Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18277 del 05/08/2010

Cassazione civile sez. lav., 05/08/2010, (ud. 30/06/2010, dep. 05/08/2010), n.18277

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.L., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato FERRARA RAFFAELE, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO INTERCOMUNALE CF2 PER IL CICLO INTEGRATO DEI RIFIUTI (oggi

Consorzio GEOECO S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato NACCA GIOVANNI, giusta mandato a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e contro

Z.A., in qualità di titolare della ditta ZAFEDIL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 922/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 28/02/2005 R.G.N. 172/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/06/2010 dal Consigliere Dott. PIETRO ZAPPIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Santa Maria Capua Vetere, depositato in data 13.6.2002, L.L., premesso di aver lavorato alle dipendenze della ditta Zafedil di Z.A. che gestiva in appalto il servizio di spazzamento e rifiuti, e premesso di essere stato licenziato in data 10.1.2000 per effetto della scadenza del contratto di appalto stipulato tra l’impresa ed il Comune di Aversa, esponeva che, in violazione dell’art. 4 del CCNL di categoria, il Consorzio Intercomunale Geo Eco, subentrato nell’appalto predetto, non aveva provveduto alla sua assunzione.

Chiedeva pertanto che il giudice adito volesse dichiarare la nullità ed illegittimità del licenziamento intimatogli ed affermare il diritto di esso ricorrente alla costituzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il nuovo appaltatore ai sensi dell’art. 2932 c.c.; in subordine chiedeva che, accertata la illegittimità del licenziamento per mancanza di giustificato motivo obiettivo, fosse dichiarata la continuità del rapporto giuridico con la ditta Zafedil, con condanna del titolare al pagamento delle retribuzioni maturate dal giorno del licenziamento sino al ripristino del rapporto, ovvero alla riassunzione e, in mancanza, al risarcimento del danno.

Con sentenza in data 15.7.2003 il Tribunale adito accoglieva la domanda proposta nei confronti della Zafedil e, dichiarata la illegittimità del licenziamento, condannava il titolare Z. A. alla riassunzione del lavoratore ovvero, in mancanza, al risarcimento del danno commisurato a 2,5 mensilità dell’ultima retribuzione; rigettava le domande proposte nei confronti del Consorzio Geo Eco.

Avverso tale sentenza proponeva appello il L., lamentandone la erroneità sotto diversi profili e chiedendo l’accoglimento anche delle domande proposte nei confronti del Consorzio predetto.

La Corte di Appello di Napoli, con sentenza in data 8.2.2005, rigettava il gravame.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione L. L. con tre motivi di impugnazione.

Resiste con controricorso il Consorzio intimato.

Lo Z., nella qualità di titolare della ditta Zafedil, non ha svolto attività difensiva.

Diritto

Col primo motivo di gravame il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. e segg., in riferimento agli artt. 3 e 4 CCNL Nettezza Urbana (art. 360 c.p.c., n. 3), nonchè omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5).

In particolare rileva che erroneamente la Corte territoriale aveva escluso l’applicabilità nel caso di specie dell’art. 2932 c.c. assumendo la non configurabilità nella clausola contenuta nell’art. 4 del contratto collettivo relativo al personale dipendente da imprese esercenti servizi di igiene ambientale, della struttura del contratto preliminare a favore di terzo, in base ad una interpretazione della norma collettiva non conforme al testo letterale della stessa ed alla volontà delle parti stipulanti quale emergeva dalla lettura del relativo testo.

Col secondo motivo di gravame il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3), nonchè omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5).

In particolare rileva che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto la non applicabilità nella fattispecie in esame dell’art. 2932 c.c.; ed invero, posto che nel caso in esame, alla stregua di una corretta interpretazione della disposizione di cui all’art. 4 del contratto collettivo di settore, era sorto in capo ad esso ricorrente il diritto alla assunzione alle dipendenze della nuova società appaltatrice del servizio di nettezza urbana, ove si osservi che la normativa in questione prevedeva tutti gli elementi del contratto individuale il quale discendeva quindi direttamente dalla disposizione collettiva, doveva ritenersi l’applicabilità del predetto art. 2932 c.c. che prevedeva l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto, con la costituzione ope iudicis del contratto individuale di lavoro.

Col terzo motivo di gravame il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., nonchè degli artt. 2, 3 e 4 Cost. (art. 360 c.p.c., n. 3), nonchè omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5).

Rileva in particolare che la Corte territoriale aveva erroneamente omesso di considerare che il Consorzio convenuto non aveva tenuto un comportamento improntato ai principi di buona fede e correttezza, non cooperando alla realizzazione dell’interesse del lavoratore; ed aveva altresì operato in violazione dei principi fondamentali della Costituzione, ed in particolare del principio di parità di trattamento, essendo stato esso ricorrente, al contrario degli altri 63 dipendenti della ditta Zafedil, escluso dalla procedura di passaggio diretto alle dipendenze del Consorzio Geo Eco, subentrato nell’appalto dei servizi di spazzamento e rifiuti.

I suddetti motivi di gravame, che il Collegio ritiene di dover trattare unitariamente essendo fra loro strettamente connessi, non sono fondati.

