Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18276 del 16/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 16/09/2016, (ud. 13/07/2016, dep. 16/09/2016), n.18276

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25543-2014 proposto da:

N.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTEZEBIO 28,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE BERNARDI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato STEFANO ANTONACCI giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

VEPLASTIC SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3212/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO del

3/07/2013, depositata il 14/08/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/07/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

1. “Il Tribunale di Busto Arsizio, sezione distaccata di Gallarate, accoglieva la domanda di indebito arricchimento (così qualificata dal primo giudice) avanzata da N.P. e condannava la convenuta VEPLASTIC Srl a rimborsare la somma di Euro 23940,24, ritenendo che fosse stata illegittimamente riscossa portando all’incasso tre assegni, emessi dall’attrice a favore della convenuta (a detta dell’attrice, a garanzia di forniture eseguite dalla VEPLASTIC in favore di tale società “Verona Garden”, con l’intermediazione della N.).

Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di Milano ha accolto l’appello proposto dalla VEPLASTIC Srl, riformando interamente la sentenza di primo grado e conseguentemente rigettando la domanda di N.P., con condanna dell’appellata al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio. La Corte ha ritenuto che gli assegni rilasciati dalla N. integrassero promessa di pagamento ai sensi dell’art. 1988 c.c., in forza della quale sarebbe spettato all’emittente dare la prova dell’inesistenza del rapporto sottostante; valutato perciò il materiale istruttorio, ha concluso nel senso che questa prova non fosse stata fornita (in particolare, che non fosse stato dimostrato che la fornitura a garanzia del cui pagamento sarebbero stati rilasciati gli assegni fosse quella regolarmente pagata dalla Verona Garden, come sostenuto dalla N.); per contro, ha reputato che vi fossero in atti elementi probatori di segno opposto (in quanto gli assegni sarebbero stati riferiti ad una fornitura diversa, che la VEPLASTIC avrebbe fatto in favore di tale J.C., sempre per il tramite della N., e che non sarebbe stata pagata; perciò la VEPLASTIC avrebbe riscosso gli assegni dati a garanzia dall’intermediaria).

Il ricorso per Cassazione è svolto con quattro motivi. L’intimata non si difende.

2. Con il primo motivo, si denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, “violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 345 c.p.c., comma 1, in relazione al divieto di proposizione di domande nuove in appello ed in particolare per la modificazione della causa petendi. Conseguente inammissibilità dell’appello. La ricorrente premette che vi è violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 1 quando è modificata la causa petendi nel proporre il gravame e questo sia fondato su presupposti di fatto e situazioni giuridiche differenti da quelle prospettate in primo grado, che comportino “il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato”.

Sostiene che, nella specie, si sarebbe verificata una siffatta situazione processuale, atteso che, avendo l’attrice fondato la propria domanda sull’art. 2033 c.c., il primo giudice l’aveva accolta perchè la controparte, su cui sarebbe gravato il relativo onere probatorio. non aveva dimostrato che i rapporti contrattuali con la J.C. si fossero perfezionati contestualmente od in data antecedente alla consegna degli assegni e che comunque questi fossero stati rilasciati proprio a garanzia del pagamento della merce consegnata a detta ultima società. L’atto di appello era stato basato sull’errata qualificazione giuridica della domanda dell’attrice come di indebito oggettivo e sulla sussistenza invece di una promessa di pagamento ai sensi dell’art. 1988 c.c.. La Corte d’appello, accogliendo questa “eccezione” (malgrado l’appellata ne avesse denunciato la novità e quindi l’inammissibilità ex art. 345 c.p.p., perchè mai sollevata per tutto il primo grado di giudizio), avrebbe finito per invertire erroneamente l’onere della prova. Ne sarebbe risultato pregiudicato il diritto di difesa dell’appellata, che sarebbe stata gravata dell’onere di provare l’inesistenza del rapporto debitorio; prova, dalla quale invece sarebbe stata esonerata, a suo dire, agendo ex art. 2033 c.c..

2.1 Il motivo non merita di essere accolto.

La Corte d’appello ha respinto l’eccezione formulata con riferimento all’art. 345 c.p.c., osservando che già nel costituirsi in primo grado la società, allora convenuta, poi appellante, aveva segnalato l’insussistenza dell’indebito oggettivo per non avere l’attrice dato la prova dell’inesistenza dell’obbligazione sottostante la promessa di pagamento di cui all’art. 1988 c.c.. Oltre a questo rilievo in punto di fatto (che di per sè solo esclude il carattere di novità della difesa dell’appellante), la Corte ha rilevato come, comunque, si tratterebbe di una diversa qualificazione giuridica dell’azione proposta in primo grado, che perciò può essere formulata anche in appello.

La prima ratio decidendi, basata sull’interpretazione della comparsa di risposta in primo grado, non è censurata dalla ricorrente, sicchè, per questo aspetto, si profila una causa di inammissibilità del motivo.

Esso è comunque infondato in diritto.

Va considerato che la società appellante è stata convenuta e che, quindi, non sarebbe stato certo in suo potere modificare i fatti costitutivi posti a fondamento della pretesa di controparte. D’altronde, la domanda introduttiva, che la stessa parte attrice ed il primo giudice avevano qualificato in termini di indebito oggettivo, non ha visto cambiare la relativa qualificazione; soltanto, che vi si è sovrapposta – più che sostituita – l’eccezione dell’accipiens di avere riscosso le somme a seguito di promessa di pagamento (questione, peraltro, implicita già nelle deduzioni dell’attrice, essendo indiscusso che vi fosse stato il rilascio di assegni).

