Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18281 del 19/09/2016


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Cassazione civile sez. II, 19/09/2016, (ud. 22/03/2016, dep. 19/09/2016), n.18281

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11558/2011 proposto da:

L.A., (OMISSIS), L.S. (OMISSIS),

D.R.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MICHELE

MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE ANTONINI, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIORGIO DE PILATI;

– ricorrenti –

nonchè da:

DISTILLERIA G.P. E FIGLI SNC, (OMISSIS), IN PERSONA DEL SUO

LEGALE RAPP.TE, C.M. (OMISSIS), CA.MA.

(OMISSIS), P.G. (OMISSIS), P.M. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SALLUSTIANA 26, presso lo

studio dell’avvocato GIULIO RAFFAELE IPPOLITO, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MICHELE BUSETTI;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

D.R.S. (OMISSIS), L.A. (OMISSIS),

L.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MICHELE

MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE ANTONINI, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIORGIO DE PILATI;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 198/2010 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 30/06/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/03/2016 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato Antonini Giuseppe difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento delle difese atti;

udito l’Avv. Busetti Michele difensore dei controricorrenti e

ricorrenti incidentali che ha chiesto l’accoglimento delle difese

esposte in atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo

del ricorso principale e per il rigetto del secondo motivo, per il

l’inammissibilità o, in subordine, per il rigetto del ricorso

incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

I signori L. – D.R. e la loro figlia S. hanno agito nel 2003 nei confronti della Distilleria G.P. e figli snc e di P.G. per far accertare l’inesistenza di una servitù di passo a carico delle particelle n. (OMISSIS) site in comune di (OMISSIS).

L’azione era rivolta contro il passaggio esercitato dal legale rappresentante della distilleria per il trasporto e l’esercizio dell’attività industriale proprietari del mappale (OMISSIS).

La distilleria P. snc e G.P. hanno resistito e hanno chiesto in riconvenzionale l’accertamento, in favore dei propri mappali, di servitù per destinazione padre famiglia e, in

subordine, la costituzione di servitù coattiva sul mappale (OMISSIS).

Il Tribunale di Trento ha integrato il contraddittorio con la chiamata in causa di Ca.Ma., M. e P.M., comproprietari del mappale (OMISSIS), costituitisi per aderire alle domande svolte da parte convenuta.

Con sentenza del 2009 ha respinto le domande L. e accolto la riconvenzionale subordinata.

Ha condannato gli attori a rifondere le spese ai Poli e ai chiamati in causa C. e P.M..

La Corte di appello di Trento il 30 giugno 2010 ha confermato integralmente la sentenza di primo grado, respingendo contrapposti appelli.

I sigg. L. – D.R. hanno proposto ricorso per cassazione con due motivi.

La snc P. e i signori P. e C. (di seguito: P.) hanno congiuntamente resistito e proposto ricorso incidentale.

Parte L. ha depositato controricorso ex art. 370 c.p.c. e memoria in vista dell’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2) I due motivi del ricorso principale concernono il regolamento delle spese e la costituzione di servitù coattiva.

Rispetto ad essi è logicamente antecedente il ricorso incidentale Poli, che concerne la sussistenza della servitù per destinazione del padre di famiglia.

Parte P. denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1062 c.c. e vizi di motivazione.

Sostiene che la Corte di appello avrebbe errato nel negare la costituzione della servitù avvenuta “non per opera diretta del proprietario dell’originario unico fondo (la SELM spa), ma da P.G., unico possessore del bene, nella piena consapevolezza e non opposizione della medesima Selm spa in ordine alla realizzazione delle opere concretanti detta situazione di fatto”. Cita in proposito Cass. 3314/97.

ricorso affida la configurabilità di questa ipotesi a una riproposizione delle circostanze di fatto intercorse tra il 1984 (demolizione muretti e realizzazione nuovo accesso), il 1986 (vendite da parte di Selm) e il 2003 (apposizione di automatismo al cancello da parte dei L.). Sostiene che vi era apparenza della situazione di subordinazione e che le testimonianze escusse sarebbero di conforto.

In tal modo il ricorso si traduce nella richiesta di una nuova complessiva valutazione del merito della vicenda, non consentita in sede di legittimità.

La Corte di cassazione può verificare, ex art. 30 c.p.c., n. 3, se sia corretto il procedimento di sussunzione della fattispecie accertata nelle disposizioni normative applicate; può anche ravvisare (art. 360, n. 5 vecchio testo) vizi di motivazione ove siano indicate risultanze di fatto inspiegabilmente trascurate o illogicamente valutate dai giudici di merito, ma non può addentrarsi in un complessivo nuovo apprezzamento della fattispecie.

Un’analisi del genere dovrebbe essere passo passo guidata da una puntuale critica alle considerazioni dei giudici di merito.

Ciò non si ravvisa nel caso in esame.

2.1) Consta infatti, in primo luogo, che parte L. ha prontamente contestato (controricorso pag. 11 e segg.) la ricostruzione dei fatti proposta in ricorso, in particolare con riferimento alla creazione dell’accesso a Nord e allo stato dei luoghi esistente nel 1986, nonchè all’esistenza dei muretti fino al 1985. Ha evidenziato che nel 1984, sulla base dei preliminari, non solo i P., ma anche le altre parti, erano state immesse nel possesso delle particelle poi vendute nel 1986, sicchè non poteva configurarsi una ipotesi quale quella descritta dal precedente giurisprudenziale citato.

Le considerazioni del controricorso L. non sono state contraddette con memoria.