Orbene, il thema decidendum consiste nell’accertare l’esistenza (o meno) di un diritto del lavoratore al mantenimento del posto di lavoro preso la nuova azienda appaltatrice, alla stregua delle previsioni di cui all’art. 4 del contratto collettivo del personale dipendente da imprese esercenti servizi di igiene ambientale.

Questa Corte ha più volte ribadito il principio secondo cui, nella vigenza del testo dell’art. 360 c.p.c. anteriore alle modifiche di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, l’interpretazione del contratto collettivo di diritto comune, concretizzandosi nell’accertamento della volontà dei contraenti e quindi in una indagine di fatto, come tale riservata al giudice di merito, può essere censurata in sede di legittimità solo per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle regole ermeneutiche, con la conseguenza che deve essere ritenuta inammissibile ogni critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca solo nella prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto vagliati dal decidente o di una diversa interpretazione delle disposizioni pattizie (cfr. tra le tante da ultimo: Cass. sez. lav., 8.6.2009 n. 13181; Cass. sez. lav., 12.3.2009 n. 6010; Cass. sez. lav., 23.1.2009 n. 1717; Cass. sez. lav., 4.7.2008 n. 18499).

Questa Corte ha anche statuito più volte che, nell’interpretazione del contratto collettivo di diritto comune, seppure il criterio logico – sistematico di cui all’art. 1363 c.c. assume un particolare rilievo (ben più accentuato di quanto accade per i restanti contratti di diritto comune) in ragione delle particolari caratteristiche connotanti la contrattazione collettiva, tuttavia il criterio letterale di cui all’art. 1362 c.c. costituisce sempre il punto di partenza per una corretta interpretazione di ogni clausola pattizia (cfr. ex plurimis: Cass. sez. lav., 28.11.2008 n. 28460;

Cass. sez. lav., 11.3.2008 n. 6429; Cass. sez. lav., 21.3.2006 n. 6264; Cass. sez. lav., 29.7.2005 n. 15969; Cass. sez. lav., 9.3.2005 n. 5140).

Pertanto, alla stregua della normativa in materia, la volontà delle parti si desume dal senso letterale delle parole utilizzate e dalla loro comune intenzione (art. 1362 c.c., comma 1), quale emerge dal comportamento anche successivo alla conclusione del contratto (comma 2) e dalla lettura complessiva del contratto le cui “clausole si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto” (art. 1363 c.c.). Tutte le altre norme di ermeneutica contrattuale sono applicabili solo se si determinano situazioni peculiari (ad esempio laddove vengano usate espressioni generali o indicazioni esemplificative) o quando, applicati i criteri dettati dagli articoli precedenti, le previsioni contrattuali conservano ambiguità non risolte (per espressa previsione degli artt. 1367 – 1370, le regole contenute in tali norme operano solo se, applicati i criteri degli artt. 1362 – 1366, le clausole rimangono ambigue, dubbiose, oscure). In via ulteriormente sussidiaria e del tutto residuale si può ricorrere alle regole finali fissate dall’art. 1371 c.c..

Nel caso in esame il senso letterale delle parole è sufficientemente chiaro; e la lettura complessiva dell’atto lo chiarisce ulteriormente, escludendo ogni possibile dubbio interpretativo.

Appare pertanto corretta l’interpretazione fornita dalla Corte di merito la quale ha rilevato come dalla lettura del predetto art. 4 del CCNL – alla stregua del quale “il subentrante e le Organizzazioni Sindacali territoriali e aziendali si incontreranno in tempo utile per avviare la procedura relativa al passaggio diretto ed immediato del personale dell’impresa cessante” – emergesse che tale disposizione si limitava a strutturare le procedure intese a realizzare l’assorbimento del personale proveniente dall’impresa cessata, mediante la previsione di incontri fra imprese ed organizzazioni sindacali, ed alla individuazione dei dipendenti da inserire nella nuova compagine lavorativa, ma non assumeva i contenuti e la connotazione del contratto a favore del terzo suscettibile di esecuzione specifica ai sensi dell’art. 2932 c.c..

A fronte di tali conclusioni, fondate su una corretta e plausibile lettura della disposizione collettiva e quindi su argomentazioni adeguatamente motivate e corrette sotto il profilo logico – giuridico, come tali non suscettibili di essere censurate in questa sede di legittimità, il ricorrente patrocina in questa sede una interpretazione delle norme contrattuali che, per quanto detto, non può inficiare la diversa opzione ermeneutica seguita dal giudice d’appello.

E pertanto i rilievi sul punto non appaiono fondati.

Del pari infondato è il rilievo relativo all’applicabilità dell’art. 2932 c.c. che prevede l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto, sotto il profilo che la disposizione di cui all’art. 4 del CCNL di settore consentiva di ritenere individuati, e comunque sufficientemente delineati, tutti gli elementi essenziali del contratto da stipulare.