Dato ciò, come correttamente rilevato dal giudice d’appello, non risultano affatto mutati i fatti posti a base della domanda, ma si è ritenuto di prendere in considerazione una diversa (ed ulteriore) qualificazione giuridica di questi ultimi.

Nè può sostenersi che si sia venuta perciò a determinare una lesione del diritto di difesa dell’attrice.

Ed invero, in caso di domanda di ripetizione di indebito oggettivo, l’onere della prova grava sul creditore istante, il quale è tenuto a provare i fatti costitutivi della sua pretesa, perciò, sia l’avvenuto pagamento sia la mancanza di una causa che lo giustifichi (ovvero il venir meno di questa), prova che può essere fornita dimostrando l’esistenza di un fatto negativo contrario, o anche mediante presunzioni (Cass. n. 17146/2003, n. 5896/2006, n. 2903/07, n. 7501/12 ed altre).

Del tutto analogo è il regime probatorio in caso di promessa di pagamento contenuta in un assegno bancario privo di data, che fa presumere l’esistenza di un rapporto sottostante, la cui prova negativa incombe su chi intenda resistere alla pretesa di colui a cui favore l’assegno è rilasciato (Cass. civ. n. 4804/06 ed altre), ovvero, come nella specie, di colui il quale intenda agire per la restituzione di quanto riscosso in forza dell’assegno, che si assume perciò indebitamente portato all’incasso (sì da dare luogo, appunto, ad un’azione di restituzione di pagamento indebito).

Il primo motivo va perciò rigettato.

3. Con il secondo motivo si denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 “omessa e comunque contraddittoria motivazione riguardante un fatto decisivo del giudizio consistente nella “vita dimostrazione della inesistenza del debito che la Corte di Appello ha ritenuto riconosciuto dalla odierna ricorrente mediante la consegna degli assegni in questione”.

3.1 Con il terzo motivo si denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 “violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 2033 c.c., in relazione all’effettivo arricchimento indebito acquisito dalla resistente mediante l’incasso dei titoli in questione”.

3.2 Con il quarto motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, “omessa e comunque contraddittoria motivazione riguardante fatti decisivi del giudizio consistenti nella dimostrata esistenza del rapporto di garanzia tra le parti che si era estinto con il pagamento della Verona Garden”.

4.- Trattandosi di motivi connessi, se ne ritiene opportuno l’esame congiunto.

Il secondo ed il quarto sono inammissibili. Poichè la sentenza impugnata è stata pubblicata il 14 agosto 2013, è impugnabile per vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 nel testo sostituito dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b) convertito nella L. n. 134 del 2012, cioè “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Le censure di cui sopra, risolvendosi sostanzialmente nella denuncia di insufficienza e/o di contraddittorietà della motivazione, risultano attinenti esclusivamente alla valutazione della prova e pertanto non rientrano nella previsione della norma di legge appena riportata.

4.1 Quanto al terzo motivo, si rileva che, in sostanza, le parti concordano sul fatto che la funzione attribuita ai tre assegni emessi dalla N. in favore della VEPLASTIC Srl fosse quella di garantire un rapporto obbligatorio di pagamento da parte di terzi verso la società, per la quale la N. agiva come procacciatrice di affari. Il contrasto consiste esclusivamente nell’individuazione del terzo, e quindi del rapporto di fornitura, per cui i titoli sono stati emessi: sostenendo la N. che si trattasse della Verona Garden (società che aveva pagato la sua fornitura) e la VEPLASTIC che si trattasse della Labuti Componds (società rimasta invece inadempiente). Una volta che la Corte d’Appello – con accertamento in fatto oramai insindacabile per quanto sopra – ha reputato la mancanza di prova dell’assunto dell’originaria attrice ed, anzi, la presenza di clementi probatori a favore dell’assunto dell’originaria convenuta, si deve concludere che sia mancata la prova del carattere indebito del pagamento (tramite l’incasso degli assegni). Poichè questa prova, come detto sopra, incombe su colui che agisce per la restituzione, l’accoglimento del gravame ed il rigetto dell’originaria domanda della N. non violano l’art. 2033 c.c..

In conclusione, si propone che il ricorso sia rigettato.”.

La relazione è stata notificata come per legge. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto della relazione.

L’esame degli argomenti esposti nella memoria – riferiti al secondo e del quarto motivo – non offre elementi per modificare la proposta di inammissibilità di questi mezzi.

Premesso che la parte ricorrente non ha correttamente richiamato il testo attuale dell’art. 360 c.p.c., n. 5, e che già siffatta sola circostanza rende inammissibili i motivi, la loro illustrazione non consente affatto di rinvenire la denuncia da pane della ricorrente dell'”omesso esame di un circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. Come precisato dalle Sezioni Unite la norma va intesa nel senso che “L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fiato decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie”(Cass. S.U. n. 8053/14).

I “fatti” che, secondo quanto esposto nella memoria, non sarebbero stati esaminati dalla Corte d’Appello di Milano, altro non sono che risultanze istruttorie, sulle quali non è ammissibile alcuna ulteriore delibazione in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 come sopra interpretato.

In conclusione, il ricorso va rigettato.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione poichè l’intimata non si è difesa. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis..

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione sesta civile – 3 della Corte suprema di cassazione, il 13 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2016

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