Sono invece avallate dalla sentenza di appello e da quella di primo grado, integralmente confermata e quindi recepita.

La Corte di appello ha chiaramente negato che la semplice eliminazione di ostacoli alla viabilità desse sostanza ad opere visibili e permanenti e che l’asservimento di parti del fondo sia stato frutto di una destinazione dell’unico proprietario.

Ha sottolineato che tutto è sorto da una serie di rapporti obbligatori, in contrasto con la genesi che è connaturata alla destinazione da parte del padre di famiglia.

Tutto ciò trova aggancio in quanto accertato dal giudice di primo grado, che ha evidenziato l’incertezza circa l’epoca di abbattimento dei muretti e la mancanza di prova in ordine alla circostanza che l’asservimento sia avvenuto con il consenso dell’unico proprietario.

Il motivo è quindi manifestamente infondato.

3) Altrettanto deve dirsi del secondo motivo del ricorso principale, che contesta l’ampliamento coattivo della servitù della distilleria.

Esso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1051 e 1052 c.c. e vizi di motivazione.

La Corte di appello ha ritenuto che non sussiste “nessun dubbio” sul presupposto dell’esistenza di reali esigenze dell’agricoltura e dell’industria, ravvisate nell’uso – per un periodo di tempo limitato, una trentina di passaggi l’anno – del passaggio esistente L. da parte di mezzi pesanti diretti alla o provenienti dalla distilleria.

Ha comparato le diverse ipotesi e, in base al principio del minimo mezzo, ha valutato che fosse da escludere sia l’alternativa di demolire parti del fabbricato del fondo dominante per ampliare una strada di accesso da questo goduta, sia di demolire muri e recinzioni di terzi non coinvolti in causa.

Il ricorso sostiene che la strettoia in cui si renderebbero necessarie le demolizioni di parti degli immobili P. non impedirebbe “l’accesso alla via pubblica”, ma solo la circolazione interna del fondo dominante.

Il rilievo è manifestamente privo di pregio, giacchè la libertà di passaggio per accedere al punto di sbocco sulla via pubblica deve riguardare tutto il percorso esistente, cosicchè, se parte dominante non dispone nella parte che insiste sul proprio fondo di un passaggio per i camion che sia libero o liberabile senza quell’enorme dispendio, giudicato antieconomico dal tribunale e dalla Corte di appello, deve necessariamente cercare altrove il passaggio utile.

Altro rilievo attiene alle esigenze generali della produzione, che vengono contestate e ritenute insussistenti, alla possibilità in concreto dell’ampliamento, alla gravosità della servitù.

Si tratta di apprezzamenti di merito che richiederebbero un riesame da parte della Cassazione, alla quale questa opera è preclusa.

3.1) Sono nuove o comunque irrilevanti, perchè complessivamente valutate, le questioni attinenti la dotazione di impianti frenanti nei veicoli, l’interessamento di aie e cortili, la mancata espressa limitazione dell’esercizio della servitù.

Detta limitazione è intrinsecamente derivata dall’attuale entità degli impianti e dei fondi dominanti e quindi dal prevedibile uso, peraltro esplicitato in sentenza, sicchè eventuali futuri aggravamenti potrebbero trovare valutazione al tempo in cui dovessero insorgere.

Di qui il rigetto del motivo.

4) E’ invece da accogliere il primo motivo del ricorso principale. Il tribunale, in chiusura di sentenza, aveva ritenuto che dall’accoglimento della domanda riconvenzionale sulla servitù coattiva “discendeva l’infondatezza della actio negatoria servitutis e di tutte le altre domande azionate da parte attrice in quanto conseguenti all’azione svolta in via principale.”

Ne aveva desunto che in ordine alle spese di lite, che seguivano la soccombenza, gli attori L. avrebbero dovuto rifondere le spese sia in favore dei convenuti che dei chiamati in causa.

La Corte di appello, dopo aver rigettato appello principale L. e appello incidentale P., ha compensato le spese del giudizio di appello in ragione della reciproca soccombenza.

Il ricorso evidenzia che in atto di appello datato 29 aprile 2009, notificato il giorno dopo agli avvocati R. e C., come verificato in atti, a pag. 10 e segg. era contenuto uno specifico motivo che lamentava la violazione dei principi regolatori delle spese processuali.

Tale motivo non è stato in alcun modo esaminato dalla Corte trentina, cosicchè viene fondatamente lamentata l’omessa pronuncia.

I controricorrenti P. sostengono che non sarebbe stato svolto uno specifico motivo d’appello, ma riportano solo le conclusioni dell’atto di appello, nelle quali peraltro era chiesta “vittoria di spese di primo e secondo grado di giudizio”.

I motivi di appello si desumono non solo dalle conclusioni, ma anche dal testo dell’atto, che conteneva, con specifica rubrica e successiva trattazione, la doglianza per la sorprendente pronuncia del tribunale, che definiva soccombenti puramente e semplicemente i L., nonostante la complessità dell’intreccio di domande. Questa censura di omessa pronuncia è fondata e impone di restituire gli atti al giudice di appello, perchè esamini la doglianza che gli era stata posta e regoli le spese tenendo conto dell’esito complessivo delle varie domande, della loro interdipendenza, delle differenti posizioni delle parti.

Il necessario apprezzamento di merito consiglia di rinviare al giudice trentino il riesame.

Provvederà anche alla liquidazione delle spese di questo giudizio.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso principale, rigettato nel resto.

Rigetta il ricorso incidentale.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Trento, in diversa composizione, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 22 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2016

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