La Corte territoriale si è puntualmente uniformata al principio di diritto secondo cui la disposizione di cui all’art. 2932 c.c., diretta a dare esecuzione in forma specifica all’obbligo di contrarre, è applicabile solo ove la fonte dell’obbligo consenta di determinare completamente tutti gli elementi del contratto, anche nei dettagli, in modo che sia possibile iniziarne l’esecuzione senza che le parti debbano esprimere ulteriori dichiarazioni dirette a precisarne l’oggetto o il contenuto; ed ha ritenuto pertanto che la mancanza di tali elementi di specificità ed analiticità non consentiva di definire il contenuto del rapporto di lavoro del quale veniva chiesta la costituzione ope iudicis. Sicchè mancando tale specificazione, nel caso in cui l’obbligo dì parte datoriale rimanga inadempiuto, il lavoratore non può esperire il rimedio dell’esecuzione in forma specifica ai sensi dell’art. 2932 c.c., ma ha (soltanto) diritto all’integrale risarcimento dei danni, ossia al ristoro delle utilità perdute per tutto il periodo del protrarsi di detto inadempimento.

Trattasi, osserva il Collegio, anche in tal caso di un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, incensurabile quindi in Cassazione ove sia sorretto da una motivazione sufficiente ed esente da vizi logici o da errori giuridici e sia il risultato di una interpretazione condotta nel rispetto delle regole di ermeneutica contrattuale dettate dall’art. 1362 c.c. e segg..

E nel caso di specie la Corte di merito ha evidenziato che del tutto carente appariva la specificazione degli elementi essenziali del rapporto, quali la retribuzione, le mansioni, la qualifica da attribuire al dipendente, di talchè non appariva esperibile il rimedio di cui all’art. 2932 c.c..

Il rilievo è corretto ove si osservi che il riconoscimento, previsto dall’art. 4 del CCNL di settore, del trattamento economico contrattuale già corrisposto dall’impresa cessante, avrebbe consentito tutt’al più di stabilire la categoria e la qualifica, ma non di individuare le concrete mansioni e le specifiche modalità di svolgimento della prestazione (in tal senso, v. Cass. sez. lav., 26.8.2003 n. 12516); e pertanto la suddetta norma della contrattazione collettiva non può ritenersi idonea a cristallizzare quell’assetto di interessi che avrebbe dovuto essere quindi trasfuso nel contratto individuale.

In ordine al terzo motivo di gravame, va innanzi tutto evidenziata la assoluta genericità dell’assunto di parte ricorrente in ordine alla violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., ove si osservi che il lavoratore non ha in alcun modo precisato in quali comportamenti di controparte si sarebbe concretata la dedotta violazione dei doveri di correttezza e buona fede, se non rilevando, in maniera altrettanto generica, che nell’esecuzione del contratto il Consorzio Geo Eco non aveva tenuto il comportamento richiesto, non preservando gli interessi del ricorrente e non cooperando alla realizzazione dell’interesse dello stesso.

Giova in proposito rilevare che, per costante orientamento giurisprudenziale, il ricorso per cassazione deve, a pena di inammissibilità, essere articolato su motivi dotati dei caratteri della specificità e della completezza, diversamente non ponendosi la Corte regolatrice in condizione di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della violazione lamentata (in tal senso: Cass. sez. lav., 24.6.2008 n. 17152; Cass. sez. 1^, 19.10.2006 n. 22499).

Ed alla medesima conclusione deve pervenirsi per quel che riguarda la dedotta violazione del principio di eguaglianza e di diritto al lavoro sotto il profilo che, su un organico di 64 dipendenti, solo l’odierno ricorrente era stato escluso dalla procedura del passaggio diretto alla nuova azienda appaltatrice. Orbene, si evince invero dal contesto del ricorso che la previsione del passaggio di tali unità risulterebbe da un accordo sindacale in data 11.2.2000 (il quale peraltro, per come emerge dalla sentenza impugnata, parrebbe limitare il passaggio di cantiere a quelle unità della ditta Zafedil che avevano usufruito del precedente passaggio di cantiere dalla Siap s.r.l. alla ditta Zafedil, e fra i quali non rientrerebbe il L.), accordo non allegato dall’odierno ricorrente di talchè il ricorso si appalesa carente sotto il profilo del mancato rispetto del principio dell’autosufficienza, fondato sull’esigenza, particolare nel giudizio di legittimità, di consentire al giudice dello stesso di valutare l’esistenza del vizio denunciato senza dover procedere ad un (non dovuto) esame dei fascicoli, d’ufficio o di parte.

Ne consegue che neanche sotto questo profilo il ricorso può trovare accoglimento.

Il proposto gravame va pertanto rigettato ed a tale pronuncia segue la condanna del ricorrente al pagamento, nei confronti del Consorzio, delle spese di giudizio che si liquidano come da dispositivo. Nessuna statuizione va adottata nei confronti dello Z., quale titolare della ditta Zafedil, non avendo lo stesso svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione, nei confronti del Consorzio Intercomunale Geo Eco, delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 12,00 oltre Euro 2.000,00 (duemila/00) per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge; nulla per le spese nei confronti di Z.A., nella qualità di titolare della ditta Zafedil.

Così deciso in Roma, il 30 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2010

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