cioè l’avvenuta totale demolizione del vecchio manufatto.

Si è visto invece che l’accertamento di fatto condotto dai giudici di merito è di segno opposto, giacchè per essi manca la prova che il “vecchio manufatto sia stato interamente demolito”.

Parte ricorrente doveva dunque dimostrare che vi fosse stata nuova costruzione a seguito delle opere che sono descritte da SU 21578/11.

In mancanza, è vana la teorizzazione svolta, giacchè se il manufatto preesistente non è stato demolito, ma solo ripristinato con opere che, secondo l’ampia accezione di questo concetto, possono essere definite di ristrutturazione, la proprietà ha diritto di mantenere questa porzione di fabbricato alla distanza preesistente (Cass. 22688/09).

La sopraelevazione deve invece soggiacere alle distanze previste per questo tipo di ampliamento dei fabbricati preesistenti.

La sentenza di appello è dunque anche sotto questo profilo incensurabile.

Mette conto rilevare che invano il rigetto dei primi quattro motivi è stato invocato da parte resistente sulla base di un giudicato esterno desumibile da sentenza Tar sulla vicenda de qua. Le decisioni amministrative sono infatti assunte con salvezza dei diritti dei terzi, che non sono regolati dall’inquadramento che delle opere sia dato in sede giurisdizionale amministrativa, rilevando solo in questa sede la più complessa normativa sulle distanze.

6) Il ricorso va invece accolto quanto al quinto motivo, che concerne la misurazione della distanza tra i fabbricati, effettuata senza tener conto della sporgenza costituita dalla terrazza e relativo parapetto di proprietà M..

Sebbene proposta con riferimento al vizio di motivazione di cui all’art. 360, n. 5, la censura ha per oggetto in primo luogo una violazione di legge.

Lo si desume dal tenore delle argomentazioni principali e dalla circostanza che essa riprende il “motivo di appello di cui sub E” (pag. 8 sentenza impugnata), con il quale M. aveva lamentato che, in violazione del D.M. n. 1444 del 1968, il tribunale aveva misurato la distanza tra le pareti finestrate dei due fabbricati senza considerare il parapetto della terrazza, che, secondo parte M., è “il corpo più sporgente del fabbricato”.

La Corte di appello si è liberata della doglianza affermando che la norma di cui al d.m., richiamata dal regolamento edilizio di (OMISSIS), è da leggere nel senso che “le misurazioni debbano avvenire da parete a parete”.

L’affermazione è in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale rientrano nella categoria degli sporti, non computabili ai fini delle distanze, soltanto quegli elementi con funzione meramente ornamentale, di rifinitura od accessoria (come le mensole, le lesene, i cornicioni, le canalizzazioni di gronda e simili); costituiscono, invece, corpi di fabbrica, computabili ai predetti fini, le sporgenze degli edifici aventi particolari proporzioni, come i balconi, costituite da solette aggettanti anche se scoperte, di apprezzabile profondità ed ampiezza (cfr. Cass. 17242/10; 12964/2006; 1556/05).

Da questa errata interpretazione di legge è disceso anche il vizio di motivazione, cioè l’errore nella ricostruzione del fatto di causa, costituito dalla mancata analisi della consistenza del parapetto e dell’esistenza o meno di uno sporto della parete finestrata M., rilevante ai fini delle distanze.

A questi principi e a questa verifica dovrà attenersi il giudice di rinvio.

6.1) Resta assorbito il sesto motivo, relativo, più genericamente, alla misurazione delle distanze civilistiche.

7) E’ inammissibile il motivo di ricorso incidentale, che, come rilevato dalla difesa di parte ricorrente, non sviluppa una specifica censura, ma invoca una eventuale correzione delle motivazioni rese dalla Corte di appello.

In ogni caso vengono sviluppate argomentazioni che dovranno tornare all’esame del giudice di rinvio.

La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e la causa rimessa ad altra sezione della Corte di appello di Firenze per nuovo esame della questione e la liquidazione delle spese di questo giudizio.

PQM

La Corte rigetta primo, secondo, terzo e quarto motivo del ricorso principale. Accoglie il quinto; dichiara assorbito il sesto. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale condizionato.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di appello di Firenze che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 22 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2016

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